Manca poco più di un mese alla riapertura delle scuole, dopo le vacanze estive e ben quattro mesi di chiusura forzata a causa delle sacrosante misure di contenimento della diffusione del coronavirus. In questo lungo periodo la scuola è stata sottoposta ad una dura prova, dalla quale è uscita con le ossa rotte e con delle criticità che nessuno avrebbe potuto immaginare.
Pochi giorni fa il Ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina e i suoi tecnici hanno inviato le Linee guida per la Didattica Digitale Integrata (DDI) al Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, da cui si attende un parere, ma già il mondo politico e sindacale è in subbuglio.
Infatti, mentre la Azzolina oggi, in mattinata, era a Bari, nella sede dell’Ufficio scolastico territoriale per il Tavolo regionale sulla difficile ripresa di settembre, l’ex Ministro Fioramonti, che, ricordiamolo, il 25 dicembre 2019 si era dimesso perché il Governo non era stato capace di tirare fuori tre miliardi di euro per la scuola, come egli aveva chiesto, insieme a Nicola Fratoianni, portavoce nazionale di Sinistra Italiana e altri transfughi del Movimento 5 Stelle, fanno giungere una dura lettera al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte affinché valuti di affidare urgentemente ad un decreto legge, e non a delle confuse Linee guida, la riapertura della scuola.
Le preoccupazioni del gruppo di parlamentari risultano assolutamente condivisibili, infatti si tratta, innanzitutto, di ritornare a richiedere molto di più di quei tre miliardi di euro, finiti peraltro ancora una volta a foraggiare le casse di Alitalia. Secondo le stime di alcuni sindacati occorrono attualmente circa 20 miliardi di euro, che risultano indispensabili per l’edilizia scolastica, ormai ridotta ad un colabrodo, nel senso letterale dell’espressione, visto che in molte scuole bisogna stare in classe con l’ombrello quando piove oppure fare lo slalom tra i secchi che raccolgono l’acqua nei corridoi.
Ma non si tratta solo di questo, il fatto stesso che il Ministro stia facendo il giro delle regioni per la costituzione di Tavoli regionali per la riapertura la dice lunga sul disegno che si cela dietro questa emergenza, che resta un’emergenza assolutamente nazionale e internazionale, non regionale.
Spesso i docenti che trafficano con le materie letterarie invitano i propri alunni a fare attenzione alle parole, che hanno un peso, non solo per come e quando vengono pronunciate, ma anche per come vengono scritte: le agenzie battono la notizia della costituzione di Tavoli regionali con l’iniziale maiuscola e questo è sintomatico dell’avvio di una fase nuova per la scuola, quella che prevede la gestione e l’amministrazione della scuola su base regionale, con l’istituzione di nuovi organi decisionali non previsti dalla normativa scolastica.
È oltremodo chiaro, dunque, che con la scusa della prevenzione dell’emergenza, che è palesemente un’emergenza nazionale, le cui misure devono essere prese per l’intero sistema scolastico italiano, si vada incontro in maniera del tutto ingiustificata alla regionalizzazione e alla fine del sistema nazionale di istruzione, con la conseguenza che le scuole italiane avranno qualità e velocità diverse in relazione alla portata economica dei singoli territori.
Nelle Linee Guida, inoltre, si punta ancora sulla DAD (Didattica a distanza), che diventa DDI, cioè Didattica Digitale Integrata, infatti spetterebbe a ciascuna scuola e a ciascun dirigente la responsabilità di definire le modalità, le ore e i moduli da destinare alla didattica in presenza e alla didattica a distanza, con la necessità di dare corso anche alla validità della valutazione, che nello scorso anno scolastico è stata del tutto accessoria e molto sommaria, garantendo de facto a tutti la promozione, visto che di problemi ne avevamo già avuti tanti e non era il caso di aggiungerci anche le bocciature.
E poi c’è la questione del personale carente, delle assunzioni non fatte, di un esercito di supplenti precari che risultano ogni anno indispensabili per l’avvio delle lezioni a settembre, ma che non risultano in organico nelle scuole, infatti il documento richiede «l’immissione in ruolo il prima possibile di docenti precari e personale amministrativo, con particolare attenzione agli insegnanti specializzati sul sostegno».
Ecco, sui docenti di sostegno si potrebbe aprire un’ulteriore parentesi, giacché da tempo circola voce che questi insegnanti, docenti con contratto in tutto e per tutto identico a quello dei loro colleghi curricolari, debbano, eventualmente, recarsi a casa degli alunni con Bisogni Educativi Speciali per seguirli in maniera più costante e garantirne il successo scolastico.
Premesso che a tutti i docenti sta a cuore il successo scolastico dei propri alunni e alunne, soprattutto quelli con disabilità, tale proposta ha allarmato non poco i decenti di sostegno, i quali sentono di essere ancora una volta considerati su un piano differente rispetto agli altri colleghi e di trovarsi così a mettere a repentaglio con contatti troppo ravvicinati, che sono necessari in alcune situazioni, anche l’incolumità delle proprie famiglie, senza un organo che definisca in maniera chiara le priorità pedagogiche in questa situazione, come potrebbe essere proprio il Collegio per i Bisogni Educativi richiesto dal documento.
C’è da dire, del resto, che tutto ciò viene fatto senza rivedere minimamente le condizioni del Contratto Collettivo Nazionale degli insegnanti, che non prevede questo tipo di assistenza domiciliare, se non in determinate condizioni sulla base di progetti particolari e sulla base della libera adesione dei docenti, quindi in barba ad ogni tentativo di concertazione con i sindacati, che ovviamente hanno rotto il tavolo con il Ministero.
A fronte di tutto ciò, invece, quello che ha catalizzato l’attenzione del Ministero dell’Istruzione negli ultimi giorni è la necessità, per far fronte al distanziamento fisico nelle classi, di dotare gli alunni di un banco standardizzato – cioè non individualizzato, come le programmazioni che i docenti cuciono su ogni alunni e alunna – un banco con delle prestanti rotelle, su cui il web si è simpaticamente scatenato.
E proprio in tema di Bisogni Educativi Speciali, avete la minima idea di cosa voglia dire mettere delle rotelle sotto il sedere di bambini e bambine ADHD (dall’inglese Attention deficit hyperactivity disorder traducibili nell’italiano DDAI; Disturbo da deficit di attenzione/iperattività), cioè iperattivi e con disturbo dell’attenzione, che sono sempre più in aumento nelle nostre scuole?
Se non lo sapete, provate a sentire cosa dice il caro Iacopino Melio, che di queste questioni ne sa più del Ministero (“Firenze, il candidato del Pd boccia i banchi anti Covid con le ruote: “Impossibili da usare per chi è disabile“) anche se il nostro direttore potrebbe preoccuparsi perché Melio la pensa addirittura come l’assessore veneto all’Istruzione, di tutt’altra parte politica ma che stavolta ci prende… sulle rotelle.