Il 28 dicembre del 1964, veniva eletto Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat. Il PSI di Vicenza lo ricorda con affetto. In questi anni in cui è evidente la difficoltà del mondo progressista, trascinato nella trappola del pragmatismo politico, vittima dell’illusione della fine della storia e dell’ accettazione passiva della supremazia del sistema capitalista, anni in cui la sinistra si è arenata nella convinzione che il socialismo democratico sia stato utile in passato ma superato oggi, la lezione che ci lascia Saragat assume grande importanza.
Giuseppe Saragat, per tutto il XX secolo sostenne la fondamentale importanza di un’interpretazione marxista (in chiave umanistica) della società e del legame indispensabile tra democrazia e libertà. Socialismo e democrazia legati dalla necessità di creare uno Stato in grado di rendere liberi i suoi cittadini. Liberi innanzitutto dai propri bisogni.
Saragat, superata la tragedia della Seconda guerra mondiale, si impegnò immediatamente per la creazione di una Federazione di Stati europei. L’azione politica di Saragat fu ispirata sempre dall’idea europeista e dalla decisa condanna del nazionalismo, con l’obiettivo finale di valorizzare quelle strategie internazionali volte a rendere l’Europa unita e alleata, su basi paritarie con l’allora principale potenza occidentale, gli Stati Uniti.
Cosa c’è oggi di più necessario se non risvegliare, alla vigilia delle elezioni europee, il sogno di un’Europa unita, solidale, in grado di interagire in maniera paritaria con le altre potenze economiche mondiali?
Ecco allora che Saragat e i suoi insegnamenti restano ancora attuali.
Segretario PSI Vicenza capoluogo
Protagonista della storia italiana del secondo dopoguerra, leader storico della famiglia socialista e, in particolare, del Partito Socialista Democratico Italiano, Saragat fu anche Presidente dell’Assemblea Costituente, più volte vicepresidente del Consiglio dei Ministri e Ministro degli affari esteri, nonché ambasciatore a Parigi.
Come Capo dello Stato ha conferito l’incarico a quattro Presidenti del Consiglio dei ministri: Aldo Moro (del quale ha respinto le dimissioni di cortesia presentate nel 1964), Giovanni Leone (1968), Mariano Rumor (1968-1970) ed Emilio Colombo (1970-1972); ha nominato quattro senatori a vita (Vittorio Valletta nel 1966, Giovanni Leone ed Eugenio Montale nel 1967 e Pietro Nenni nel 1970) e tre giudici della Corte costituzionale (Luigi Oggioni nel 1966, Vezio Crisafulli nel 1968 e Paolo Rossi nel 1969).