Achille Variati si apre al Corriere: i sindaci virtuosi potranno spendere, sull’autonomia Zaia fa solo propaganda

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Achille Variati saluta la stampa a Piazza dei Signori dopo la nomina a sottosegretario agli interni
Achille Variati saluta la stampa a Piazza dei Signori dopo la nomina a sottosegretario agli interni

Vicenza Achille Variati, esponente di spicco del Pd veneto e sottosegretario all’Interno nel governo «Conte-bis», va fiero soprattutto di una cosa: aver fatto il sindaco di Vicenza per due mandati (con un’esperienza anche negli anni Novanta) e conoscere fin nei minimi particolari il funzionamento della macchina amministrativa dei Comuni. Per questo, il suo primo atto ufficiale è una «richiesta di revisione» della legge delega del Tuel (Testo unico degli enti locali), in vigore dal 2000. «La ratio della mia proposta – spiega – è quella di liberare i Comuni e i sindaci da lacci e lacciuoli che appesantiscono i lavori delle amministrazioni».

Spieghi di cosa si tratta, Variati…

«Un Comune che nel triennio precedente ha dimostrato di essere in equilibrio di bilancio deve essere messo nelle condizioni, al netto della certezza che l’equilibrio di bilancio sia comunque garantito, di spendere i soldi in avanzo come vuole. Via tutte le limitazioni, quindi. Una carta da giocarsi soprattutto con il personale, dagli agenti della municipale agli impiegati. Quando ero sindaco non riuscivo a fare questo. Spero che con questa mia richiesta di revisione del Tuel la situazione cambi».

Saranno contenti i suoi ex colleghi sindaci, che di recente, proprio attraverso il Corriere del Veneto, hanno lamentato la loro «solitudine»…

«Penso proprio di sì. Semplificazione, efficienza, capacità di dare servizi alle persone e alle aziende, questo deve essere il filo conduttore della nostra azione di governo».

Dagli enti locali all’autonomia – tanto cara al Veneto – il passo è breve…

«Parto da una considerazione: questo governo deve essere in grado di stupire per le cose che saprà fare. E dovrà comunicare bene, usando un linguaggio diverso, specie sull’autonomia».

Tutto questo per dire…

«Che al di là della propaganda che è stata fatta dalla Lega e dal governatore del Veneto Luca Zaia sull’autonomia, una cosa è certa: il lavoro fatto dal governo precedente non era a buon punto. Anzi, su materie importanti come la scuola c’era ritrosia da parte degli stessi ministri leghisti».

In pratica, era tutto in alto mare…

«Esatto, specie per Veneto e Lombardia. Lo dico perché adesso sembra che tutto fosse a posto e che il cattivo governo, il nostro, voglia perdere tempo. Invece non è così».

E com’è, sottosegretario Variati?

«La legge quadro presentata dal ministro Francesco Boccia serve essenzialmente a raggiungere un obiettivo: far votare a maggioranza assoluta tutto il Parlamento. Se non si arriva a questo, si fa nulla. Tutto ciò serve anche a togliere dal tavolo il pregiudizio che il Veneto voglia dividere l’Italia, scaricando il Sud. Il Veneto non è egoista. Anzi, è pratico, concreto e lavoratore. E su questa tema, forse perché troppo schiacciata sul mantra leghista, il precedente ministro, Erika Stefani, non è riuscita a fare alcunché».

Poi c’è il capitolo Lep (Livelli essenziali di prestazione)…

«Per procedere con l’articolo 116 della Costituzione (quello che concede alle Regioni che ne facciano richiesta l’autonomia differenziata, ndr) serve che i conti siano in equilibrio rispetto a tutti i principi costituzionali e per fare questo, come dice lei, vanno garantiti in tutto il Paese i Lep».

Che non esistono però…

«Vero, ma tutto dipende dagli input. Finora nessun governo li ha dati. Noi li daremo, secchi e perentori. I tecnici, al Sose e nei vari ministeri interessati, ci sono».

E una volta fatti questi benedetti Lep…

«L’autonomia si baserà su di loro, non sulla spesa storica. Questo lavoro sulla legge quadro che il ministro Boccia vuole portare a termine in pochi mesi per poi passare alla fase delle materie, è fondamentale. Perché non porta via niente a nessuno e in un’ottica perequetiva spinge tutte le Regioni ad avere qualcosa in più. E noi ci stiamo lavorando “pancia a terra”»…

Guardi che questa è la frase mantra del governatore Zaia…

«Adesso la uso anch’io. Zaia, tra l’altro, in tema di autonomia è uno che predica bene e razzola male… Quando ha dovuto creare una specificità per Belluno e la zona montana, dalle mie parti si dice “ciao Ninetta”».

Visto che abbiamo parlato di Zaia, in vista delle Regionali è plausibile attendersi un’alleanza tra Pd e M5s, come auspicato anche ieri dal suo segretario nazionale Nicola Zingaretti?

«Questo governo nasce non da un contratto, come il governo precedente. Nasce su pochi punti, ma condivisi. E c’è un’alleanza politica sulle cose da fare. Quindi, penso che due forze politiche così importanti avrebbe senso che dialogassero anche sui territori. Ma non può esserci nessuna naturale conseguenza, bisogna sfruttare i prossimi mesi per portare avanti un confronto. Se ci saranno obiettivi condivisi, allora dico sì a correre assieme come alternativa a Zaia, che ha grandi qualità ma anche grandi buchi, specie a livello infrastrutturale e gestionale».

E con il Pd frammentato, con Renzi e Calenda che se ne vanno per i fatti loro, come la mettiamo?

«Di movimenti personalistici ne abbiamo visti diversi. Penso a Di Pietro ad esempio. Sono meteore. Lo spezzettamento è tipico della politica di oggi, costruita sul mito del leader. Vedrà come finirà anche la Lega che si è trasformata nel partito di Matteo Salvini… Io sono per il partito popolare, non per il partito populistico che cavalca il problema e apposta non lo risolve».

Sì, ma il Pd, specie in Veneto, non è poi tanto popolare visti i recenti risultati elettorali…

«Nel tempo il Pd ha perso la capacità di parlare al popolo, alla gente, dimostrando di avere poca concretezza e, soprattutto, poche proposte. Ed è qui, solo qui, che bisogna intervenire».

di Antonio Spadaccino, da Il Corriere del Veneto