Una vittoria nel nome di Paolo Rossi. Giusto e inevitabile dedicare il 3-2 dia Pescara si alla sua memoria, anche se sa un po’ di retorico e forse a lui non sarebbe tanto piaciuto. Benvenuta, comunque, la vittoria numero due in questo campionato e preghiamo gli dei del calcio affinchè arrivi anche la prima al Menti.
A proposito di Stadio Menti. Ribadisco la mia contrarietà a intitolarlo a Paolo per questi motivi: bisogna rispettare Romeo Menti, che è stato a sua volta un giocatore biancorosso, della Nazionale e del Grande Torino, con cui è morto nel disastro aereo di Superga. Una doppia intitolazione (Rossi-Menti o Menti-Rossi?) sarebbe un papocchio e una forzatura e non farebbe onore a nessuno dei due campioni. Ben più facile è la modifica per uno stadio storico ma non dedicato a un personaggio ma che porti un nome generico – come, ad esempio, il San Paolo di Napoli –: quello vicentino il suo dedicatario ce l’ha. Da settant’anni, poi, il campo di Vicenza è conosciuto nel mondo del calcio italiano e estero come “Stadio Menti” e questa è una consuetudine che va rispettata. Come ho già proposto, a Paolo andrebbe piuttosto intitolato il piazzale antistante l’ingresso centrale dello stadio, perché questa soluzione coniugherebbe più opportunità: inserire il nome di Paolo Rossi nella toponomastica cittadina; dedicare al suo nome un punto di Vicenza simbolico e coerente con la sua storia sportiva e, per di più, fisicamente collegato allo stadio; evitare che il Menti possa andare a finire chissà dove nelle periferie, perché sarebbe oltraggioso cancellare la intitolazione di quella piazza. Certo il sito, oggi articolato in modo insensato da una viabilità inventata dai fans delle “rotatorie ovunque”, anonimo e disadorno pur essendo l’accesso a uno stadio di grande tradizione sportiva, declassato a triste parcheggio, andrebbe completamente ridisegnato per trasformarlo in una piazza importante di Vicenza. E quindi: via tutti gli stalli, gli spartitraffico e le aiolette; riutilizzo dell’area trasformata in una grande esedra inibita al traffico; dotazione di un arredo urbano all’altezza con illuminazione, alberi e transennatura. E, di fianco alla serliana che fa da portale dello stadio, una statua del campione, semplice e realistica e che lo raffiguri in un suo tipico gesto sportivo. Come quello della famosa fotografia di Tranquillo Cortiana, che campeggia sulla copertina del libro di Antonio Berto “La Nobile Provinciale”.
Chiedo venia per la lunga parentesi. Torniamo a parlare di Pescara-Vicenza. Complimenti ai biancorossi, prima di tutto, perché sono riusciti a mantenere la concentrazione. Non era facile in coincidenza con lo tsunami che ha colpito Vicenza, il Vicenza e la squadra con la scomparsa di Paolo Rossi. Non era facile, anche perché in quest’occasione si è allungata la catena delle assenze, che, appena finite quelle provocate dal virus, è stata di nuovo prolungata da infortuni anche dell’ultimo momento. Non era facile, infine, per il morale del gruppo comprensibilmente depresso dai tre pareggi consecutivi che hanno seguito la lunga pausa di novembre.
Il carattere della squadra invece è emerso anche in Abruzzo e si è concretizzato nella capacità di reagire subito al vantaggio del Pescara (arrivato dopo appena 2’ dall’inizio), nella lucidità della rimonta, nella efficacia della fase offensiva.
Lo sviluppo della partita è stato contrassegnato da un avvio in cui entrambe le difese non hanno dato il meglio. Il gol del Pescara è stato agevolato da una serie di errori di quella biancorossa e fin troppo agevole è risultata la conclusione ravvicinata di Memushaj. Il pareggio del Vicenza è sicuramente merito della efficace iniziativa in fascia di Jallow ma i difensori di casa hanno toppato alla grande visto il vuoto lasciato attorno al pur puntuale Meggiorini, bravo a trovarsi al punto giusto al momento giusto ma che non ha dovuto metterci particolare abilità né per liberarsi né per fare quel gol. E anche l’impressione che si è avuta della marcatura del numero 95 di Di Carlo, in occasione del raddoppio, è che non sia stata così determinata e tempestiva. Ben indirizzato comunque il tiro di Jallow.
A proposito dell’utilizzo, assolutamente inatteso, di quest’ultimo, va riconosciuto a Mimmo Di Carlo il merito di averne colto il giusto momento di forma e di aver scelto la partita adatta per lanciarlo. Il Pescara era la seconda squadra più battuta del campionato e quindi, almeno sulla carta, l’avversario più promettente per far fare bella figura all’attaccante gambiano.
Al netto del risultato, non tutto è andato bene nel Vicenza. L’ex Cristian Galano è sembrato incontenibile e ha fatto quello che ha voluto in campo, firmando – fra l’altro – un gol eccezionale. E, finch’è ha retto, il centravanti Ceter è risultato un avversario difficile da contenere pur con il modulo a unica punta scelto da Breda. Dopo il raddoppio, poi, il Vicenza ha dato l’impressione di essere sempre in soggezione, di subire il gioco del Pescara, di limitarsi a gestire il risultato con sporadiche repliche che lanciavano le ripartenze che sono il suo marchio di fabbrica. Le statistiche del match parlano chiaro: 67% di possesso palla per i biancocelesti, 19 tiri contro 8, 5 corner a 0. Il Vicenza ha fatto 4 tiri in tutto e 3 gol, da applausi ma non sempre riesce. Per fortuna è arrivato, un po’ estemporaneo, il terzo gol dell’immancabile Dalmonte, che ha permesso ai biancorossi di affrontare con relativa tranquillità gli ultimi 20’ anche se il finale non è stato certo semplificato dalla doppia espulsione (per altro meritata) di Gori e dello stesso n. 34 vicentino.