A Marano Vicentino il 3 agosto sarà inaugurata una via dedicata ad Elisabetta Manea, vittima della strage di Bologna 

141
Elisabetta Manea, vittima della strage di Bologna
Elisabetta Manea, vittima della strage di Bologna, a lei Marano Vicentino intitola una via

Sarà inaugurata sabato 3 agosto alle 11.00 la nuova via Elisabetta Manea – una laterale di via Prole – a Marano Vicentino, in una cerimonia pubblica con il Sindaco Marco Guzzonato e la famiglia De Marchi; l’intitolazione fa parte del programma di iniziative organizzate in memoria della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980.

Elisabetta Manea con il figlio Roberto De Marchi, vittime della strage di Bologna del 2 agosto 1980

Elisabetta Manea viveva dal 1949 a Marano Vicentino dove, dalla morte del marito Alessandro avvenuta nel 1970, era rimasta con i quattro figli. Il 2 agosto 1980 si trovava in stazione a Bologna con il figlio più giovane Roberto, che aveva 21 anni ed era un promettente pallavolista della squadra Volley Sottoriva di Marano Vicentino. Madre e figlio erano partiti di buon mattino con meta la Puglia per andare a trovare alcuni parenti. A Bologna avevano deciso di non uscire dalla stazione ma di aspettare la coincidenza in sala d’aspetto: fu proprio qui che l’esplosione colse Elisabetta, mentre il figlio era sul marciapiede del primo binario.

Nella delibera della Giunta dedicata all’intitolazione della via viene ribadito come solo ricordando il valore, tra le altre, della vita di Elisabetta Manea – donna maranese dedita alla cura della famiglia -, sarà possibile continuare ad alimentare la coscienza civica nel condannare il terrorismo e la violenza. Spiega infatti il Sindaco Guzzonato: “Immaginando come sarebbe potuta continuare la libera esistenza di Elisabetta, di suo figlio Roberto e delle altre vittime, possiamo trovare forza e stimoli per preservare i valori di libertà, democrazia, primato e dignità della persona, giustizia sociale, che il terrorismo di ogni tempo intende soppiantare”.

L’assessore Elena De Marchi punta l’attenzione anche sulla scelta di intitolare ad una donna di Marano Vicentino una via del paese “anche per appoggiare la richiesta pervenuta dalle volontarie dello Sportello Donna del nostro paese, assieme all’equipe della cooperativa sociale Con Te, per riparare al grande disequilibrio di genere nella toponomastica maranese, intervenendo nelle intitolazioni di strade, piazze, aree verdi e spazi pubblici affinché ci sia il riconoscimento dei meriti di donne che sono parte di quella Storia che comprende anche noi, uomini e donne di oggi”.

A Marano Vicentino la memoria della strage alla stazione di Bologna continua: oltre all’intitolazione della nuova via, sono in programma diverse altre iniziative. Il 2 agosto nella chiesa di Santa Maria Annunziata sarà celebrata una santa messa, mentre una delegazione dell’Amministrazione comunale parteciperà al corteo e alla cerimonia a Bologna. Sabato 3 agosto, alle 20.30 nella Stazione delle Arti (via Stazione), Gianfranco Bettin e Maurizio Dianese presenteranno il libro “La tigre e i gelidi mostri. Una verità d’insieme sulle stragi politiche in Italia” (Feltrinelli, 2023). L’ingresso è libero e in caso di pioggia la presentazione si terrà in biblioteca.

La strage di Bologna e le novità processuali

Oltre alle commemorazioni, a Marano Vicentino c’è sempre grande attenzione all’andamento delle indagini e dei processi per la strage. L’Associazione tra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, nel manifesto commemorativo del 2024 evidenzia questa frase: “Sappiamo la verità e abbiamo le prove”. Infatti, la strage del 2 agosto 1980 non è uno dei tanti “misteri italiani” di cui ancora non sappiamo. Il sindaco Guzzonato spiega: “Esistono sentenze passate in giudicato e sentenze di processi in corso che non solo definiscono ‘fascista’ la strage, ma anche ne indicano esecutori, mandanti, organizzatori, finanziatori, depistatori, delineando con precisione il contesto istituzionale e paraistituzionale in cui è stata ideata e realizzata”.

Il lavoro incessante dei consulenti dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna svolto nell’ultimo decennio sulle copie digitalizzate degli atti dei processi ha fatto emergere elementi di enorme interesse. Evidenzia l’assessore De Marchi: “Il processo, nel valutare le responsabilità degli imputati (un altro possibile esecutore materiale e nuovi depistatori), rivaluta alla luce dei nuovi elementi il ruolo di Gelli e altre figure di vertice della P2 come Umberto Ortolani e Federico Umberto D’Amato in veste di possibili finanziatori e ispiratori della strage e dei relativi depistaggi, per i quali è chiamato in causa anche il giornalista Mario Tedeschi, anche lui deceduto”.

Lunedì 8 luglio 2024, la Corte d’Assise d’Appello di Bologna ha confermato la condanna all’ergastolo per Paolo Bellini, imputato per concorso nella strage alla stazione di Bologna, a sei anni per depistaggio all’ex capitano dei Carabinieri Piergiorgio Segatel e a quattro anni per falsa testimonianza all’ex amministratore di condomini in via Gradoli, a Roma, Domenico Catracchia. Secondo l’ipotesi accusatoria del primo processo (quello principale che ebbe come imputati i vertici dei NAR, insieme a Licio Gelli e alcuni ufficiali del SISMI, ex SID, il servizio segreto militare dell’epoca), la Strage di Bologna era stata organizzata dai vertici dell’eversione di destra “storica”, a Roma e in Veneto, ai quali facevano riferimento le nuove leve di giovanissimi. Un reticolo criminale facente capo, a sua volta, alla Loggia P2, dunque protetto e tutelato dalle forze di sicurezza, i cui massimi vertici erano affiliati alla Loggia di Gelli. La P2 sarebbe stata l’attore politico-criminale responsabile non solo dei depistaggi, ma della regia e dell’uso politico della strage, mentre Fioravanti e i NAR sarebbero serviti da “killer della P2” (lo sospettava anche Cristiano Fioravanti, fratello di Giusva, e lo disse al Giudice Falcone). L’ipotesi, all’epoca, non trovò conferme sufficienti in sede di giudizio, anche a causa del ciclone di depistaggi che devastò l’istruttoria. Quarant’anni dopo, però, il processo Cavallini e l’inchiesta sui mandanti hanno portato alla luce elementi nuovi che riprendono, confermano e approfondiscono molte linee probatorie del primo processo, collegandole tra loro, a disegnare un quadro che consente di rivalutarne il valore e il significato.

“La sentenza del ‘processo mandanti’ a nostro avviso rende giustizia, una decisione attestante la rilevanza di un quadro probatorio che certifica la gravità e dimensione dei coinvolgimenti in questa vicenda, pur a distanza di molti anni”, affermano Guzzonato e De Marchi. “È una sentenza che conferma le condanne e il ruolo degli apparati deviati dello Stato nella strage del 2 agosto 1980, finalizzata a colpire la Repubblica e la democrazia del nostro Paese. Un atto di violenza che ha colpito Bologna, ma che aveva come obiettivo lo stravolgimento dell’assetto democratico dello Stato. La coscienza dei fatti è il presupposto per ogni cambiamento”, concludono.