Nelle varie audizioni alla commissione bicamerale di inchiesta, trasmesse in diretta web tv, abbiamo tutti assistito ad un valzer di autoassoluzioni, dopo un primo round in cui sono volati gli stracci tra Banca d’Italia e Consob proprio sulla vicenda dei controlli sulle banche venete, finite a giugno 2017 in LCA (leggasi fallimento). Dopo questa parentesi, in ogni caso poco edificante, tutti i vigilantes del sistema bancario chiamati in audizione hanno reso testimonianze avanti la Commissione di Inchiesta sulle banche dichiarando come in realtà avessero svolto il compito loro affidato facendo tutto quanto era nelle rispettive competenze, riconoscendo talvolta qualche difetto di comunicazione tra le Authority e scaricando le colpe maggiori sulla novellata normativa voluta dall’Europa.Consob ha tentato di scaricare qualche colpa su Bankitalia che non l’aveva tempestivamente informata sugli esiti di talune ispezioni poco favorevoli su Banca Popolare di Vicenza, mentre i vigilantes di Palazzo Koch hanno dichiarato e ribadito più volte come i problemi di Vicenza non fossero poi così preoccupanti e/o come dai report stringati inviati alla consorella Consob, in ogni caso i messaggi di allarme (warning) fossero oltremodo comprensibili.
Fatto sta che il funesto epilogo delle due popolari venete è a tutti tristemente noto, con i reali problemi delle due banche locali che sono emersi in tutta evidenza solo dopo la prima ispezione della BCE del 2015, post vigilanza unica europea.
Ma ecco che il 10 gennaio dalle pagine di svariati quotidiani apprendiamo come, intercettato dagli inquirenti ai primi di gennaio 2015, qualcuno fosse molto bene informato sullo stato di salute della Banca Popolare di Vicenza, tanto da non ordinarne di fatto l’acquisto delle azioni (che all’epoca valevano ancora 62,5 euro) al proprio broker, nonostante con lo stesso avesse deciso di acquistare azioni di banche popolari costituendo un basket di sei titoli della specie, in vista di una imminente riforma del settore allo stesso assicurata dal premier dell’epoca, Matteo Renzi che, da quanto emerso nella telefonata intercettata, lo aveva tranquillizzato sul punto con un testuale “passa”.
Ma chi era costui, così bene informato sullo stato di salute della popolare berica ?
In effetti qualche mese dopo il valore delle azioni della Popolare di Vicenza sarebbe stato ridotto d’autonomia dal CdA di Zonin a 48 Euro, per poi definitivamente crollare l’anno successivo a soli 10 ctmi di euro … Il resto è storia nota.
Ecco che parecchi quotidiani oggi hanno citato le frasi incriminate oggetto di intercettazione, proferite dall’Ing. Carlo De Benedetti, meglio conosciuto anche come la tessera n. 1 del Partito Democratico.
Ma nella telefonata intercettata De Benedetti precisa anche di essere stato qualche giorno prima a colloquio in Banca d’Italia …
In effetti tale informazione parrebbe essere oltremodo corretta, dato che lo stesso Giuseppe Vegas, all’epoca Presidente di Consob, in audizione alla commissione bicamerale di inchiesta avrebbe riferito tanto di una indagine aperta dall’Authority per insider trading quanto di colloqui riscontrati tra il Dott. Fabio Panetta (Vice Direttore di Banca d’Italia) e lo stesso De Benedetti (avvenuti tra il 15 ed il 19 gennaio 2015).
Ecco che alla luce della LCA delle due popolari venete, un interrogativo sorge spontaneo: De Benedetti ha saputo, oltre che della imminente riforma del settore, delle difficoltà della BPVi tanto da evitarne l’acquisto delle azioni, dalla stessa Banca d’Italia oppure dal premier Matteo Renzi?
O invece l’Ingegnere è stato semplicemente un bravo ed oculato analista di bilanci della banca di Gianni Zonin?
Delle due l’una.
Certo è che a gennaio 2015, dopo aver appena superato gli stress test della BCE con la conversione in extremis di un bond convertibile, la Popolare di Vicenza era per Banca d’Italia quel possibile “partner di elevato standing” cui doveva rivolgersi la traballante Banca Etruria, al punto che gli ex vertici (deposti ai primi di febbraio 2015 in forza del commissariamento) sono stati multati da Palazzo Koch proprio per non avere portato all’attenzione dei competenti organi deliberanti l’offerta di acquisto manifestata dalla Popolare di Zonin!.
Ergo, se i colloqui tra Banca d’Italia e De Benedetti ci sono effettivamente stati, come pare stanti le dichiarazioni di Vegas in Commissione Banche, sarebbe stato appena sufficiente chiedere al patron della CIR un parere sulla Banca Popolare di Vicenza e magari la vigilanza di Palazzo Koch avrebbe aguzzato gli occhi, risparmiando una figuraccia al Paese, nonchè il falò di decine di miliardi di ignari risparmiatori.
Altro che, adesso a buoi scappati e morti, favorire e propagandare l’educazione finanziaria dei cittadini.
Silvano Trucco, ex direttore generale di Bene banca commissariata “in via preventiva”