Covid, con l’arrivo del vaccino parte una nuova sfida: il fabbisogno di ultra-frigoriferi. Le aziende italiane ci sono…

Le aziende italiane in questo settore sono poche ma, spiega IlSole24Ore, sono tutte pronte ad aumentare la produzione e "far sì che il Paese non rimanga sprovvisto"

290
ultra frigoriferi prodotti in Italia per conservare il vaccino anti-Covid
ultra frigoriferi prodotti in Italia per conservare il vaccino anti-Covid

Il vaccino anti-Covid è arrivato, è iniziata la distribuzione e la vaccinazione. Al di là delle polemiche sui ritardi di quest’ultima, un tema importante da un punto di vista industriale è la produzione delle tecnologie adatte per affrontare questa pandemia. Sia che si tratti di semplici mascherine, che di macchine per processare tamponi, di ventilatori per le terapie intensive, nonché degli stessi vaccini, dietro ci sono aziende che devono fare ricerca lavorarci e produrre. Nel caso del vaccino, per la sua conservazione servono degli ultra-frigoriferi che riescano a mantenere una temperatura stabile di circa -70, -80 gradi.

Come riporta IlSole24Ore, si tratta di competenze che non tutti hanno. In Italia infatti non sono molte le aziende che producono questi macchinari. C’è la Frigolab di Trezzano sul Naviglio, la Angelantoni di Perugia, che può raddoppiare la produzione producendo 600 ultra-frigoriferi in un anno, la Desmon in Campania, che ha siglato un accordo con la Tecnam per aumentare la produzione e creare un superbox che contenga fino a 160 mila dosi di vaccino, Nocivelli Epta di Brescia, che al momento non li produce, ma potrebbe convertire produzione. Il suo presidente, Marco Nocivelli, è anche ex presidente di Anima, l’associazione di categoria di Confindustria, e, intervistato da Vera Viola sul Sole24Ore, spiega: “parliamo di un comparto composto da poche aziende e con elevate competenze. Che si stanno attrezzando per far sì che il Paese non si ritrovi sprovvisto come è accaduto nella primavera scorsa per i dispositivi medici e i ventilatori”.

Le aziende italiane quindi sono pronte e attendono dal governo i numeri del fabbisogno e la creazione di hub per facilitare la distribuzione, ma ci sono anche i concorrenti internazionali, presenti in Italia, parliamo di colossi multinazionali. Solo per citarne alcuni, i giapponesi della Panasonic e i cinesi di Haier. «Ma attenzione – spiega l’imprenditore Angelantoni sempre sul Sole – ci vuole organizzazione per non rischiare di penalizzare le aziende italiane. Seconde a nessuno per tecnologia e più efficienti per il servizio».

A mettere al riparo dalla solita rincorsa ai malfunzionamenti della macchina italiana, anche quando non ci sono, è la toscana Kw nata nel 1953, che compete a livello mondiale con una ampia gamma di prodotti con temperature operative da -125°C a +300°C e il cui presidente Stefano Fabiani dichiara a Il Sole 24 Ore che «le Regioni cominciano a muoversi. Ormai per quanto riguarda la nostra azienda siamo saturi di ordini con una capacità produttiva di 80 congelatori al mese. Ma non vedo rischi, di congelatori negli ospedali ce ne sono e laddove mancano ci sarà la possibilità e il tempo per dotarsene».

Una lamentela da parte di alcuni produttori c’è e la segnaliamo con il quotidiano economico confindustriale ma contando che rimanga solo a questo livello di alert: il non aver ricevuto, né dal commissariato anti covid né da altre istituzioni, in primis le regioni competenti in termini di sanità pubblica, indicazioni su fabbisogno, organizzazione e programmi.

Ma la Angelantoni sembra ricondurla a un puro attenzionamento perché «solo a dicembre ci sono stati commissionati 127 congelatori – precisa il presidente Gianluigi Angelantoni,- per il 90% richiesti dall’ Italia. Non possiamo assumere altri impegni con consegna prima di febbraio… ma stiamo potenziando la produzione per più che raddoppiare e sfornarne almeno 60 al mese».

Quali i committenti? «Per lo più ospedali, Asl e in alcuni casi la Regione. Due gare sono in corso, bandite da Regioni per vari centri ospedalieri. Il commissario Arcuri dice che Pfizer invierà le dosi di vaccino fino alla destinazione finale – conclude l’imprenditore perugino – Ma, a nostro avviso ci vorrà un hub capace di fare da polmone specie quando aumenteranno le quantità in distribuzione. Dotarsi di magazzini refrigerati a meno 80 gradi è necessario».