Mentre rimangono ancora da comprendere le motivazioni profonde dell’abbandono della carica di amministratore delegato di Italian Exhibition Group da parte di Ugo Ravanelli, il mondo della politica si interroga su quale potrà essere il futuro della stessa Ieg, ovvero la società romagnola quotata in borsa che è proprietaria sia della fiera riminese che di quella berica. «Si tratta di una novità che ho accolto con una certa preoccupazione» rimarca l’ex sindaco democratico di Vicenza Achille Variati il quale, parlando di dimissioni «inaspettate», spiega di essere «rimasto assai sorpreso» della scelta del manager.
Dunque Variati, lei si dice preoccupato per quello che i media hanno definito un fulmine a ciel sereno? Perché le dimissioni di Ravanelli, che nei commenti ufficiali parla di scelta quasi normale, debbono far riflettere la politica berica?
«Guardi io sono fuori dai giochi della politica locale. Però le parlo non solo da cittadino ma anche da ex sindaco, visto che all’epoca fui io a mettere la firma sull’accordo che prevedeva la cessione della fiera di Vicenza ai riminesi. Le dico, rispetto ad episodi del passato in qualche modo simili, quello cui abbiamo assistito in questi giorni è un passaggio davvero molto più delicato».
E perché mai?
«In passato ai vertici delle fiere sia di Rimini sia di Vicenza ci sono sempre stati degli avvicendamenti, in parte è nella natura delle cose. Il momento che stiamo vivendo però è diverso. Ieg, ricordiamocelo, è quotata in borsa . E quando si è quotati si è sempre, più o meno, soggetti alla speculazione dei mercati» (dal 28 agosto, giorno delle dimissioni, il titolo è sceso da 4.20 euro a 3.79, il livello del primo collocamento, ndr).
Lei, Variati, conosce i motivi alla base della scelta di Ravanelli?
«Francamente io so solo quanto è uscito sulla stampa. E devo dire che guardando agli avvenimenti di questi anni rimango ancora più convinto della bontà della vendita a Rimini».
Sì, però il suo successore ossia l’attuale primo cittadino Francesco Rucco più volte criticò il suo convincimento sfociato poi in un accordo in Romagna. Sì o no?
«Sì è vero. Però io resto convintissimo di quell’accordo. L’operazione fu fatta allora perché la fiera di Vicenza, pur a fronte di un esercizio in ordine, aveva una posizione debitoria, ovvero un indice di indebitamento rispetto ai ricavi, che non le avrebbe permesso investimenti di una certa portata».
Ma non sarebbe bastata una prudente strategia di rafforzamento?
«Non credo proprio. Il comparto fieristico oggigiorno si è fatto oltremodo agguerrito. Servivano e servono investimenti che io definirei assolutamente necessari: anzi strategici. Purtroppo all’epoca i tre soci della fiera di Vicenza, ovvero il comune, la provincia e la Camera di commercio per motivi vari non avrebbero potuto sostenere tale sforzo che si sarebbe dovuto materializzare con un robusto aumento di capitale».
In un contesto del genere però c’è una domanda che ciclicamente nasce spontanea. Se Rimini paga gli investimenti non è poi che prima o poi, le fiere più redditizie della città del Palladio finiranno in Riviera?
«Sono dubbi che non hanno alcun fondamento. Va detto però che se la Fiera di Vicenza vuole stare nel mercato e vuole starci da protagonista quegli investimenti di ampia portata devono diventare realtà e la cosa deve avvenire in fretta».
Altrimenti?
«Altrimenti tra cinque, sei anni la Fiera di Vicenza andrà sì in crisi. Per questo da tempo io penso a iniziative di ampio respiro anche sul piano immobiliare. E per questo io insistetti a lungo per la realizzazione di una stazione dell’alta velocità in Fiera».
Dopo l’abbandono di Ravanelli il presidente di Ieg, Lorenzo Cagnoni, che peraltro ha assunto ad interim la carica di Ad, sulla stampa ha garantito che il piano di investimento per Rimini e per Vicenza rimarrà immutato. Lei ha letto quelle dichiarazioni?
«Sì, le ho lette e le ho trovate rassicuranti».
Ma ci crede davvero, Variati?
«Ripeto, io le ho trovate rassicuranti. Il punto è un altro però».
E sarebbe?
«Ora spetta anche ai territori e in qualche modo anche alle giunte comunali sincerarsi che ai buoni propositi seguano i fatti».