Parità di genere nel lavoro: un miraggio

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parità genere
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(Articolo sulla parità di genere nel lavoro pubblicato su Vicenza Più Viva n. 3 dicembre 2023-gennaio 2024, sul web per gli abbonati tutti i numeri, ndr).

Solo il 27% delle donne ha un contratto come “quadro”, mentre le donne dirigente sono solo l’11%, contro l’89% dei maschi.

Parità di genere: parliamone o, meglio, riparliamone tra qualche anno, almeno per quanto riguarda il mercato del lavoro, nel quale il divario uomo-donna rimane notevole, sia dal punto di qualitativo sia da quello quantitativo. Questo è quanto emerge da un’indagine effettuata dal Centro Studi Cisl Vicenza del 2021, ma tuttora valida e presentata in occasione dell’evento “Donne e Lavoro”, organizzato nell’ambito del ciclo di iniziative promosse da Cisl Vicenza in memoria di Elisa Salerno.
Se si guarda alla rappresentanza femminile, i dati 2022 relativi agli occupati in provincia di Vicenza vedono le donne coprire il 43,3% dei posti di lavoro, con un tasso di occupazione del 61,3%. Qui si registra il primo scarto rispetto agli uomini che vedono la percentuale a loro favore salire fino al 75,5%. Tradotto in valori assoluti, nel 2022 gli occupati di sesso maschile over 15 in provincia di Vicenza erano 218.166, contro le 166.628 femmine. Il solo dato, se si vuole, a favore dell’occupazione femminile, lo si può rilevare guardando all’arco temporale dell’ultimo quinquennio: nel 2018 le donne al lavoro erano 156,466, pertanto in cinque anni la quota lavoro è aumentata di 10 mila unità, mentre, nello stesso arco di tempo, gli uomini sono scesi di un migliaio di unità. Nello stesso periodo, di conseguenza, il tasso di occupazione negli uomini è sceso dal 76,8% del 2018 al 75,5% del 2022, mentre quello delle donne è salito dal 67,2% al 68,6%.

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Entrando maggiormente nel merito di come sono distribuiti i posti di lavoro, se si va ad analizzare quelle che un tempo venivano definite le “gerarchie”, solo il 27,1% delle donne è contrattualizzato come “quadro”. Questo significa, leggendo la stessa statistica dal punto di vista maschile, che a godere di questa qualifica è quasi il 73% dei maschi. Se ci si trasferisce qualche “piano più in alto”, per usare una metafora, le donne dirigente sono l’11,2%del totale. Il che significa che le posizioni di “potere”, sempre per usare un linguaggio anni’80, sono detenute, quasi per il 90% dal genere maschile.
Dati pessimi, dunque, se visti dal punto di vista della parità di genere, che non migliorano nemmeno se si analizzano le tipologie dei contratti e le tutele ad essi collegati. Infatti, quasi il 70% dei contratti a tempo pieno riguarda i lavoratori maschi, mentre il 75% di quelli part time è appannaggio delle lavoratrici. Relativamente alle piene tutele, e parliamo quindi di contratti a tempo indeterminato, il 60% vede coinvolti gli uomini, mentre le donne prevalgono in quelli a tempo determinato, pur se solo con 51,6%, mentre la differenza si fa più marcata nei contratti stagionali, dove sale al 58,5%.
Tendenza, questa, confermata anche dai dati più recenti, che riguardano il primo semestre del 2023: le nuove assunzioni, infatti, confermano lo status quo, con il tempo indeterminato per il 26% degli uomini contro il 18,5% delle donne.

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Il quadro sopra descritto si riflette ovviamente e inevitabilmente anche dal punto di vista salariale. Considerando le retribuzioni totali pagate ai lavoratori vicentini, il totale delle donne occupate prende circa la metà degli uomini, che per tipologia dei contratti e per l’utilizzo maggiore del full-time, in busta paga si ritrovano oltre 10 mila euro in più. Il che significa che quotidianamente una donna riceve una retribuzione di 49,28 euro, contro i 78,36 euro degli uomini.
Inoltre, altro dato fortemente penalizzante per la parità di genere, mentre per l’uomo l’andamento della retribuzione tende ad aumentare di pari passo con il progresso medio delle carriere, per le donne tende a plafonarsi già nella fascia di età 25-29 anni, per poi aumentare leggermente solo dopo i 40 anni, ma senza mai recuperare il gap accumulato.
La retribuzione media delle donne, per fascia d’età, si blocca così sui 21 mila euro, mentre per i maschi vi è una crescita fino alla fascia dei 55/59 anni, dove la retribuzione arriva a 34.400 euro. Alla luce di questi dati, è facile comprendere che per molte donne risultano preclusi o limitati i percorsi di carriera, ampliando il divario anche sul piano qualitativo.
Se si getta uno sguardo complessivo alle caratteristiche dell’occupazione dei lavoratori nell’intera provincia (dati 2021), si evince che i settori prevalenti per quanto riguarda l’impiego femminile sono quelli della sanità e dell’assistenza sociale, dell’alloggio e della ristorazione e altre attività di servizi, dell’istruzione, delle attività professionali, scientifiche e tecniche e, anche se solo con un leggero scostamento rispetto ai maschi, anche quelle finanziarie e assicurative, artistiche e sportive.
Una sostanziale parità la si riscontra nel campo dell’informazione e della comunicazione e in quello del commercio e, in parte ma con una leggera prevalenza maschile, in quello dei servizi di supporto alle imprese.
Al contrario, gli uomini prevalgono nettamente nel settore manifatturiero, in quello delle costruzioni e del trasporto e magazzinaggio e nelle attività di gestione dei rifiuti. Le diseguaglianze, evidenziate dall’analisi effettuata dai ricercatori Francesco Peron e Stefano Dal Pra Caputo, creano le premesse anche per discriminazioni economiche future, dato che la busta paga che di anno in anno si è ricevuta nel corso della propria vita lavorativa, ovviamente si riverbera anche sulle pensioni, con una differenza di quasi 8.800 euro di l’importo medio tra uomini e donne: 21.970 euro contro 13.187 euro.
Insomma, la strada da fare per la parità di genere nei luoghi di lavoro è ancora lunga e tutt’altro che agevole da percorrere.