Il 2020 ci ha presentato uno scenario che neppure la più fervida fantasia avrebbe potuto immaginare: la pandemia da Coronavirus, la peggior catastrofe che la nostra generazione ha dovuto affrontare e, come ogni epidemia, il Covid-19 si è mostrato come una moneta a due facce: una biologica ed una psicologica. Un nemico imprevedibile, perchè non si sa “quando” lo si incontra, sappiamo solo “come” si fa conoscere, attraverso gli effetti che produce: la malattia, i decessi e anche la guarigione.
L’uomo nel 2020 si è ritrovato così a convivere con i limiti che la natura gli impone. Limiti che esasperano, lasciano cadere i vissuti di onnipotenza, mettendo a crudo la vera realtà. C’è chi si spaventa, chi si rinchiude in casa, chi evita qualsiasi contatto con gli altri, chi segue alla lettera ogni precauzione, c’è chi invece scotomizza la realtà ridendoci sopra, nella convinzione che proprio a lui, non accadrà mai niente. In altri prevale un’ingenua, quanto mai disarmante, incoscienza.
Il coronavirsus è un nemico invisibile, non individuabile, un virus che prende il sopravvento sulla razionalità e sull’emotività dell’uomo perché non può essere “controllato”. Questa dimensione – il non controllo – mette l’uomo in crisi ed aumenta a dismisura il suo livello di ansia. Lo stress diventa così fonte di disagio e sofferenza, fino a mettere in difficoltà ogni posizione difensiva dell’individuo, smantellando ogni forza, ogni forma di resistenza. Lo stress legato a situazioni di cui non si ha il controllo è nocivo; per questo motivo il coronavirus è da considerare dal punto di vista psicologico un agente in grado di destabilizzare l’equilibrio di una persona.
Non è un caso se la più grave conseguenza psicologica per lo staff medico e paramedico in Italia sia il senso di colpa, derivato dalla sensazione di impotenza e dall’impossibilità di salvare tutti. Medici e paramedici hanno dato tutto, rischiando la propria vita, allontanandosi dalle famiglie, lavorando su turni estenuanti, procurandosi danni fisici legati ai dispositivi di protezione, pur di salvare la maggior parte dei ricoverati. Non avrebbero motivo di avvertire questa frustrazione, eppure per molti di loro è così.
Un altro effetto collaterale della pandemia è stato l’incremento del numero di separazioni e divorzi: in quest’ultimo anno ho accompagnato come mediatore familiare moltissime coppie nel processo di elaborazione dell’evento e nel raggiungere un accordo volontario, rispondente ai bisogni e agli interessi di tutta la famiglia, in particolare dei figli. In dieci anni di lavoro, ritengo che il 2020 sia stato un vero boom, in Italia così come nel resto d’Europa e in Cina. La convivenza forzata, durante il lockdown ha portato una serie di conseguenze negative sulla coppia e quelle che ne hanno risentito maggiormente sono quelle che avevano già dei problemi di comunicazione, di condivisione, di rispetto degli spazi personali, prima ancora dell’arrivo della pandemia.
Alla fine del 2020 viene da chiedersi: Ci sarà pure qualcosa di positivo in questo momento difficile e doloroso? Ebbene, accanto a tutta questa valle di lacrime ci sono anche cambiamenti positivi: il risveglio della coscienza e l’emergere della creatività che ha spezzato alcune antiche logiche. È cresciuta la consapevolezza di quanto i beni materiali siano effimeri, di quanto la nostra vita fosse dedicata a obiettivi illusori e disfunzionali. In molti casi il lockdown ha rappresentato un’occasione unica di riflettere su cosa è più importante, di riordinare le priorità e magari di dare una svolta alla propria vita. C’è stata la riscoperta delle discipline spirituali e della meditazione, che aiuta a svuotare la mente e ad attingere alle parti più autentiche della nostra psiche.
Il coronavirus ha portato gli italiani a scoprire una novità assoluta: l’importanza dell‘igiene personale e pubblica. Un’altra scoperta sensazionale: lo smart working e anche l’e-learning creativo, quello che ha portato gli insegnanti a contattare uno a uno gli allievi con messaggi su whatsapp, telefonate, mail e videocall, con il risultato di un rapporto docente-allievo rinsaldato e di lezioni maggiormente creative rispetto alle lezioni tradizionali.
In tutto il mondo i governi hanno adottato provvedimenti rigidi di protezione dal virus, nell’interesse della salute delle persone e del bene comune. Per una volta sembra quasi che la logica del profitto sia stata sovrastata dal principio della salvaguardia dell’individuo. Molte aziende hanno convertito la produzione in mascherine, camici, così come abbiamo assistito a manifestazioni di solidarietà a favore dei medici o di altre categorie impegnate nella lotta contro la pandemia.
La situazione che si è creata con la pandemia ha incrementato le emozioni positive e i comportamenti legati al sistema cooperativo. Se prima i propri dolori erano vissuti in solitudine o comunque in modo individualistico, con questa pandemia la condivisione di emozioni dolorose come la paura del contagio e della morte, l’ansia per la vulnerabilità e la precarietà, ha reso queste emozioni più gestibili e, inoltre, è stato possibile sperimentare i sentimenti positivi come la gioia da condivisione, l’empatia, la fiducia. Si è creato un senso di nazione e di unità più ampia, in quanto le persone si sono sentite parte di un “tutto”, come di una squadra, in cui tutti hanno un ruolo, in cui prevale il “noi” all’”io”.
La speranza è che tutto il positivo non vada perduto per un 2021 in cui i popoli siano ancora più uniti e che il mondo, finalmente libero dalla pandemia, metta come priorità valori come la solidarietà e il bene comune, in una parola: “il noi”.
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a cura di Michele Lucivero
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