di Don Matteo Losapio e Michele Lucivero. Fra obiettivi raggiungibili e buone intenzioni, l’Agenda 2030 rimette al centro del dibattito politico internazionale la necessità di sconfiggere la povertà attraverso adeguate misure nel campo dell’economia, ma è interessante notare come il primo elemento che emerga, accanto alla parola povertà, sia la questione della vulnerabilità.
I poveri, infatti, non sono persone che non hanno da mangiare (o meglio non sono solo persone che non hanno nulla da mangiare), ma sono persone vulnerabili, persone che non hanno un riconoscimento e una tutela nella società, non hanno garanzie per poter avviare attività legate al proprio talento e dare sfogo liberamente alla propria genialità.
Nel loro testo L’economia dei poveri[1], i due coniugi Abhijit Banerjee e Esther Duflo, premio Nobel per l'economia nel 2019, riportano che nei cinquanta paesi in cui vi è la maggior parte delle persone povere, queste ultime vivono con una cifra giornaliera che, rapportata in linea generale ai consumi e allo stile di vita occidentale, risulterebbe pari a 99 centesimi di dollari al giorno.
Al di là della questione legata all’impellenza di cercare del cibo, il problema è che con 99 centesimi di dollaro al giorno non è possibile accedere all’istruzione, all’informazione, alla sanità, ai trasporti, ma nemmeno agli strumenti finanziari che permettono di uscire definitivamente dalla povertà.
È evidente, dunque, che l’idea di povertà e le questioni sociali legate alla povertà sono di gran lunga più ampie del semplice accesso ai beni primari.
Quando si parla di poveri, oggi, non si può più pensare solo a coloro che non hanno cibo, i quali costituiscono comunque un’ampia fetta della popolazione mondiale, ma si tratta di riconoscere che la povertà ha molte forme, spesso problematiche, riconducibili, in primo luogo, a enormi pregiudizi legati alla drammatizzazione della loro condizione oppure alla colpevolizzazione tipicamente occidentale e calvinista della povertà. I poveri, infatti, compaiono spesso «nella veste di dramatis personae di un aneddoto edificante o di un episodio drammatico, come soggetti da ammirare o da compatire, ma mai come fonte di conoscenze o come persone a cui chiedere cosa pensino o cosa desiderino»[2].
In secondo luogo, la possibilità di affrontare e sconfiggere la povertà da parte degli occidentali, che dovrebbero farsi carico della situazione anche solo per la responsabilità legata alla considerazione dei paesi in via di sviluppo come necessari mercati di sbocco, è legata all’applicazione di modelli, idee e teorie perlopiù inapplicabili per altri contesti storici e geografici, di cui essi non comprendono a fondo la posta in gioco: «Troppo spesso l’analisi economica della povertà viene confusa con un’analisi economica povera: giacché i poveri possiedono molto poco, si presume che non ci sia nulla di interessante nell’economia della loro vita. Purtroppo questo equivoco pregiudica gravemente la lotta contro la povertà nel mondo»[3]
Insomma, la povertà è una questione molto complessa e, come abbiamo già affermato, i poveri, in quanto vulnerabili, sono coloro i quali non hanno tutele, per cui il primo obiettivo dell’Agenda 2030 dovrebbe essere quello di incrementare la protezione giuridica ed economica delle fasce povere della popolazione non solo della singola nazione, ma di tutti i continenti.
Attuare politiche di welfare, di sostegno alle famiglie, di assistenza sociale, sanitaria, di istruzione e di educazione civica, ambientale, politica, diventa un imperativo etico universale, accanto alla necessità di dare fiducia agli uomini e alle donne, anche attraverso il sostegno alle iniziative del microcredito, come sostenuto dall’economista indiano Muhammad Yunus in Un mondo senza povertà[4], il quale ha anche concretamente realizzato tale modello nel suo paese.
L’obiettivo della povertà si interseca, inoltre, anche con la questione climatica e con i cambiamenti ambientali. Si tratta di salvaguardare i poveri, offrendo loro anche abitazioni in grado di resistere agli shock termici, ai bruschi cambiamenti climatici. Occorre attivare sistemi di protezione che salvaguardino le fasce più vulnerabili anche dalle crisi economiche, le quali generano sempre più nuovi poveri e nuove povertà.
Infine, è necessario avviare anche progetti di tutela e clausole di garanzia per il rispetto della differenza di genere, di religione, di etnia, in grado di offrire un sostegno innanzitutto alla realizzazione personale, senza produrre scarti umani e assistenzialismo di sorta.
[1] A. Banerjee, E. Duflo, L’economia dei poveri, Feltrinelli, Milano 2020.
[2] Ivi, p. 8.
[3] Ibidem.
[4] M. Yunus, Un mondo senza povertà, Feltrinelli, Milano 2012.
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a cura di Michele Lucivero
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