Aids, lunedì 23 ad Amsterdam conferenza mondiale. La situazione per Zaia e Coletto: “in Veneto rete efficiente. Nulla lasciato al caso”

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Dal 1984, i casi di AIDS residenti in Veneto sono stati 3.915, di cui 3.490 segnalati nel Veneto e 306 segnalati da altre Regioni a carico di persone residenti in Veneto. Attualmente in Veneto i casi di AIDS assistiti, tecnicamente definiti “prevalenti”, sono 1.256. I nuovi casi registrati nel 2016 sono stati 40. Dal 1988 sono state invece 13.176 le nuove diagnosi per il virus dell’immunodeficienza umana HIV. Dal 1996, anno dell’introduzione della terapia Highly Active Antiretroviral, è progressivamente calato il numero dei decessi.
Questi e molti altri dati compongono i Report Annuali sull’HIV e l’AIDS della Regione del Veneto, realizzati a cura della Direzione Prevenzione, che da anni ha attivato un sistema di sorveglianza delle nuove diagnosi di HIV e AIDS.

Il Rapporto analizza l’andamento della malattia conclamata ma anche la situazione legata alla diffusione del virus dell’HIV, di cui si occuperà, domani ad Amsterdam, la XXII^ Conferenza Mondiale sull’Aids, la più grande conferenza in tema di salute a livello mondiale che riunirà anche quest’anno oltre 15.000 scienziati, attivisti, operatori sanitari, responsabili politici e leader globali.
Per quanto riguarda l’infezione da HIV, dal 1988 (anno in cui la Regione del Veneto, prima in Italia, istituì un sistema di sorveglianza) ad oggi in Veneto sono state segnalate 13.176 nuove diagnosi. A queste si dovrebbero aggiungere le persone che potrebbero aver contratto la malattia ma che non ne sono ancora a conoscenza (perché non hanno effettuato il test). Possiamo quindi stimare, sottraendo i casi deceduti, che nel 2016 in Veneto siano circa 10.636 le persone con infezione da HIV (sia residenti che non residenti) che gravano sui servizi sanitari regionali. Dal biennio 2009-2010 il numero di nuove infezioni si è stabilizzato tra i 250 casi e i 300 casi all’anno, mentre risultano essere 207 i casi HIV segnalati nel corso del 2016.
La diffusione anche in Italia della terapia HAART ha certamente influito sulla speranza di vita dei malati di AIDS. La probabilità di sopravvivere per coloro che si sono ammalati nel periodo compreso tra il 1996 e il 2000, a due anni dalla diagnosi, è infatti di molto superiore rispetto ai casi diagnosticati prima del 1996 e si attesta attorno al 68%. A cinque anni dalla diagnosi, l’incremento della probabilità di sopravvivenza risulta essere ancora maggiore: si passa infatti dal meno del 20% per coloro che si sono ammalati prima dell’introduzione della terapia HAART, al 77% per i casi diagnosticati dal 2006.
Il 77,4% dei casi di AIDS interessa il sesso maschile.
“Da circa metà degli anni ’80 ad oggi – sottolinea il Presidente della Regione Luca Zaia – l’Aids sembra apparentemente essere entrata in una zona d’ombra dal punto di vista mediatico, sicuramente anche grazie ai progressi della medicina, che via via l’hanno avvicinata a caratteristiche di cronicità, con un notevole calo della mortalità. Ciò nonostante il Rapporto della nostra Direzione Prevenzione ci segnala una malattia ancora presente e pericolosa. Per questo la Regione del Veneto non l’ha né dimenticata né sottovalutata: la studia, la previene e la cura con tutta l’attenzione che merita da un sistema sanitario d’eccellenza come il nostro”. “Siamo protagonisti a tutti i livelli – fa notare Zaia – e proprio Il 27 ottobre scorso abbiamo sancito l’intesa in Conferenza Stato-Regioni del Piano nazionale di interventi contro HIV e AIDS – (PNAIDS) che prevede, tra l’altro campagne di informazione e formazione, l’impiego degli strumenti di prevenzione e di interventi finalizzati alla modifica dei comportamenti, la lotta contro la stigmatizzazione, l’estensione dell’uso di terapie efficaci, anche nella prevenzione, con conseguente ricaduta sulla riduzione delle nuove infezioni da HIV e il rispetto dei diritti delle popolazioni maggiormente esposte. Tutte attività che il Veneto ha in essere o in cantiere e che sono riconducibili anche al vigente Piano Regionale di prevenzione 2014-2018”.

“L’assistenza ai malati di Aids e alle persone positive all’Hiv in Veneto – aggiunge l’Assessore alla Sanità Luca Coletto – è composta da una rete efficiente e qualificata. La malattia c’è, il pericolo di contrarla non è assolutamente svanito. Di conseguenza nulla è lasciato al caso e al fronte ci sono le nostre migliori professionalità specifiche”.
“L’assistenza ai pazienti in Veneto – dice Coletto descrivendo la Rete – è affidata alle U.O.C. di Malattie Infettive, dislocate nei capoluoghi di provincia (Belluno, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia-Mestre, Verona, Vicenza) e in tre altri centri locali (Santorso in provincia di Vicenza, Legnago e Negrar in provincia di Verona). In queste strutture ed in altre dislocate a livello territoriale è possibile sottoporsi al test per HIV in modo anonimo e gratuito e senza impegnativa del Medico di Medicina Generale, e, le persone con infezione possono ricevere le cure appropriate”. “La privacy dei pazienti – garantisce l’Assessore – è assicurata secondo quanto previsto dalla normativa nazionale (legge 135/90) e regionale e una volta documentata l’infezione, è prevista una esenzione della quota di partecipazione (ticket) che rende completamente gratuite le procedure diagnostiche e terapeutiche”.
In Veneto, Poco meno del 76% dei casi ha un’età compresa tra i 25 e i 44 anni. Il tasso di notifica massimo si ha in corrispondenza della classe d’età 45-49 anni (3,1 casi per 100.000 abitanti). L’età media dei casi alla diagnosi di AIDS nella Regione Veneto è in lieve calo e si assesta, per quest’ultimo anno di rilevazione, attorno ai 36 anni per le femmine e ai 46 per i maschi.
Il numero di casi tra gli stranieri è andato ad aumentare nel corso degli anni e, nel 2010, ha raggiunto il picco massimo del 46,8% sul totale dei casi residenti. Nel corso dell’ultimo anno la quota di stranieri tra le nuove diagnosi di AIDS è risultata più contenuta e pari al 37,5%.
Nell’intero periodo di osservazione, il principale fattore di rischio per l’AIDS è rappresentato dai rapporti eterosessuali (dal 2001 sempre oltre il 40% dei casi).
Per circa la metà di coloro che contraggono l’AIDS tramite rapporti eterosessuali od omosessuali, il periodo che intercorre tra il primo test effettuato per l’HIV e la diagnosi di AIDS è inferiore ai 6 mesi, mentre per l’84,7% dei tossicodipendenti il tempo trascorso tra test e diagnosi supera i 6 mesi.
La terapia non è in grado di eradicare completamente il virus dell’HIV dall’organismo. Tuttavia, i farmaci attualmente disponibili consentono di tenere sotto controllo la replicazione del virus, preservando intatta la funzionalità del sistema immunitario. Questo consente di assicurare ai malati una qualità di vita abbastanza buona.
La diagnosi precoce dell’infezione da HIV è quindi molto importante non solo per garantire cure tempestive ed efficaci alla persona affetta ma anche per evitare la diffusione dell’infezione ad altre persone. Una volta instaurata una terapia appropriata, invece, la contagiosità della malattia si riduce drasticamente, rendendo minimo il rischio di diffusione dell’infezione.