8 settembre: mons. Beniamino Pizziol parla ai nostri lettori degli scandali della pedofilia e dei (non) ristori ai soci BPVi e Veneto Banca. Don Torta, M5S e Lega canteranno la 3ª volta?

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Quando ci siamo incontrati con Mons. Beniamino Pizziol, martedì 4 settembre scorso, per ascoltare le sue parole sulla festa patronale, che chiama i cristiani vicentini all’amore di Maria madre di Cristo, il Perseguitato, e sull’accoglienza offerta, a carico della Chiesa, a 4 perseguitati eritrei, che ha richiamato in quegli stessi cristiani i peggiori sentimenti di rifiuto degli altri, ci siamo trattenuti col vescovo di Vicenza per avere la sua, per noi finalmente tranquillizzante, risposta sulla questione della rappresentanza della diocesi di Vicenza nel cda della Fondazione Roi e per parlare di altre questioni vitali, per la Chiesa e per, è il suo sinonimo, la sua comunità. 

Una era stata sollevata da lui stesso, gli scandali nella Chiesa, l’altra era stata ricordata da noi, lo scandalo, prima, della truffa ai danni dei risparmiatori soci delle ex Popolari venete, in primis la Banca Popolare di Vicenza, privati dei loro risparmi di una vita e anche più e, poi, quello del tentativo in corso di posticipare, annacquare e negare i doverosi rimborsi (chiamiamoli anche noi ristori di danni per reati finanziari visto che così si evitano le furie dell’Europa).
Gli scandali nella Chiesa – cerchiamo di sintetizzare cosa ci ha detto mons. Beniamino – allontanano i giovani, ragione in più per porvi rimedio ma senza tutti i clamori attuali che non sembrano puntare realmente ad affrontarli per riportarli magari a singoli, eccezionali casi del singolo essere umano. La pedofilia, perché di questo oggi si parla di più, è una cosa orribile e, prima ancora di un comportamento inaccettabile in chiunque e ancora di più in un ecclesiastico, è un reato che per questo e come tale va perseguito e colpito con severità. Ma se oggi dobbiamo agire per contenere al massimo e, se possibile, annullare questo terribile attentato alla persona umana, ci dobbiamo anche chiedere come provare ad aiutare chi l’ha subito anni fa, nella sua prima gioventù, compromettendo lo sviluppo naturale della propria vita. Se vogliamo agire alle radici per estirpare la pedofilia, da non confondere assolutamente con l’omosessualità per la quale però vale anche quanto sto per dire, ci dobbiamo anche porre il problema più ampio di come vivere oggi la rinuncia alla sessualità che è alla base del ministero di noi preti in un mondo e in un’epoca in cui essa è sbandierata come modello di vita». 
Ma se la pedofilia è lo scandalo degli scandali espropriando i giovani e i giovanissimi del proprio diritto alla crescita umana, cosa dire dell’esproprio dei sacrifici di una vita di migliaia di vicentini a cui abbiamo assistito con l’azzeramento dei loro risparmi per effetto del crac delle due Popolari venete a cui li avevano affidati senza essere informati delle loro reali condizioni pre fallimentari?
«Conosciamo bene questo problema anche perché la stessa fiducia l’avevamo riposta noi ed alcuni enti religiosi a noi vicini e per contribuire a salvare la Banca Popolare di Vicenza avevamo anche deciso di aderire all’Offerta Pubblica di Transazione che ci era stata prospettata, anche in quel caso ci siamo fidati per giunta chiedendo consiglio, come la strada da percorrere per dare continuità a quella banca e una speranza al nostro territorio. Così non è stato, come è davanti agli occhi di tutti. A noi non è dato giudicare ma chiederci perché tutto ciò sia avvenuto è fondamentale per impostare il futuro su basi di maggiore equità e onestà»
Ma c’è chi, anche nella Chiesa, don Enrico Torta, non solo giudica ma condanna anche la diocesi di Vicenza per aver spinto con la sua adesione pubblica all’Opt altri risparmiatori a fare lo stesso e oggi si pone alla testa di chi, tra i soci delle due ex banche venete, dando fiducia alla parola “carismatica” di un sacerdote, rifiuta e combatte una soluzione di partenza per i “ristori”, la legge 205, correndo il rischio di restare con un palmo di naso (gli eventi dal giorno successivo al nostro incontro col vescovo lo stanno già tristemente confermando, ndr)
«Conosco don Enrico da 50 anni, quando era prefetto nel mio seminario. Ogni prete è una persona e interpreta la sua missione anche in base al suo carattere. E che don Torta, che è un bravo prete, abbia un’attitudine ad apparire ben superiore alla mia è un dato di fatto. Noi, lo ripeto, abbiamo aderito all’Opt nel presupposto che quello fosse un passo che avrebbe reso possibilw la prosecuzione dell’attività della banca. Così, purtroppo, non è stato, don Enrico può fare tutto quello che vuole ma lui ora, come noi allora, non possiamo dare per certo quello che è un nostro pensiero. Su quella vicenda come diocesi ci abbiamo, comunque messo una pietra sopra e andiamo avanti»
Ma lo sa. Mons. Pizziol, che nella 205 è prevista la possibilità di avere un “ristoro” anche per chi ha aderito all’Opt anche se don Torta lo nega?
«Gliel’ho detto, per noi e per i vicentini che si sono fidati, la vicenda della BPVi è dolorosa ma noi abbiamo cessato di avere altre aspettative dopo quell’adesione dopo la chiusura delle due banche…»
Ma, eminenza, se la Diocesi e gli enti religiosi vicini potessero recuperare qualcos’altro potrebbero destinarlo alle opere di bene per cui quei fondi erano stati raccolti…
Il vescovo di Vicenza a quel punto si è fatto pensieroso e ci ha detto: «Mi faccia avere copia della legge e del decreto di cui mi ha parlato…».
Anche per ringraziarlo dell’impegno da lui preso perché il suo rappresentante nel cda della Fondazione Roi si attivi per l’azione di responsabilità specifica contro Giani Zonin, quei documenti li abbiamo inviati al suo portavoce anche se il governo del cambiamento, per bocca di Massimo Bitonci e Alessio Villarosa, sta dimostrando con gli ultimi passi (l’emendamento proposto da due parlamentari grillini, ndr) di voler tradire i soci della BPVi, di Veneto Banca e delle 4 banche risolte per una seconda volta: quelle banche hanno rubato i soldi ai risparmiatori inconsapevoli, questo governo sta mancando, se i due sottosegretari esprimono la sua volontà, la promessa elettorale solenne di restituirglieli.

Noi speriamo fermamente e perciò continuiamo la nostra battaglia di informazione, anche del vescovo, che il gallo non canti tre volte…