Dall’1 aprile 2023 gli albi territoriali dei gestori della crisi di impresa saranno sostituiti dall’unico Albo Nazionale.
Dando seguito agli impegni assunti con gli artt. 356 s. del Codice della crisi d’impresa dell’insolvenza, vengono oggi individuate specifiche modalità di ingresso all’albo, in considerazione della particolarità della materia, della delicatezza degli interessi coinvolti e del possesso di specifiche competenze, perché possa essere gestita in maniera efficiente la fase patologica dell’attività di un’impresa.
Sono ammessi all’iscrizione avvocati, commercialisti, esperti contabili, consulenti del lavoro, associazioni di professionisti. Vi rientra anche chi abbia svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo di società di capitali o società cooperative, dando prova di adeguate capacità imprenditoriali (quest’ultimo punto conserva una certa vaghezza data l’assoluta relatività di tale valutazione). Tutti devono dimostrare di aver assolto agli obblighi di formazione di cui all’art. 4, comma 5, lett. b, c e d, del decreto del Ministro della giustizia 24 settembre 2014, n. 202, come poi modificato. Per i professionisti è previsto un corso di formazione di sole 40 ore (a fronte delle 200 previste).
Diverse sono le criticità che vengono all’evidenza.
È previsto, anzitutto, che le Università possano attivare corsi di perfezionamento anche a seguito di convenzioni con enti pubblici o privati quali camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, ordini professionali degli avvocati, dei commercialisti ed esperti contabili e dei notai. A questi soggetti non è permesso invece di organizzare in via autonoma corsi di formazione, ma solo d’aggiornamento. Non è chiara la ratio della preclusione.
Potrebbero, invero, verificarsi rilevanti problemi organizzativi, con il rischio di sovraccaricare le strutture istitu-zionali e di creare un inutile accentramento dei percorsi di formazione, che potrebbero essere demandati a tali categorie di professionisti operanti quotidianamente nel settore.
Inoltre, le linee guida generali per la definizione dei programmi e dei corsi di aggiornamento nella materia della crisi di impresa e di insolvenza sono demandate alla Scuola Superiore della Magistratura. Solo ed esclusivamente la formazione che aderisce a tali linee guida è ritenuta valida. Non si specificano, però, quali i programmi dei corsi e si fa generico riferimento a «punti concettuali generali su cui articolare la formazione dei professionisti della crisi di impresa».
Rientra poi tra gli obblighi formativi un tirocinio semestrale per tutte le categorie di soggetti legittimati a iscriversi all’albo, inclusi avvocati, dottori e commercialisti. Attesa la competenza acquisita con lo svolgimento quotidiano della professione, per come immaginato il tirocinio può rappresentare un superfluo dispendio di tempi e risorse.
Ciò che desta maggiori perplessità è, però, il requisito alternativo alla formazione ai fini del primo popolamento dell’albo. Possono ottenere l’iscrizione da principio, infatti, anche i soggetti in possesso dei requisiti di cui all’art. 358, comma 1, del Codice della crisi d’impresa che documentino di essere stati nominati in almeno due procedure negli ultimi quattro anni, curatori fallimentari, commissari o liquidatori giudiziali.
Parrebbe d’essere dinanzi all’ennesima sconfitta generazionale. La pregressa esperienza risulta sempre requisito preferenziale rispetto a corsi aggiornati di formazione.
Meritocrazia Italia chiede un intervento di revisione dei meccanismi di accesso al nuovo Albo nazionale dei gestori della crisi di impresa, con più precisa indicazione dei programmi di formazione ed eliminazione di procedure che rischiano solo di aggravare i percorsi, potenzialmente infruttuose e in disarmonia con le esigenze di celerità e snellezza delle procedure di ricomposizione della crisi d’impresa.
Stop war.
——
Fonte: Meritocraiza Italia