Un ricordo del 2021, la caduta di Kabul: tante parole di accoglienza disattese da uomini di tutte le religioni

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Fuga da Kabul
Fuga da Kabul

Quando lavoravo ero solita arrivare negli aeroporti con ore di anticipo, cercando di cogliere tra i passeggeri in transito i segnali di un cambiamento. Rubavo a un viaggiatore sconosciuto qualche suggerimento, qualche idea per facilitare la lettura di una comunicazione complessa, la cui semantica apparteneva a differenti contesti. Questo ha rafforzato la mia visione del mondo e mi ha permesso di uscire dal bigottismo della provincia, non senza dolori, pagando un prezzo altissimo, sia professionalmente, sia umanamente. Sempre troppo provinciale per la metropoli e troppo evoluta per la provincia.

Mai avrei pensato di accumulare così tanta ricchezza interiore e mai avrei pensato di diventare, con il tempo, tanto abile a sovrappormi a situazioni complicate.

A fine anno ci si confronta, molte mie conoscenze mettono in primis la situazione sentimentale ed affettiva. Io non posso, preparo sempre anticipatamente le casse da morto, dove metto dentro quanto è stato negativo senza dover attendere il 31 dicembre. Credo di essere proprietaria di uno dei più grandi cimiteri del pianeta.

Afgani in Piemonte il percorso impegnativo dell'integrazione
Afgani in Piemonte il percorso impegnativo dell’integrazione

Quest’anno mi porto appresso il bagaglio di essermi fatta coinvolgere dai profughi afgani e chiudo l’anno con molta amarezza, dovuta al fatto che non posso aiutare tutti. Accogliamo, accogliamo, accogliamo questo è lo slogan senza merito dei politici, del volontariato visibile e del Vaticano e di chi fa “umanità di facciata”. Ma poi? Cosa facciamo? Regaliamo loro un cellulare, un pacco dono, portiamo un computer per comunicare con il mondo (ma servirà a quello?), li mettiamo in una casa, li mandiamo a scuola, tutte cose utili.

Afgani di Kabul dal Papa
Afgani dal Papa

Li affidiamo a cooperative che spesso hanno gestioni singolari e discutibili (alcune danno loro il denaro per la spesa e li responsabilizzano agli acquisti, altre li portano a comprare nei negozi, collegati in un modo o nell’altro alle cooperative), manca in Italia una linea comune e uguale. Accoglienza con pari diritti e pari doveri e se non vengono rispettati anche i doveri si ritorna da dove si è arrivati, senza se e senza ma, senza alcuna attenuante.

Quando le persone erano ammassate ai bordi di Kabul, molti imprenditori colpiti dall’esodo forzato e violento si sono commossi e si sono fatti portavoce di messaggi di solidarietà. Adesso sono spariti ed i Rifugiati restano a carico dello Stato, spesso inefficiente e incompetente. Sono gli stessi imprenditori che vanno a Messa a Natale, in prima fila, che parlano ma non sono in grado di collocare nella loro azienda un padre di famiglia, sfuggito a morte quasi sicura.

A collage of photos taken by Dr Bill Podlich on his trip to Afghanistan in 1967 Source Dr Bill Podlich
A collage of photos taken by Dr Bill Podlich on his trip to Afghanistan in 1967 Source Dr Bill Podlich

I Rifugiati (come tutti) hanno bisogno di un lavoro, senza lavoro non si integrano. Nella non operatività si riuniscono tra “disoccupati da buonismo di facciata” e anche quelli nei quali avevo visto un barlume di modernismo, un pizzico di sana trasgressione me li ritrovo che si sono riappropriati della loro identità originaria. Ricordiamo che l’Afganistan negli anni 70 era uno stato moderno, l’avvento dei primi talebani lo ha portano indietro di centinaia di anni, in vent’anni le forze di coalizione hanno in parte restituito modernità ed in pochi giorni il paese è ritornato ad essere ostaggio dei talebani.

Io chiudo l’anno in fallimento, per non aver potuto fare il meglio per loro e per aver solo raccolto il grido di due adolescenti afgane e l’assoluta impossibilità di aiutarle pur avendo condiviso il problema con cristiani, ebrei e musulmani. Mettersi contro le gerarchie e le tradizioni ataviche non è da tutti. Quando si tratta di assumersi delle responsabilità e di tirar fuori gli attributi, nessuno caccia fuori gli attributi ed i miei non sono sufficienti. Nel mondo civile, fatto di apparenza e borghese opulenza chi se ne frega di due adolescenti afgane analfabete?

Parte delle aziende che lavoravano in Afganistan, se non riescono a recuperare gli appalti, chiuderanno i battenti e la promessa fatta ai profughi afgani di essere riassorbiti in paesi differenti rimarrà inevasa, come senza seguito sono rimaste molte delle promesse fatte al loro arrivo.

Roberto con un profugo di Kabul
Roberto con un profugo

A noi (a me, Silvia e Roberto i miei compagni di questo viaggio) restano le anime di coloro che sono riusciti a fuggire, caricati su un aereo per farli scappare dalla morte certa, ora il compito di educarli a uno stile di vita diverso, pur lasciando inalterati i loro valori, amalgamando con il modernismo il buono che c’è nelle loro tradizioni. A noi resta l’amarezza di non aver potuto fare di più e la certezza che tanti che dovevano collaborare per la loro integrazione sono desaparecidos.

Reliance (foto da Giornale della Vela)
Reliance (foto da Giornale della Vela)

Riflessione: l’Afghanistan è come il Reliance che nel 1903 vinse la Coppa d’America, era lungo fuori tutto 43 metri e 80, su un albero solo aveva una superficie velica di 1520 mq. Troppo difficile da governare, dieci anni dopo il suo trionfo fu condannato alla demolizione. Esattamente come l’Afghanistan, dopo la sua rinascita è stato condannato alla sua distruzione. Tuttavia resto convinta che se le Forze di Coalizione invece di addestrare 300.000 militari afgani di sesso maschile, avesse addestrato al combattimento 300.000 donne afgane, pochi talebani avrebbero potuto raggiungere Kabul.

Donne, da Kabul verso l'integrazione
Donne, da Kabul verso l’integrazione

Si elimini da tutte le omelie l’invito all’accoglienza e alla misericordia se poi gli uomini di ogni religione sono incapaci di essere misericordiosi e accolgono solo a parole o per opportunismo politico e mediatico, lasciando poi che i rifugiati siano disoccupati e preda di predoni nonché vittime di una mancata modernizzazione.