L’indagine di CNA realizzata tra le imprese del territorio in occasione dell’8 marzo, giornata internazionale dei diritti della donna, fa emergere un quadro in chiaroscuro sulla situazione lavorativa al femminile a Verona e Vicenza, ma almeno le prospettive paiono buone: anche se la strada è ancora lunga, Vicenza e Verona stanno facendo la loro parte.
Secondo i dati (fonte Camera di Commercio) relativi all’anno 2023, a Vicenza le donne con ruoli apicali all’interno delle imprese (titolari, socie, amministratrici o dirigenti) aumentano leggermente in percentuale dal 27,5% del 2021 al 27,7%, pur con una flessione in valore assoluto (36.360 oggi contro le 36.530 di due anni fa).
Situazione analoga a Verona, dove la percentuale si consolida nel triennio dal 26,5 al 26,8%, ma anche in questo caso con valori assoluti in discesa (da 39.936 a 39.369).
Gli aspetti più positivi si notano riguardo le figure a libro paga, cioè amministratrici e dirigenti, che nei due anni sono aumentate di 221 unità a Verona e ben 621 a Vicenza. È invece negativo il dato relativo a titolari e socie (-797 a Verona e -796 a Vicenza), connesso al calo parallelo nel numero di imprese femminili (-0,2%).
Per Cinzia Fabris, presidente CNA Veneto ovest, è una medaglia a due facce: «Da un lato – commenta – notiamo un numero crescente di imprese aperte a un ricambio generazionale al femminile nei ruoli di maggiore responsabilità, e questo probabilmente è dovuto a una diversa sensibilità nei confronti della parità di genere. Dall’altro però è un piccolo campanello d’allarme il dato relativo al calo di imprenditrici. Il Fondo Impresa Femminile dovrebbe diventare strutturale e non rifinanziato a spot, così come dovrebbero essere messi a sistema gli incentivi per la formazione in particolare in ambito Stem».
A un andamento crescente delle responsabilità anche all’interno delle aziende locali fa da contraltare però la persistente consapevolezza di condizioni di discriminazione più o meno marcata. Il 55% delle donne, il 9% in più del 2022, ritiene che esista un effettivo gap salariale in azienda e ben il 61%, sempre il 9% in più dell’anno precedente, sente di avere minori opportunità di carriera rispetti ai colleghi maschi. Quanto alle cause, per l’86% delle intervistate una delle principali è l’impossibilità di conciliare famiglia e lavoro, ma il 74% individua anche una mancanza di predisposizione da parte degli uomini a concedere spazio.
«La certificazione della parità di genere è un passaggio decisivo – spiega Elisabeth Sarret, presidente Impresa Donna CNA Veneto Ovest – ma l’approccio calato solamente “dall’alto” non basta a coinvolgere realmente le imprese. Il cambiamento deve partire come necessità che sentono tutti i livelli, uomini e donne, dai lavoratori fino al titolare e ai suoi collaboratori. Ecco perché come associazione stiamo facendo tantissimo in questa direzione, a cominciare proprio dalla necessità di fare cultura in tema di parità. Le piccole e medie imprese rappresentano il 74% del nostro sistema produttivo, e se vogliamo capovolgere la prospettiva dobbiamo partire proprio da loro per coltivare una nuova sensibilità diffusa rispetto a parità e inclusione».
«Il ruolo delle associazioni anche in questo caso è fondamentale – conclude Fabris -, perché è proprio facendo rete che si possono condividere valori e buone esperienze. CNA attraverso il gruppo Impresa Donna sta lavorando molto per costruire una nuova mentalità manageriale nelle donne imprenditrici e aspiranti, ma è soprattutto al di fuori che ci stiamo impegnando attivamente, proprio per portare questa cultura in modo diffuso tra imprese di qualsiasi settore, struttura e generazione».