Abrogazione abuso in atti d’ufficio più attuale con caso Tesei, il punto dell’avv. prof. Rodolfo Bettiol: grave errore oltre che violazione della normativa UE

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L’abuso in atti d’ufficio e la sua abrogazione: implicazioni
L’abuso in atti d’ufficio e la sua abrogazione: implicazioni

L’originaria formulazione dell’art. 323 C.P. dell’abuso in atti d’ufficio (questa analisi dell’avv. prof. Rodolfo Bettiol del 18 luglio scorso torna d’attualità per il caso Teseo in Umbria, ndr) prevedeva il fatto del Pubblico Ufficiale che abusando dei poteri inerenti alle proprie funzioni commettesse un fatto non previsto da una particolare disposizione di legge per procurare ad altri un vantaggio o un danno.

Nel sistema originario del codice si trattava di una norma sussidiaria di limitata applicazione.

Le cose cambiano con la riforma del 1990, che abolisce il delitto di interesse privato in atti d’ufficio ed il peculato per distrazione e viene riformulato l’art. 323 C.P. per concentrarlo sulla condotta di abuso d’ufficio al fine di procurare a se o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale e non patrimoniale o di arrecare ad altri un danno ingiusto. Nell’intento del legislatore sarebbero rientrati nella fattispecie fatti che presentano i vizi dell’atto amministrativo (incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere), limitando l’intervento del giudice penale.

In quest’ordine d’idee si arriva alla riforma del 1997. Viene riscritto l’art. 323 C.P che prevede il fatto dal Pubblico Ufficiale o dell’incaricato di un Pubblico Servizio che nell’esercizio delle sue funzioni o del servizio in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti procura un ingiusto profitto patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto.

La nuova fattispecie si incentra sulla doppia ingiustizia quella della condotta e dell’evento.

Evidente l’intento del legislatore: eliminare dal controllo del giudice penale l’eccesso di potere, vizio che si riscontra particolarmente nell’ambito dell’esercizio discrezionale dell’attività amministrativa.

La giurisprudenza peraltro richiamando l’art. 97 della Costituzione con particolare riferimento all’imparzialità ha fatto rientrare l’eccesso di potere nell’ambito della norma incriminatrice.

In pratica la giurisprudenza ha affermato il proprio diritto e dovere da sindacare il merito dell’attività amministrativa anche in ipotesi di esercizio della discrezionalità dell’attività amministrativa stessa.

Di conseguenza nel 2020 è intervenuta una nuova formulazione dell’art. 323 C.P. sostituendo la violazione di legge o di regolamento con “la violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e delle quali non residuano margini di discrezionalità”.

Resta l’obbligo di astenersi in presenza di un conflitto di interessi.

Ancora una volta il legislatore tenta di escludere la rilevanza penale dell’eccesso di potere al fine di evitare il sindacato dell’autorità giudiziaria sull’attività discrezionale della pubblica amministrazione.

L’intento del legislatore è stato peraltro frustrato dalla magistratura.

Afferma la Cassazione che quando il contenuto di una norma di fonte secondaria specifica la condotta, la violazione di quest’ultima si traduce nella violazione della stessa fonte legislativa: vedi ad esempio la normativa urbanistica.

Nella sostanza afferma la Corte di Cassazione se c’è una distorsione funzionale dai fini pubblici perché risultano perseguiti nel concreto svolgimento delle funzioni o del servizio interessi oggettivamente difformi o collidenti con quelli per i quali il potere discrezionale è attribuito, c’è una violazione della legge che attribuisce al pubblico ufficiale il relativo potere pubblico.

Come dato vedere vi è una rincorsa tra il legislatore e la magistratura.

Lo stesso tenta di limitare il controllo della stessa, ma la magistratura se ne riappropria.

Si è arrivati dunque all’abrogazione dell’abuso d’ufficio.

A giustificazione si afferma che di fronte all’elevato numero dei procedimenti si riscontrano poche condanne.

La norma, poi, porterebbe al fermo della firma bloccando l’attività amministrativa.

Orbene, se si può anche affermare che vi sia stato un abuso… dell’abuso in atti d’ufficio da parte delle procure si può affermare la necessità di opportuni interventi disciplinari a carico dei pubblici ministeri.

L’abrogazione dell’abuso in atti d’ufficio è tuttavia un grave errore oltre che una violazione della normativa dell’Unione Europea.

Non è possibile lasciare impuniti atti di prevaricazione o di affarismo.

Si pensi ad esempio al rilascio di un permesso a costruire in area inedificabile, all’esclusione indebita da un concorso, o ad un affidamento in conflitto di interessi.

La tutela amministrativa non è sufficiente ed è costosa e alla fine non colpisce il Pubblico Funzionario responsabile di atti illegittimi.