Liberalismo: l’organizzazione della vita politica e della libertà soggettive nello Stato

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Libertà
Libertà

È curioso notare come ai nostri giorni il termine libertà sia usato nell’ambito politico con una serie infinita di sfaccettature e da partiti di estrazione sensibilmente diversa, sia di destra sia di sinistra.

Tuttavia, storicamente il concetto di libertà viene già ampiamente trattato nella filosofia greca per quanto riguarda il rapporto tra il singolo soggetto e lo Stato in riferimento alla condizione di schiavitù che lo opprime, ma è con l’età moderna che il termine assume tutte le varianti che ne fanno un concetto cardine della storia della filosofia politica, nonché della prassi rivoluzionaria.

A partire dal ‘600 il termine libertà diventa un oggetto specifico della filosofia politica e comincia ad essere declinato in così tante sfumature, adottate tutt’oggi nel lessico politico da rendere necessaria una chiarificazione. La lingua italiana, ad esempio, dispone di espressioni simili, tra cui liberalismo, liberismo, libertinismo, libertarismo, libertarianismo, o anche movimento di liberazione, che hanno in comune soltanto la radice, ma esprimono teorie politiche, morali, nonché istanze filosofiche e spirituali, completamente diverse.

Con il termine Liberalismo si indica l’atteggiamento intellettuale e morale di chi sostiene le libertà del cittadino all’interno dello Stato, anzi, in maniera più specifica, è la posizione di chi sostiene che lo Stato debba garantire al singolo la piena fruizione dei diritti naturali, tra cui il diritto alla vita, alla libertà di stampa, di associazione, di parola e il diritto alla proprietà. Storicamente il fondatore di questa dottrina politica è considerato il filosofo inglese John Locke, il quale diede un notevole contributo alla realizzazione della moderna monarchia parlamentare inglese, la prima in Europa ad assommare in sé anche le garanzie costituzionali, pur non avendo materialmente una Costituzione.

Locke espone le sue dottrine liberali principalmente nei Due trattati sul governo del 1690 e nella Lettera sulla tolleranza[1] del 1689, in cui svolge un’argomentazione mirata a sostenere la libertà religiosa all’interno dello Stato. Poiché lo Stato si occupa solo dei diritti naturali dell’uomo, tra cui la libertà, la vita, la proprietà, è evidente che tra questi non rientra la salvezza dell’anima, quindi la religione non può far parte delle competenze dello Stato. Inoltre, caratteristico di Locke è il presupposto in base al quale, qualora l’organo governativo dovesse violare le ragioni per cui il patto tra i cittadini è stato costituito, la popolazione ha il diritto di insorgere, giacché il vero ribelle è colui che ha permesso che la società ripiombasse nello stato di natura caratterizzato dalla guerra.

Un altro punto fondamentale del liberalismo è la separazione dei poteri teorizzata da Montesquieu ne Lo Spirito delle leggi[2] del 1748. Presupposto necessario per il funzionamento delle moderne democrazie costituzionali è l’indipendenza tra potere legislativo, esercitato da un Parlamento all’interno di una dialettica libera e pluralista, potere esecutivo, detenuto da un governo, espressione di una maggioranza rappresentativa, e potere giudiziario, esercitato da una magistratura indipendente. La separazione dei poteri e le garanzie di libertà personali e di associazione restano attualmente le caratteristiche principali di una democrazia pluralista, ragion per cui molto spesso si tende a identificare il regime liberale con quello democratico, associazione teoricamente non corretta, giacché non tutti i regimi liberali sono stati democratici nella storia occidentale, come anche non si può affermare che tutte le democrazie siano liberali.

In Italia, a partire dall’entrata in vigore della Costituzione, la separazione dei poteri è pienamente garantita, come anche le libertà fondamentali di espressione, associazione e stampa, tuttavia il dibattito attuale verte, ad esempio, sull’indipendenza della magistratura da pressioni politiche oppure sul ruolo del Parlamento, che viene sistematicamente esautorato nelle sue funzioni a causa del ricorso alla decretazione d’urgenza per ridurre i tempi del dibattito all’interno delle Camere.

[1] Cfr. J. Locke, Lettera sulla tolleranza, Laterza, Roma-Bari 2005.

[2] Cfr. C. L. de Montesquieu, Lo spirito delle leggi, UTET, Torino 2005.

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a cura di Michele Lucivero

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