Ah, le accise sui carburanti! Una di quelle eterne promesse elettorali di eliminarle o, almeno, di ridurle che si ripresentano con la puntualità di una tassa non pagata. Si potrebbe quasi dire che abbiano più vite di una fenice: le accise muoiono durante le campagne elettorali e risorgono dopo ogni vittoria.
Prendiamo ad esempio Giorgia Meloni: nel 2019 in un video invecchiato male, guidando allo stesso tempo un SUV e il suo partito ancora in ascesa, chiedeva la progressiva abolizione delle accise. Ora la strada le sembra più lunga di quanto pensasse e, poi, promettesse. Matteo Salvini, sempre in vena di proclami, nel 2018 prometteva di eliminare in fretta e furia sette accise, ma anche quelle sono ancora con noi dopo che il Governo Draghi, in pieno 2022, tra un aumento di prezzi e un’invasione russa, aveva pensato bene di tagliare le accise ma solo temporaneamente.
Ma veniamo al cuore della questione: perché il gasolio dovrebbe godere di un trattamento di favore rispetto alla benzina? In Italia, le accise sul gasolio sono inferiori rispetto a quelle della benzina, lo dice il ministero dell’Ambiente, che ogni anno ci porta a ricorda come questa disparità sia priva di ogni logica ambientale. Come se stessimo ancora vivendo nell’epoca delle prime rivoluzioni industriali, dove il carbone era il re e il gasolio il suo erede naturale di cui incentivare l’uso. Ma siamo nel 2024, e l’Unione Europea ci ha già dato qualche “dolce” raccomandazione: sarebbe ora di ridurre questi sussidi che fanno male all’ambiente e alla logica.
Ed è proprio qui che entra in scena il Governo italiano. Sì, perché nel suo piano strutturale di bilancio, viene menzionato il mitico “allineamento” delle accise su benzina e gasolio. Ma attenzione, non stiamo parlando di una semplice parificazione. Ci sono piani più complessi in atto, come in una partita a scacchi dove si sacrifica un pedone per salvare la regina. Solo che qui i pedoni sono i consumatori di carburante (aziende e non), e la regina è l’entrata fiscale dello Stato.
Ecco il trucco magico: oggi il gasolio è tassato a 61,7 centesimi al litro, mentre la benzina arriva a 72,8 centesimi. Far convergere le due accise a metà potrebbe sembrare una soluzione diplomatica, ma nasconde un piccolo dettaglio: il gasolio viene utilizzato circa 2.5 volte in più della benzina e quindi i suoi consumatori (principalmente gli autotrasportatori) pagheranno di più, molto di più. Parliamo di 1,6 miliardi di euro in più, mentre chi acquista benzina risparmierà “solo” 600 milioni per un gettito netto derivante dall’applicazione della misura in questi termini di 1 miliardo. Sembra un affare equo, vero? Una vera e propria rivoluzione fiscale che Cesare stesso approverebbe, se non fosse che probabilmente gli autotrasportatori non vedranno l’aspetto “equilibrato” della questione. Da qui le… smentite del MEF: vere o false?
D’altro canto, se proprio volessimo essere ottimisti, potremmo immaginare che il Governo abolisca qualche vecchia accisa. Sì, proprio come la famosa accisa per finanziare la guerra di Abissinia del 1935, che ancora ci accompagna come un fastidioso ricordo del passato. Ma, si sa, ogni promessa di abolizione richiede copertura finanziaria, e trovare quei fondi è più difficile che scovare l’El Dorado.
Alla fine, ci ritroviamo in balia di queste dinamiche, dove i numeri ballano più di Fred Astaire e ogni decisione sembra rimandata a un futuro che non arriva mai.
Un po’ come aspettare Godot.