Il progresso impone stadi di avanzamento degni di un significativo cambio di rotta, da un punto di vista scientifico e culturale, ma anche giuridico: nonostante il persistente radicamento di una nozione di famiglia ‘tradizionale’, «società naturale fondata sul matrimonio», non v’è dubbio che il concetto di unione familiare abbia subito una importante evoluzione. Sono sempre più numerose le famiglie non rette da vincolo matrimoniale, per libera scelta o per l’impedimento dovuto all’uguaglianza di sesso.
Importanti passi in avanti verso il pieno riconoscimento dei diritti d’ogni formazione familiare, la cui tutela costituzionale è espressa già dall’art. 2, sono stati compiuti dalla c.d. legge Cirinnà (n. 76 del 2016), di «Regolamentazione delle unioni civili tra persone delle stesso sesso e disciplina delle convivenze», la quale ha ricondotto sotto l’egida della ‘famiglia’ anche delle convivenze registrate e unioni civili.
Il provvedimento normativo rappresenta l’epilogo di un dibattito che parte lontano nel tempo e vince i timori dei tanti preoccupati da un possibile stravolgimento dell’assetto sociale consolidato. Dando ragione alla parte più accorta della dottrina, che da decenni invocava una lettura della Costituzione non ridotta all’art. 29, espressamente la legge Cirinnà «istituisce l’unione civile tra persone dello stesso sesso quale specifica formazione sociale ai sensi degli articoli 2 e 3 della Costituzione e reca la disciplina delle convivenze di fatto».
C’è ancora da fare e la normativa può essere migliorata, ma la riforma restituisce alla convivenza e alle unioni civili la dignità che meritano quali formazioni sociale dove «si svolge la personalità dell’individuo» (art. 2 cost).
A tutt’altra velocità viaggia la normativa in tema di adozione.
In disparte delle c.dd. situazioni speciali, la l. n. 184 del 1983, ancora in vigore, ammette all’adozione soltanto i «coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni tra i quali non sussista separazione personale neppure di fatto e che siano idonei ad educare, istruire ed in grado di mantenere i minori che intendono adottare».
Letta sotto il nuovo prisma del concetto di famiglia, la legge sull’adozione potrebbe presentare quantomeno profili di dubbia coerenza normativa. Una lettura sistematica del corredo giuridico non può permettersi discromie normative.
Il puzzle è incompleto.
Eppure non mancano le sollecitazioni da parte degli organi europei nel verso di una maggiore apertura. La stessa Convenzione di Strasburgo non pone alcun limite, puntando piuttosto al c.d. best interest of the child e rimettendo ai singoli Stati la possibilità di determinare i requisiti e le condizioni per l’adozione da parte di persone non unite da vincolo del matrimonio.
La ragione per la quale sono da sempre escluse le convivenze starebbe, almeno nel dichiarato, nella minore stabilità del vincolo rispetto a quello matrimoniale; detto altrimenti, l’unità familiare sarebbe esposta a un rischio di frattura più elevato in assenza di formale assunzione dell’impegno. Un (pre)giudizio che non può gravare sui diritti fondamentali di tanti. È inutile riportare il dato del numero, crescente, di separazioni e divorzi, peraltro oggi a più facile accesso per via delle procedure semplificate, nei tempi e nelle formalità.
L’evidente disarmonia normativa espone a un’ingiustificata disparità di trattamento: il mancato riconoscimento del diritto all’adozione tradisce lo spirito dell’art. 3 cost., nonché di tutte le disposizioni a protezione del fanciullo, che ne evidenziano semplicemente il bisogno di amore, di tutela e di un ambiente familiare sereno e sano per lo sviluppo delle sue strutture psico-emotive.
L’obiettivo dovrebbe essere quello di assicurare al minore (si ricorda) che si trovi in stato di abbandono, in concreto e senza approcci di stampo formalistico, la possibilità di accedere a un contesto di vita adeguato a una crescita sana. La capacità di esercitare la responsabilità genitoriale e la qualità del contesto di vita devono poter essere verificati volta per volta sulla base delle particolari circostanze.
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Fonte: Adozioni e famiglia