Abuso d’ufficio, Il Sole 24 Ore dopo lo stop: “Ecco gli effetti su processi e sentenze”

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Carlo Nordio, ministro della Giustizia nel Governo Meloni

È previsto nelle prossime ore il via libera finale alla riforma della giustizia targata Nordio che ha già fatto registrare l’abrogazione dell’abuso d’ufficio. La disposizione è stata approvata in via definitiva nei giorni scorsi e porterà la revisione di condanne definitive.

Oggi, su Il Sole 24 Ore, Valentina Maglione approfondisce gli effetti di questa decisione partendo dai dati emersi dopo che nel 2020 il reato in questione aveva già subito una restrizione della sua portata.

Riforma – si legge – che ha senza dubbio contribuito a ridurre i numeri dei fascicoli. In base ai dati del Ministero della Giustizia, nel 2022 nelle procure sono sopravvenuti 3.938 procedimenti con autori noti, il 17% in meno dell’anno precedente. La Procura di Milano ha registrato 36 procedimenti iscritti con autori noti nel 2021, 30 nel 2022 e 17 nel 2023 (ma 14 nel primo semestre di quest’anno). Quanto ai procedimenti pendenti, alla Procura di Milano al 1° luglio scorso erano 31 contro noti (di cui 18 iscritti nel 2023 e nel 2024), con 227 indagati (altri 79 procedimenti erano aperti contro ignoti). Nei tribunali le iscrizioni si sono quasi dimezzate nell’arco di sei anni: nel 2022 sono stati avviati 4.198 procedimenti di fronte alle sezioni Gip/Gup contenenti il reato di abuso d’ufficio, il 47% in meno del 2016, e 316 in sede di dibattimento, il 45% in meno del 2016.

Numeri in calo, quindi, ma comunque elevati, su cui resta alto il filtro della magistratura: le Procure nel 2022 hanno definito 4.481 procedimenti, nel 79% dei casi chiedendo l’archiviazione (dato in aumento, anche per il più stringente canone introdotto dalla riforma Cartabia), mentre solo in 360 casi è iniziata l’azione penale. Attività che si riflettono sui tribunali: nel 2022 le archiviazioni della sezione Gip/Gup sono state 4.137, l’87,5% dei 4.729 procedimenti definiti. Mentre sono state 20 le condanne e 22 i patteggiamenti, oltre a 33 condanne in dibattimento”.

Segue dunque un quesito: questo trend sarà cancellato dopo l’approvazione della riforma? L’articolista del giornale economico risponde così: “Non esattamente. L’abuso d’ufficio è un reato che raramente viene contestato da solo, anche perché difficile da provare, in quanto le soglie di pena previste (da uno a quattro anni) non consentono l’uso delle intercettazioni. Spesso è accompagnato da altri reati: soprattutto dall’ipotesi di falso in atto pubblico (nell’11,5% dei casi presso le sezioni Gip/Gup e nel 31,8% nel dibattimento). I procedimenti per altri capi d’accusa proseguiranno anche dopo la riforma. Mentre, nel caso di condanne che riguardano altri reati oltre all’abuso d’ufficio, sarà necessario rideterminare la pena.

Occorrerà anche tenere conto del nuovo reato di «indebita destinazione di denaro», che il Governo ha introdotto la scorsa settimana (è in vigore dal 5 luglio). La fattispecie, recuperando alcuni aspetti della condotta dell’abuso d’ufficio, colpisce (con la reclusione da sei mesi a tre anni) il pubblico ufficiale che destina denaro o altri beni a un uso diverso da quello previsto da leggi da cui «non residuano margini di discrezionalità». Comportamenti che finora erano inquadrati (dopo l’abolizione del peculato per distrazione) nell’abuso d’ufficio”.

Fonte: Il Sole 24 Ore