Il cortocircuito politico della comunicazione, Agorà. La filosofia in piazza: ma i social media sono dotati di un comitato etico?

362
Account Twitter Trump sospeso
Account Twitter Trump sospeso

Una premessa è d’obbligo: non siamo complottisti né tanto meno ci riconosciamo in quanto sostenitori di Trump, in quel coacervo di personaggi al limite del tragicomico, al pari del vichingo cornuto che si è dichiarato di origine italiana (ma poi perché rivendicare origini italiane?) e del povero sostenitore morto d’infarto per essersi sparato un taser tra i testicoli. Eppure c’è un fatto di cronaca che in questi giorni ci sembra degno di nota: stiamo parlando della chiusura del profilo Twitter ufficiale del presidente Trump, seguita dalla limitazione temporanea, così dice il filosofo, del profilo Facebook di Diego Fusaro.

Lasciamo un attimo da parte la questione del profilo privato di Fusaro, il quale, proprio per il fatto di dichiararsi populista, non perde l’occasione per suscitare sentimenti di pancia nella popolazione, pur di farsi pubblicità, tuttavia noi riteniamo che nella questione di Trump si profili una inedita situazione di commistione tra interessi pubblici e privati nella gestione del potere e della politica all’interno di quella che definiamo la nostra democrazia liberale.

Il punto è che subito dopo il fattaccio di Capitol Hill, quando un manipolo di manigoldi sono penetrati indisturbati nel Palazzo della Politica, i cronisti, ma anche lo stesso Joe Biden, sono ripetutamente intervenuti per richiedere che Trump intervenisse personalmente a sedare la manifestazione carnascialesca dei suoi sostenitori e, chiaramente, si pretendeva che lo facesse attraverso l’unico modo al quale affidiamo la nostra comunicazione e la diffusione dei nostri pensieri, cioè tramite i profili dei social network: Facebook, Instagram, Twitter, ecc.

E Donald Trump, in effetti, interviene e lo fa attraverso quello che è un profilo ufficiale, diremmo istituzionale, come quelli che anche in Italia molte istituzioni, tra cui scuole, Ministeri e personaggi politici che rivestono incarichi istituzionali, tra cui il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, si sono creati, accettando un contratto con i gestori privati di queste piattaforme, che, in fondo, permettono di comunicare in maniera globale e plateale.

Prima di arrivare a invocare la questione della libertà di parola, rivendicata da Fusaro, qui un punto deve essere analizzato in via preliminare, vale a dire la circostanza che vede soggetti istituzionali e pubblici affidare a soggetti privati una comunicazione che, sebbene non sostituisca le modalità ufficiali, quali possono essere i comunicati stampa, le Ordinanze, i Decreti, purtuttavia per motivi di semplificazione e per la capacità di raggiungere più persone più velocemente e più semplicemente possibile, essa subentra quasi completamente a quella ufficiale.

E qui viene il punto delicato della vicenda e cioè che ad un certo punto si scopre che i gestori privati – ci teniamo a sottolinearlo – dei social network si sono dotati improvvisamente di un apparato di vigilanza, diremmo quasi un comitato etico, il quale vaglierebbe tutti i messaggi, soprattutto quelli che provengono da fonti ufficiali e che hanno un seguito notevole, per verificarne il contenuto ed, eventualmente, rimuovere, limitare, bannarne il profilo.

Potremmo analizzare concretamente la fattispecie che ha condotto Twitter, dopo Facebook, a chiudere definitivamente il profilo di Trump con l’accusa di “incitamento alla violenza”, in seguito al messaggio che il Tycoon aveva indirizzato ai suoi followers indisciplinati, nel quale egli proseguiva le farneticazioni sulle elezioni rubate, ma diceva, al tempo stesso, ai manigoldi mascherati di tornare a casa in pace. Potremmo anche prendere in considerazione il fatto che dopo la chiusura del profilo di Trump il titolo di Twitter, quotato in borsa come tutti i grandi soggetti privati, abbia avuto un calo considerevole.

Invece, ciò che ci interessa maggiormente, in realtà, è l’aspetto politico della questione: ovviamente la chiusura del profilo viene interpretata da Trump come una indebita ingerenza liberal nella sua politica repubblicana, ma al di là del colore, in effetti la presenza di un comitato etico, cioè di un organo nelle mani di un soggetto privato che pretenda di valutare le parole di un leader o di un soggetto istituzionale, al quale questi affida la sua comunicazione ufficiale è un fatto che non ha precedenti. La sola decisione di sospendere il profilo di un soggetto pubblico istituzionale, quale può essere un singolare Presidente uscente degli Stati Uniti, è essa stessa una decisione assolutamente politica, manifestando un palese cortocircuito tra pubblico e privato, tra politica e comunicazione, mostrando, qualora ce ne fosse ancora bisogno, il potere che abbiamo spontaneamente affidato a quei soggetti, che oggi si ergono a imprenditori morali, attraverso la comunicazione.

Per di più, ciò che più lascia interdetti in questi tempi, in cui la commistione tra informazione e comunicazione genera un eccesso di notizie false, vere, verosimili, ingigantite, tutte confusamente mescolate, è che a farsi carico e ad arginare le accuse di razzismo, fascismo, omofobia, incitazione alla violenza, anche degli stessi personaggi politici, non siano i controllori pubblici e istituzionali, ma i soggetti privati, che lo fanno attraverso il controllo della comunicazione. Insomma, alla domanda che anche Platone nella Repubblica poneva: «Quis custodiet custodes?» (chi custodirà i custodi?), potremmo da adesso in poi rispondere: Twitter, Facebook, Instagram….

di Michele Lucivero e Marco Ronconi


Qui troverai tutti i contributi a Agorà, la Filosofia in Piazza

a cura di Michele Lucivero

Qui la pagina Facebook Agorà. Filosofia in piazza e Oikonomia. Dall’etica alla città