Nel sito dell’Osservatorio Nazionale morti sul lavoro si legge che da inizio anno “al 30 dicembre 2022 sono morti complessivamente 1499 lavoratori, 757 di questi sui luoghi di lavoro, gli altri sulle strade e in itinere (sono stati 692 nell’intero 2021 i morti sui luoghi di lavoro, esclusi i morti per covid e ovviamente i morti sulle strade e in itinere).”
L’Osservatorio curato da Carlo Soricelli, a differenza di INAIL che tiene conto solo degli infortuni denunciati relativi a chi è assicurato all’istituto, si affida a un lavoro certosino di lettura e analisi delle notizie che vengono diffuse da varie fonti in rete e non solo e tiene conto di tutti gli infortuni e i decessi, anche di chi non è assicurato INAIL (circa 4.000.000 di lavoratori) e di chi lavora in nero. I suoi dati (che sono archiviati in files contenenti nome, cognome, data e luogo del decesso) certificano, rispetto all’anno scorso, una notevole crescita delle morti per infortunio nei luoghi di lavoro. INAIL, invece, comunica un aumento delle denunce ma un calo di decessi sul lavoro. Lungi dal pensare che ci siano manipolazioni o errori grossolani in entrambi i casi, la differenza che si riscontra può avere una sola spiegazione: chi è precario, chi lavora in nero, chi appartiene a categorie non assicurate INAIL, in poche parole, chi è più sfruttato, si infortuna e muore maggiormente.
Sulla base di ciò risulta determinante affrontare la questione della mancanza di salute e sicurezza sul lavoro non solo aumentando il numero degli ispettori o migliorando la formazione (cose certamente necessarie ma non sufficienti) ma garantendo a chi lavora retribuzioni adeguate, un minor tempo di lavoro (giornaliero e totale), utilizzo della tecnologia rivolta ad evitare infortuni, ambienti di lavoro più salubri … in poche parole, abolendo la precarietà e indirizzando i benefici del progresso a chi lavora e non al profitto.
È un cambio radicale del modello di sviluppo e delle norme che oggi regolano un mondo del lavoro sempre più a favore delle grandi imprese. Una vera e propria rivoluzione per ritornare a una cultura del lavoro che sia antitetica a quella attuale che dà priorità al guadagno e non alle persone.
L’augurio che ci dobbiamo fare per il nuovo anno è di avere la forza di agire con determinazione per evitare questo massacro, coscienti che in questa tragedia siamo tutti coinvolti e che l’indifferenza è complicità.