Nello studio della filosofia si incontrano spesso personaggi che hanno l’ambiziosa pretesa di interpretare il cammino della storia e di esplicitare l’organizzazione futura dell’umanità. Uno di questi è sicuramente Auguste Comte, convenzionalmente considerato il padre del positivismo (movimento filosofico e culturale, caratterizzato dall’esaltazione della scienza) e colui che coniò il termine sociologia, intesa come “scienza del sociale”. Comte è stato un filosofo della prima metà dell’Ottocento, stretto tra due giganti della previsione futura come Hegel e Marx, e il suo pensiero, alla luce delle attuali potenzialità del progresso tecno-scientifico, sembra oggi acquisire nuova importanza.
Il filosofo francese elaborò la cosiddetta legge dei tre stadi[1]. Secondo questa legge di interpretazione generale dell’umanità, la conoscenza umana passa, in una successione ineluttabile, attraverso tre stadi: teologico, metafisico e positivo o scientifico. Seguendo il suo argomentare, ad ogni età va associata una rispettiva organizzazione sociale e politica. Allo stadio teologico corrisponde la monarchia teocratica, caratterizzata da un potere che trova la sua legittimazione dall’alto; allo stadio metafisico corrisponde la sovranità popolare, dunque un potere che trova la sua legittimità dal basso; allo stadio positivo, con l’organizzazione scientifica della società industriale, il potere trova legittimazione nei fatti e nell’individuazione delle leggi invariabili, esprimibili attraverso modelli matematici oggettivi.
Dunque, stando a questa visione ottocentesca di Comte, il fine della storia è la realizzazione di una società tecnico-scientifica in grado di risolvere il disordine regnante nella seconda epoca, quella metafisica, un disordine causato dalla libertà individuale e dal pluralismo. Risulta evidente che, per il filosofo, la scienza sia intrinsecamente portatrice di un progresso in grado di correggere l’umanità e trasportarla, definitivamente, in una nuova dimensione di perfezione e ordine.
Risulta chiaro da questa visione che nella terza e definitiva fase scientifica non c’è posto più per la sovranità popolare. Eppure, proprio la sovranità popolare trova, almeno nelle società occidentali contemporanee, la sua realizzazione concreta nel concetto di democrazia, un termine antico, ma ancora largamente usato, la cui invenzione viene attribuita al sofista Crizia, il quale, forse spinto da spirito ironico e provocatorio, nel definire l’originale governo ateniese accostò il “comune” cittadino del popolo (Demos) all’autorevolezza del potere (Kratos), solitamente legato al concetto di aristocrazia e, dunque, al diritto di sangue.
Per una disamina più approfondita del concetto e della storia della democrazia, con i suoi problemi e i suoi vantaggi, rimandiamo almeno a due dei testi più illuminanti dell’eclettico studioso italiano Luciano Canfora, Critica della retorica democratica e La democrazia, storia di un’ideologia[2].
Ora, tornando alle questioni di casa nostra, come ben sappiamo, la nostra Costituzione a tal riguardo all’art. 1 si esprime così: «La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione», evidenziando il fatto che in Italia la sovranità popolare rappresenta uno dei valori fondanti della nostra società.
E, tuttavia, seguendo la strada indicata da Comte, dovremmo considerare questo principio fondante come il frutto di una ragione non ancora “virile”, che interpreta la realtà sulla base di “forze astratte”. La sovranità popolare, infatti, appartiene ad uno stadio mediano che sarà irrimediabilmente superato.
Ora, adottando quello che riteniamo essere uno dei compiti più interessanti della filosofia, ovvero il porre domande e non quello di dare risposte, dato che non possiamo certo rinunciare al progresso tecnico-scientifico, il quale rappresenta una delle più grandi conquiste del genere umano, sia in termini di conoscenza della natura sia per aver apportato innegabili benefici alla nostra esistenza, ma, al tempo stesso, non possiamo, e mi auguro anche non vogliamo, rinunciare alla sovranità popolare, quale collocazione troverà quest’ultima all’interno della nostra società sempre più caratterizzata da una visione tecnico-scientifica dominante?
Sarebbe interessante se leader politici, tecnocrati e scienziati mondiali, a maggior ragione in questa circostanza storica di pandemia globale, che richiede un impegno proficuo di tutte le forze in campo, spiegassero a noi, che siamo il demos, come intendono conciliare le due istanze della sovranità popolare e della visione scientifica, che secondo Auguste Comte non possono proprio convivere insieme!
[1] Cfr. A. Comte, Corso di filosofia positiva, UTET, Torino 2013.
[2] L. Canfora, Critica della retorica democratica, Laterza, Roma-Bari 2007, L. Canfora, Democrazia. Storia di un’ideologia, Laterza, Roma-Bari 2008.
di Francesco Torre
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a cura di Michele Lucivero
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