Il 25 aprile, in Italia, si celebra l’anniversario della Liberazione. A Venezia, la festa di San Marco, patrono della città a cui si associa la tradizione centenaria dell’offerta del “bocolo di rosa”.
Una data, il 25 aprile,in cui si incrociano la ritrovata libertà dell’Italia, dal fascismo e nazismo;il Mito di Venezia e i suoi Dogi ,oltre ad una leggenda d’amore, tutta di matrice lagunare. E’ la giornata della libertà’ dagli oppressori. Dall’anno Domini 828 è il giorno della celebrazione dell’evangelista, Marco, simbolo della millenaria “Repubblica Serenissima”,emblema di stato, amato dai suoi cittadini, Un popolo,quello di Venezia,che quando è occupata dagli austriaci, diventa,per le sue gesta e ardori,un vero “popolo italiano ante litteram”.
“Venexia”, città simbolo dell’amore , dove il 25 aprile gli uomini devono offrire un bocciolo di rosa rossa alle loro amate .Un gesto romantico che nasce dalla leggenda tragica del popolano Tancredi che andò in guerra per guadagnare la gloria e poter quindi chiedere la mano della figlia del doge Orso I Partecipazio (864-829), Maria, detta Vulcana. Dalla guerra Tancredi non fece ritorno.come tanti uomini e donne,in tutte le guerre che sempre la storia ci ricorda.
La rosa di Tancredi, e l’annuncio della sua morte venne consegnato a Vulcana,proprio nel giorno del patrono. Il giorno dopo, la festa di San Marco, la fanciulla fu trovata senza vita con il fiore poggiato sul cuore. La Gloria per amore. Quante volte risentiamo nella storia degli uomini queste due parole magiche e tragiche.
Il 25 aprile è per l’Italia la “Liberazione”: “Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine” .Sandro Pretini, “l’uomo che liberò Milano” annunciava alla radio a tutti gli italiani queste incitazioni che porteranno alla cacciata degli invasori e del regime. Come a Genova e Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire”: Una giornata di festa ,che 79 anni fa’ doveva confrontarsi con una realtà economica, in bilico tra la sussistenza e la sopravvivenza.
Nonostante cio’ Prunella De Seta, con il suo La cucina del tempo di guerra, libro del 1942, si era caparbiamente posta l’obiettivo di spronare tutte le donne di casa di quell’epoca, così dura, ad aguzzare l’ingegno e di insegnar loro come, anche con poco, con ingredienti umili, si possono preparare tanti gustosissimi piatti: è la cucina del ‘poco e del senza’ .Si va dal super brodo di guerra, fatto di legumi, sedano e tutti gli ’erbaggi’ possibili, alla stracciatella con semolino, dal pancotto alle acciughe al pomodoro: tutte le 346 ricette sono all’insegna del risparmio e della fantasia. Chiude il libro un’appendice con un inno al ‘valore delle briciole’ che esorta al “rispetto per il risparmio strenuo d’ogni pur minima cosa”.
Un messaggio che, in un’epoca di consumismo,ma anche di difficoltà economica insegna quanto poco basti per arrangiarsi.
E’ il giorno di festa del patrono di Venezia dal’827 (circa).
In questo giorno,una volta, si celebrava il ritorno dei pastori sulle montagne i quali, fino alla fine della vendemmia,non avrebbero più potuto pascolare le loro greggi sui campi che ritornavano in tal modo dai loro legittimi proprietari. Iniziava così l’annata agraria, ed ancor oggi si consiglia di mettere a dimora le piantine nell’orto,dopo San Marco, al riparo di possibili gelate o bruschi abbassamenti della temperatura. Abbondano in quest’occasione le “frittate primaverili”con le erbe (rosolaccio, radicchietti selvatici,bruscandoli, asparago selvatico, gittone della macchie – “rece de lievoro”, ortica, carletti, specchio di Venere – “oci de bo”, …) o quella ben più robusta con salame e cipolla (fortaja rognosa).
Un rito solenne era, ai tempi della Serenissima, il banchetto del 25 aprile dove il Doge pranzava con i procuratori di San Marco, i patrizi del Maggior Consiglio, gli ambasciatori degli stati esteri e un gruppo di arsenalotti (militari-operai rappresentativi del popolo).Il convitto si svolgeva a Palazzo Ducale ed aveva come piatto principale la famosa “minestra di risi e bisi”, preparata con una grande quantità di piselli:“ogni riso un biso” recita il detto popolare. Non sempre tuttavia i piselli dell’Estuario erano già maturi per questa data ed in tal caso venivano raccolti a Lumignano, sui Colli Berici ( www.comunideco.it).Servita dunque nei banchetti solenni, questa minestra aveva un potere ristorante, ma anche un carattere simbolico che dava tanto al popolo, quanto al regnante, il piacere pagano di celebrare il rito di una comunità coesa. Accanto a questo pilastro della cucina veneta, il Doge si faceva servire i pesci più ricercati dell’Adriatico e dei fiumi veneti, dolci di vari tipi “fugasse” accompagnati da Malvasia che per circa 700 anni, è stato uno dei vini bianchi più richiesti e più pagati dai commercianti veneziani che dal porto di “Monenvasia” ,idilliaco borgo del Peloponneso, costruito ai piedi di un promontorio roccioso e collegato alle coste di Grecia , da dove le galee serenissime partivano cariche di vino bianco proveniente da svariati territori del Mediterraneo Orientale.Oggi nella nostra regione spiccano la Malvasia Merlara doc (www.ilmerlara.com) ,prodotto tra il fiume Adige e il Fratta ,tra la provincia di Padova e quella di Verona.
Interessante come ,durante il periodo risorgimentale, quando il territorio veneto era occupato dagli Austriaci, i veneti,per inneggiare al tricolore, urlavano “rixi, bixi e fragole”, proprio per celebrare i colori della futura bandiera d’Italia, equivalente al lombardo “Viva Verdi” gridato contro gli occupanti austriaci. Era un grido patriottico per rivendicare l’indipendenza e la libertà senza rischiare di finire in carcere.
Italia,San Marco,Venezia,le terre serenissime ieri e oggi convergono sulla data del 25 aprile, momento di celebrazione di profondi sentimenti patriottici ,rituali d’amore e di pace sociale.
In una poesia composta nel 1849 ,da Arnaldo Fusinato,vicentino di Schio, nella sua ”L’ultima ora a Venezia” il poeta esprimeva il desiderio della patria Italia dei veneziani, nel 1848, purtroppo disatteso dai Piemontesi, e surclassato dall’impotenza della sua popolazione ,stremata dall’assedio austriaco,dal colera e dalla fame:
“No no, non splendere su tanti guai, sole d’Italia, non splender mai;e sulla veneta spenta fortuna si eterni il gemito della laguna…
Viva Venezia! L’ira nemica la sua risuscita virtude antica;ma il morbo infuria, ma il pan le manca…sul ponte sventola bandiera bianca.
E con questi emozionanti passaggi poetici di Arnaldo Fusinato possiamo salutare la giornata odierna con un…
Viva San Marco, Viva l’Italia.