Il Lecce ha una rosa che dal sito specialistico TransferMarkt è valutata 30 milioni di euro. Quella del Vicenza solo 10. Il rapporto è 3 a 1. La squadra pugliese può contare su dodici stranieri, quella biancorossa su tre. Di questi, uno (Scoppa) è una riserva ripescata ultimamente solo per far fronte alle assenze di contagiati e infortunati; un altro (Vandeputte) ha giocato pochissimo e si è saputo da poco che è affetto da pubalgia; il terzo (Jallow), che è fra l’altro il giocatore vicentino con il valore più alto di mercato (1 milione di euro), ha un minutaggio di soli 293’ e ha segnato appena un gol. Il Lecce ha molti giocatori che, l’anno scorso, erano in Serie A. Quattro fra quelli acquistati nel calciomercato estivo: Adjapong (Sassuolo), Dermaku (Parma), Henderson e St?pi?ski (Verona); dieci fra quelli già in forza: Calderoni, Falco, Gabriel, Lucioni, Majer, Mancosu, Meccariello, Rossettini, Tachtsid?s e Vigorito. Nessun biancorosso ha giocato in A nello scorso campionato. Stefano Pettinari, attaccante centrale del Lecce, ha segnato 17 gol in B con la maglia del Trapani nel campionato 2019-2020. Riccardo Meggiorini (nel Chievo) ne ha firmati 8, Lamin Jallow (con la Salernitana) 6, Samuele Longo (Venezia) 4. Basta così?
Non si può sperare di battere un avversario di questo rango solo con la grinta e la volontà. Si può metterlo in difficoltà, si può approfittare di qualche suo punto debole o di un momento non al top, ma non è giusto illudersi e illudere sbandierando propositi di vittoria addirittura sul suo campo. Queste squadre attrezzate e strutturate è difficilissimo batterle. La gerarchia dei valori è una realtà con cui bisogna fare i conti: chi ha una rosa completa e superiore per quantità e qualità, in qualche modo le partite riesce a vincerle.
Vedi a Lecce. Per un’ora c’è stata una sola squadra in campo: il Vicenza. A metà ripresa i pugliesi hanno ribaltato il risultato in soli tre minuti grazie a due gol che, seppur in modo diverso, sono stati altrettanti pezzi di bravura. Quello di Mancosu per il valore tecnico della giocata, quello del diciannovenne Pablo per tempismo e rapidità di esecuzione. Subita la remuntada il Vicenza si è ammosciato e non è riuscito a centrare il pareggio.
Contro queste big succede. Le dai per morte, le credi alle corde e poi, quando meno te l’aspetti, rovesciano il banco con la loro qualità, con i loro giocatori di livello superiore. È onestamente difficile per un avversario più modesto trovare le contromisure. Puoi correre di più, ringhiare, chiuderti nella tua metà campo, ma loro trovano sempre (o quasi) la chiave per vincere. Al Vicenza era già successo con la SPAL e con il Cittadella, due sconfitte. Invece era andata meglio con Salernitana, Monza e Empoli (tre pareggi), contro cui invece erano stati i biancorossi a recuperare. Ma il risultato non cambia il discorso.
Il rammarico è quasi sempre lo stesso: siamo stati bravi per un tempo, non siamo riusciti a chiudere la partita, abbiamo avuto sfortuna. Quando però l’andazzo si ripete, bisogna rendersi conto che è sbagliato recriminare a posteriori e sarebbe molto più utile, piuttosto, pensare prima alle misure tecniche e tattiche per evitare di perdere partite che sembrerebbero alla portata. Anche perché, di squadre superiori ai biancorossi, ce ne sono al momento almeno una decina, considerando quanto meno quelle che sono in zona play off, e la squadra di Di Carlo non può permettersi di perdere troppi punti nei confronti con esse.
Il Vicenza è invece competitivo con le squadre di bassa classifica. Almeno è questo che ha detto finora il campionato. Le tre vittorie biancorosse sono arrivate infatti contro Cremonese, Pescara e Ascoli, che stazionano più in basso in classifica. Però contro Cosenza, Reggina e Pisa è riuscito solo a pareggiare in tre partite giocate per di più al Menti, per quanto poco possa valere oggi il fattore campo. Vero che non ha mai perso contro dirette avversarie per la salvezza.
Oltre a una certa pericolosa sopravvalutazione delle proprie possibilità e dei propri mezzi, il Vicenza deve fare i conti con una rosa che, ormai è evidente, in parte non è di altissimo livello e, in parte, è troppo esigua per affrontare il campionato di Serie B. Almeno in alcuni reparti, difesa e centrocampo, servirebbero più qualità e più giocatori. Per salvarsi, intendo, non per puntare alla parte sinistra della classifica, come qualcuno s’illudeva all’inizio della stagione.
È davvero ammirevole Mimmo Di Carlo quando cerca di infondere la sua grinta di vecchio mediano nei suoi uomini, riuscendovi in realtà perché non si può proprio contestare nulla sotto questo profilo alla squadra. Ma senza invece ovviare, solo con quest’arma, al gap qualitativo che si vede obbiettivamente in campo anche contro squadre di rango pari o inferiore ma che dispongono di un centrocampo più strutturato e di attaccanti più concreti.
Ultimamente, poi, si è avvertita anche una certa stanchezza in molti giocatori. Delmonte non è più lo stesso di un mese fa: sarà che ormai gli allenatori avversari lo hanno preso di mira e sanno disinnescarlo, ma si vede che non ha più la medesima continuità e la stessa lucidità. I centrali di centrocampo, poi, sono il problema più spinoso: sono in tutto quattro quelli a disposizione (Rigoni, Cinelli, De Riva e Scoppa) e Di Carlo è costretto al costante turn over per farli rifiatare. Ma finora quasi mai il reparto si è imposto su quello avversario nelle due fasi. La riprova è che ai centrocampisti vicentini riesce meglio (finchè reggono) far giocar male i pari ruolo dell’alta squadra, come contro il Cittadella e il Monza. Anche il punto di forza del Vicenza, gli esterni, in questa fase rende meno che in avvio. Gli infortuni hanno sguarnito i ruoli e i rimpiazzi non sono stati efficaci come i titolari.