10 giugno, la morte di Giacomo Matteotti simbolo del coraggio per il bene comune

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Matteotti
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La morte di Giacomo Matteottiscrive Gianluca Capristo, Pres. Ass. Matteotti Montecchio Maggiore – la sua vita, il suo modo di agire, devono essere d’esempio alle generazioni future. E’ necessario ricordare come ci sia stato un tempo in cui in Italia esprimere il proprio dissenso politico, non essere d’accordo con il podestà o il primo ministro significava morire.

Allora alcuni italiani, eccitati in massa da promesse di grandezza, istigati dalla paura di perdere i propri bene a causa delle idee comuniste, spronati all’odio nei confronti degli stranieri per un’esaltazione della patria in modo insensato e futile, decisero, nelle elezione del 1924, di consegnare al partito nazionale fascista il bene più caro che un uomo possa conquistare e desiderare: ”La libertà”.

G. Matteotti ebbe non solo la lungimiranza di capire quello che stava succedendo, ma anche il coraggio (da socialista convinto e convinto che il p.n.f. stava azzerando gli istituti democratici generando forte diseguaglianza tra i cittadini) di gridarlo a gran voce il 30 maggio del 1924 alla Camera dei Deputati.

Il discorso non piacque alla maggioranza, la quale invece di controbattere come in una normale democrazia, al contrario ne decretò la morte. Così, come lui stesso intuì lasciandosi sfuggire l’ormai celebre frase ” Io il mio discorso l’ho terminato, ora preparate il discorso funebre per me”, il 10 giugno del 1924 venne assassinato. La morte di Matteotti (martire della democrazia) venne letta in più sfaccettature.

Oggi ciò che ci interessa sottolineare è che anche oggi di fronte al particolare, alla difesa del proprio interesse, alle false paure l’individuo è pronto a non considerare il bene comune, affidando la propria libertà a chi sembra voglia usarla a proprio piacimento, azzerando ogni confronto.

Noi socialisti ci siamo, vigiliamo e contiamo di poterlo farlo con sempre maggior vigore e convinzione.