Navigando in internet mi imbatto sotto il logo “Alma Mater Studiorum – Università di Bologna – Scuola di Scienza politiche” in una tesi dal titolo “Venetismo: l’invenzione identitaria e i suoi usi politici nel veneto contemporaneo” del dottor Davide Mutto. La cosa mi incuriosisce parecchio, anche se, onestamente, parto prevenuto… un titolo così, a scienze politiche, a Bologna… chissà cossa ke vegnarà fora.
Sentite la conclusione del nostro (meglio del loro) Davide Mutto: “In conclusione si può certamente affermare che il Venetismo è un fenomeno complesso, variegato, una thin-centred ideology che, sebbene nata in un clima culturale di sinistra sull’onda del folk revival, è finita poi per gravitare attorno a figure e realtà politiche conservatrici, talvolta reazionarie. L’ideologia politica venetista, sospesa tra populismo regionalista e velleità nazionalistiche è però ancora debole: non solo un’adesione virtuale non corrisponde automaticamente a una presenza militante nelle piazze, ma è lecito domandarsi se, una volta privati delle generose elargizioni concesse dalle amministrazioni locali, tali gruppi potrebbero continuare a esistere o se invece non scomparirebbero trascinando con loro nell’oblio idee, pratiche e tradizioni inventate. Quello che è certo è che la costruzione dell’identità veneta-venetista è un processo in cui concorrono tanti attori sociali (politici locali, attivisti, vecchi e nuovi media, cittadini comuni, turisti) che immaginarne una battuta d’arresto o un drastico cambio di direzione risulta alquanto difficile, specie ora che tale identità si è rivelata preziosa al fine di negoziare maggiore autonomia (leggasi maggiori finanze) con lo stato centrale.”
Intanto, giusto per capirse, “thin-centred ideology” vuole dire “ideologia leggera”. Mi domando come si fa a scrivere che il venetismo vive solo grazie a “generose elargizioni concesse dalle amministrazioni locali”? Ma dove vive il neo dottore? Io in quarant’anni ho visto solo del volontariato straordinario, gente che paga di tasca sua, che sacrifica tempo e disponibilità, un volontariato autenticamente genuino che non si aspetta nulla se non una pacca sulle spalle, a differenza di certi volontariati “pelosi”.
Sono le solite fanfaluche che ogni tanto vengono fuori pensate che subito dopo lo straordinario successo della Liga Veneta alle politiche del 1983 c’era chi diceva che eravamo finanziati da misteriosi circoli bavaresi, altri che addirittura era Benetton che ci finanziava … cose invereconde.
E ancora come si fa a scrivere “tale identità si è rivelata preziosa al fine di negoziare maggiore autonomia (leggasi maggiori finanze) con lo stato centrale”. Ma dove? Ma quando? Maggiori finanze? Ma se lo stato italiano continua a tagliare di tutto e di più e stiamo assistendo a un neo centralismo scandaloso.
A parte queste incrostazioni ideologiche (chiamiamole così, in veneto ci sono altri termini…) devo dire che il dott. Davide Mutto ha fatto un notevole lavoro di ricerca e di documentazione, veramente molto interessante. Per esempio a pagina 79 e 80 si parla di “l’apparizione nella primavera del 1974 del primo numero di “Libero Veneto – vose dea liberasion del Popolo Veneto”, un ciclostilato autoprodotto di nove pagine pubblicato come supplemento di “Stampa Alternativa”, in copertina i profili di 4 uomini in trincea con i fucili puntati.
La prima pagina si apriva con un articolo a sostegno dei popoli baschi, bretoni e corsi «oppressi dall’imperialismo francese». Nella pagina seguente una «Lettera aperta ai popoli de l’Europa» auspicava l’unità proletaria contro l’imperialismo borghese europeo: «In questo senso ci impegniamo a stringere rapporti sempre più stretti con i movimenti rivoluzionari europei, forza viva dei popoli che, come noi Veneti, sono oppressi dagli Stati borghesi, braccio armato delle borghesie filo-imperialiste. Proletari e popoli oppressi di tutto il mondo, uniamoci sempre più strettamente per vincere il nemico comune: l’imperialismo! In terza pagina si potevano leggere le motivazioni alla base della neonata rivista, autodichiarata «pubblicazione comunista» che riprendeva la retorica anticoloniale declinandola nel caso dell’etnia/nazione veneta:
«Non è dunque vero che lo stato corrisponde a nazione, mentre è vero che etnia corrisponde a nazione. Perciò anche il nostro veneto è una ‘nazione proibita’ cioè una nazione colonizzata, venduta dalla borghesia veneta che ha formato con le altre borghesie della penisola uno Stato. Non a caso il primo ministro dello stato italiano è un veneto [Mariano Rumor, NDA]. A questo punto capiamo meglio la realtà della nostra Nazione: le montagne colonizzate, Venezia, le campagne venete. Una realtà formata da lavoratori che in modo anche contraddittorio cercano di resistere al colonialismo sia politico, che economico, che culturale della borghesia italiana (Almirante a Venezia non ha mai parlato).
Il Mercato Comune frustrerà ulteriormente i diritti dei popoli e quindi anche i diritti del popolo lavoratore veneto e delle minoranze che vi vivono (i cui diritti noi riconosciamo) che dovranno scegliere: o prostituzione completa al sistema, o lotta di classe contro l’imperialismo, per un veneto socialista che tenda al comunismo. In questo senso è fondamentale collegare la lotta dei contadini e dei montanari contro l’imperialismo Usa-Vaticano-Italiano-complici sovietici con le avanguardie rivoluzionarie proletarie venete. Per questo abbiamo deciso di dar vita a Libero Veneto come bollettino di controinformazione della lotta dei lavoratori veneti per la loro emancipazione dallo sfruttamento politico-economico, culturale, sociale per l’obbiettivo strategico fondamentale di riuscire a conquistare un Veneto rosso in un’Europa libera, senza classi, senza sfruttati e senza sfruttatori».
Il resto della pubblicazione proseguiva utilizzando i medesimi toni anti-imperialisti in un articolo su «Referendum per il divorzio e lotta al clerico-fascismo» e in un altro riguardante alcune agitazioni contadine nel paese di Anguillara Veneta, dovute alla vendita di un latifondo appartenente alla Chiesa padovana che avrebbe messo sulla strada «oltre 600 contadini». Viene poi riportato un articolo di Roberto Gremmo, originariamente pubblicato sul settimanale “7 Giorni Veneto”, che denunciava il mancato rispetto dei diritti linguistici della minoranza slovena in Friuli; all’intervento fu corredata una lettera di tale Flaviano Pizzi, operaio di Mogliano Veneto, che denunciava a sua volta lo «sfruttamento di tipo coloniale» riservato al popolo veneto, nonché al Friuli, al Sud Tirolo, al Piemonte, alla Sardegna, alla Val d’Aosta e al Meridione.”
Oltre a questo ci sono riferimenti a tutta una serie di esperienze alle quali avevo fatto riferimento anch’io, nel mio modesto “Questione veneta. Protagonisti, documenti e testimonianze” edito nel 2015, dal MARV all’Associazione “San Marco par forza”, dalla Società Filologica Veneta all’autonomia bellunese a tanti altri personaggi.
Ripeto, tutto molto interessante, peccato per l’impostazione eccessivamente di parte…
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