Fiamme Gialle a Villa Minelli. E a mandarle, due giorni fa, è stata l’Antitrust. Il gruppo Benetton, è questo il tema dell’indagine, potrebbe aver violato la legge 192 del 1998 sull’abuso di dipendenza economica, imponendo ad un rivenditore della propria rete in franchising, di «mantenere una struttura di vendita e un’organizzazione commerciale disegnata sulle sue esigenze e tale da impedire di gestire in autonomia la propria attività commerciale». La casa veneta del casual, ora, ha 60 giorni per replicare e il procedimento dovrà concludersi entro il 31 dicembre 2021.
Nel frattempo, tuttavia, fa sapere che con lo stesso promotore della lite in passato c’erano state altre vertenze legali su questioni collegate, ma di competenza della magistratura civile, risolte a proprio favore. E la questione era stata affrontata in vari contenziosi, fanno sapere da Benetton, anche in più gradi di giudizio e in regioni diverse, senza che si sia riscontrato abuso di dipendenza economica, nel più rigoroso rispetto della normativa vigente.
«Il gruppo non ha dubbi sulla estraneità a qualsiasi pratica commerciale riconducibile all’abuso di dipendenza economica – sostiene Benetton in una nota – così come a qualsiasi attività illecita o scorretta nella gestione del rapporto con i clienti-retailer».
E ancora: «L’ampia documentazione già passata al vaglio dell’autorità giudiziaria e l’esito favorevole dei relativi giudizi, unitamente alla piena collaborazione e disponibilità fornita alle attività istruttorie, consente a Benetton di confidare di provare con esaustiva chiarezza anche all’Antitrust la propria posizione di assoluta legittimità e correttezza».
Argomenti che l’Antitrust non ritiene così automatici: «L’Autorità – rimarcano i legali romani – è tenuta a svolgere in base alla legge le competenze affidatele, accertando e sanzionando gli abusi di dipendenza economica tali da pregiudicare il libero gioco della concorrenza, per cui, all’evidenza, l’accertamento di uno specifico rapporto contrattuale da parte dell’autorità giudiziaria non impedisce all’Autorità il legittimo esercizio dei propri poteri».
Benetton, per parte sua, fa sapere di non voler contestare in alcun modo il lavoro dell’Antitrust, pur rimanendo convinta che le conclusioni in sede civile non siano prive di rilievo rispetto a quella amministrativa.
La vicenda nasce dall’iniziativa del titolare di Miragreen, una srl di Lodi fallita nel 2018, con due negozi Benetton a Treviglio (Bergamo). L’imprenditore lamenta «condotte asseritamente abusive» e la presenza nel contratto di «clausole che avrebbero ostacolato, se non impedito, lo svolgimento in utile della propria attività, sino a causarne la cessazione».
Benetton avrebbe stabilito, è la tesi, a propria discrezione quali e quanti ordini indirizzare ai negozi così da incidere nelle scelte strategiche del rivenditore; e, dato che il gruppo di Ponzano «gestisce una significativa rete commerciale in franchising, il modo di operare potrebbe avere un impatto significativo – si legge nella delibera che il 17 novembre avvia l’indagine dell’Antitrust – su tutti gli imprenditori che costituiscono la rete in questione, a danno del gioco concorrenziale nel mercato». L’Antitrust non manca di far presente che in ogni singola presenza di insegne Benetton «la progettazione e la realizzazione del punto vendita implicano un impegno economico posto interamente a carico dell’affiliato». E che le regole del contratto riservano anche un diritto di controllo sul budget stagionale dell’affiliato, sull’ampiezza del magazzino e sulle modalità degli ordini.
Secondo il bilancio integrato 2019 di Benetton Group, in Italia su 1.249 punti vendita 1.147 sono quelli indiretti, che comprendono quelli in franchising.
Gianni Favero sul Corriere del Veneto