Fin dalle origini il Cristianesimo incontrò la filosofia, come ci attesta San Paolo nel suo Discorso all’Areopago (Atti, 17, 22-31) e la sua grande tensione alla verità. Non furono facili, all’inizio, i rapporti, tanto che lo stesso Apostolo delle genti avvertiva di stare attenti ai ragionamenti della filosofia ( cfr. Colossesi 2, 8: “Badate che nessuno vi inganni con la sua filosofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo.”), ma con il tempo e grazie alla elaborazione dei Padri della Chiesa in particolare il più noto di quella latina Sant’Agostino, il rapporto tra fede e filosofia sia è sempre più sviluppato nella tensione di entrambe alla verità;
L’una predicata da Cristo, l’altra ricercata dal lume naturale dell’uomo. San Tommaso che sopra tutto poneva la Sacra Dottrina, ossia la Parola rivelata (Bibbia), vedeva la filosofia, ossia l’umana ragione, essere l’ancella della teologia, ossia di quanto metafisicamente si può pensare di Dio. Ambedue aiutano la riflessione/contemplazione e preghiera della Sacra Dottrina.
Testimone di questo dialogo è stato ben definito da San Giovanni Paolo II nell’enciclica Fides et ratio: “La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano s’innalza verso la contemplazione della verità. E Dio ad aver posto nel cuore dell’uomo il desiderio di conoscere la verità e, in definitiva, di conoscere Lui perché, conoscendolo e amandolo, possa giungere anche alla piena verità su se stesso”, è stato Don Sebastiano Crestani (1935-2018), che lascia una interessante eredità proprio sul tema, come sottolineato dal vescovo mons. B. Pizziol nell’omelia durante i funerali.
Don Sebastiano Crestani ha prospettato il recupero della cattolicità del filosofo francese Cartesio. Nativo di Novoledo, aveva frequentato il Liceo Classico “A.Pigafetta” a Vicenza, giovanissimo fu in Uruguay, dove studiò teologia al seminario nazionale di Montevideo. Nel 1977 si laureò all’Università Cattolica di Milano nel 1977 con la tesi “Soggettivismo ignaziano in Cartesio”. Per molti anni fu cappellano militare a Lecce, dove rivestì anche il ruolo di assistente spirituale all’università statale. Trascorse gli ultimi anni del suo ministero evangelico in Guatemala, come cappellano militare, parroco, docente di metafisica nel seminario di Città del Guatemala. Da qualche tempo (17 anni) rientrato nella Diocesi di Vicenza svolgeva il suo servizio pastorale con il fratello don Sigfrido, parroco di Longare.
Il suo sforzo filosofico e teologico si è concentrato in particolare su Sant’Ignazio di Loyola, arrivando a predisporre esercizi spirituali per preti, religiosi e laici in chiave ascetico-ignaziana, nonché un pellegrinaggio filosofico-esperienziale che parte dalla Spagna, per passare poi in Francia quindi in Italia, a Monte Berico, che Ignazio di Loyola visitò nel 1537. Convinto assertore della necessità di riabilitare Cartesio, nel 2004 fu tra i fondatori a Vicenza dell’Oratorio-circolo ignazio-cartesiano, che propose una nuova intitolazione di Porta Nuova a Vicenza (Via G. Mazzini) in “Arco filosofico” (2006) collocandone ai lati i mezzibusti in pietra di Ignazio di Loyola e Cartesio. Qualche anno più tardi, monsignor Crestani fece collocare sulla collina di Longare altre due statue del santo spagnolo e del filosofo francese, a cui aggiunse quelle di San Sebastiano e di Galileo Galilei.”Forse Dio mi vorrà in Terra finché non riuscirò a riabilitare il mio Cartesio», scherza così. In Guatemala: durante la sua missione in America lei ha rischiato la vita. «Posso dire di essere sopravvissuto per miracolo. Fui coinvolto in un’imboscata provocata dall’esercito per intorbidire le acque durante una visita di Kofi Annan. Mi raggiunsero cinque pallottole. Ancora oggi porto i segni di quelle ferite: non vedo da un occhio e l’orecchio vicino è rimasto completamente sordo.
Don Sebastiano Crestani fu autore di diversi saggi a partire dal 1970 sulla metafisica, il personalismo, la spiritualità e i due autori che furono sempre nella sua attenzione filosofia e spirituale (Sant’Ignazio e R. Cartesio). Nel suo saggio “Il momento e l’elemento. Ordinalità e cardinalità”, composto durante il viaggio in Guatemala “Citando Cartesio si può dire che egli tracci la via dell’esistenza: con l’ordinalità si va a Dio che è il primo, se qualcosa è primo allora è anche più grande di tutte le altre cose”, l’unico di cui non si può pensare il maggiore, riprendendo la prova ontologica di Sant’Anselmo d’Aosta. Nei suoi testi, dal primo Gli esercizi spirituali di s. Ignazio per una teologia pastorale, (s. Ignazio dottore della chiesa?), Lecce, s.n. 1970 all’ultimo: Il germoglio. Messieur Cresebe le Cartésién,Vicenza, L’Oricanno, 2017, il sacerdote filosofo indicava una costante tensione/esigenza totale di unire sempre la fede con la ragione, dove il verum si fondi con il bonum e dia alla vita comune lo justum, sapendo cogliere il grande valore dell’ascesi come pensiero-cuore sul mondo, per il mondo e i suoi non sempre degni abitanti, senza rimanere invischiati solo nelle cose del mondo. Una visione capace di cogliere nel presente l’urgenza del trascendente, dove il dubbio sia metodo di ricerca, come già Sant’Agostino affermava, e non scetticismo proprio sul fondamento dell’uomo, come creatura di Dio. Don Sebastiano cercò sempre di porre in luce la dignità dell’uomo, fu tra i primi a comprendere che la differenza non porta a inferiorità, ma semmai a complementarietà cfr. Il significato della distinzione sessuale nell’uomo ad immagine di Dio, Lecce,s.n., 1972.
L’eredità di questo presbitero vicentino che si aggiunge a quella dei tanti altri pensatori berici, è degna di nota e se il mondo non fosse continuamente abbagliato da mode e da ogni vento di pseudo-dottrina, tornerebbe certo alla tensione, cara a don Sebastiano, alla sapienza, ricercata dall’uomo fin dalle sue origini, Adamo primo filosofo, ma incapace di essere pienamente se stessa se non si pone a pensare Dio e a quanto ha rivelato.
Ben avrebbe condiviso le parole/ appello di San Giovanni Paolo II nell’enciclica menzionata: “Il mio appello, inoltre, va ai filosofi e a quanti insegnano la filosofia, perché abbiano il coraggio di ricuperare, sulla scia di una tradizione filosofica perennemente valida, le dimensioni di autentica saggezza e di verità, anche metafisica, del pensiero filosofico. Si lascino interpellare dalle esigenze che scaturiscono dalla parola di Dio ed abbiano la forza di condurre il loro discorso razionale ed argomentativo in risposta a tale interpellanza. Siano sempre protesi verso la verità e attenti al bene che il vero contiene. Potranno in questo modo formulare quell’etica genuina di cui l’umanità ha urgente bisogno, particolarmente in questi anni.”
A cura di Sergio Benetti e Italo F. Baldo
La Voce del Sileno anno 3