Alessandro Rossi nasce a Schio il 21 novembre 1819, quinto di sette figli della coppia formata da Francesco Rossi e Teresa Beretta. Così lui stesso descrive la sua famiglia, originaria della contrada Rossi di Santa Caterina di Lusina: «Mio bisavolo era pastore nei Sette Comuni, mio avolo ne scese mercante di lane e fittuario, mio padre fondò nel 1817 quell’industria che io continuai e continueranno i miei figli senz’altro blasone che l’onestà, spero, e l’amor del prossimo».
La sua famiglia, già affermata nell’ambito di lavorazione e vendita della lana che caratterizzava da secoli l’economia scledense, lo educò amorevolmente e con fermezza nel segno della fede cattolica. La madre apparteneva a una delle più importanti dinastie di lanaioli della zona di Schio ed era nipote di Sebastiano Bologna, senatore e notabile del Regno d’Italia; donna energica e attiva, fu molto presente nella formazione morale e religiosa dei figli, due dei quali, Giovanni e Gaetano, scelsero il sacerdozio.
Nel 1809 il padre di Rossi era passato dall’attività commerciale e agricola a quella industriale; nel 1839 il suo opificio, con circa 160 operai, poteva contare su una rete commerciale estesa all’Italia settentrionale. Alessandro intraprende gli studi nel seminario vescovile di Vicenza, dove ha come precettore il gesuita Andrea Sandri, con il quale condivide sentimenti patriottici contro la dominazione austriaca che prosegue dal trattato di Campoformio del 17 ottobre 1797 con cui Napoleone aveva ceduto i territori della Serenissima all’Austria. Alessandro non si iscrive all’università, ma nel 1836 entra nella fabbrica paterna come operaio e dopo tre anni viene chiamato a condividere la direzione dell’azienda.
Si distingue per l’attitudine a coltivare studi economici ma anche storici, sociologici, filologici e letterari, che conduce assiduamente per tutta la vita, così come ama dedicarsi alla composizione di versi e poemetti. Si avvicina al pensiero degli illuministi inglesi e francesi anche attraverso la frequentazione dell’abate Pietro Maraschin, insigne geologo e studioso in contatto con gli ambienti più qualificati della cultura europea. Il suo fidanzamento con Maria Maddalena Maraschin (1825-1905), figlia di Giovanni, possidente e amministratore di cospicui beni finanziari e nipote dell’abate Pietro, gli consente di frequentare la biblioteca di quest’ultimo, dove studia opere di politica economica di autori come Adam Smith, Joseph Priesley, Jeremy Bentham, John Stuart- Mill, Edmund Burke, David Ricardo e altri. Alessandro mette così a fuoco il tema dei rapporti tra agricoltura e indstria. Fra il 1841 e il 1842 Alessandro intraprende un lungo viaggio in Gran Bretagna, Francia, Belgio e Lussemburgo: «Partii con un doppio proposito, di ammirare quante più opere del genio umano fossero state create nelle arti, e di vedere quante più macchine lo stesso genio dell’uomo andava inventando […] tre forze mi attraevano, di cui noi eravamo scarsi e mancanti: quella dell’acciaio, del vapore e dell’elettricità» (Cappi Bentivegna, 1955, p. 73
Grazie anche alle commesse per conto della ditta visita fabbriche, fond rie, tintorie e miniere nelle principali città industriali britanniche: Manchester, Oldham, Birmingham, Sheffield. Durante quel periodo invia sistematicamente dettagliati resoconti al padre sugli affari in corso e si interessa sia agli aspetti tecnici della produzione sia allo stato del lavoro operaio e particolarmente al degrado delle condizioni di vita nelle grandi concentrazioni industriali. A Parigi entra in contatto con i sansimoniani, che professavano una fiducia incondizionata nella scienza. Secondo la loro ideologia le scoperte scientifiche e lo sviluppo industriale possono dare vita ad una società in grado di fornire migliori condizioni di vita ai proletari. Alessandro si abbona alla loro rivista, “Le Globe”. I suoi rapporti con il mondo industriale europeo si consolidarono nel tempo e si concretizzarono attraverso l’importazione di macchinari, tecnici, impiegati e dirigenti, con il concorso dei quali trasformò radicalmente l’assetto produttivo dei suoi stabilimenti. La costruzione di una rete informativa e relazionale diventa uno dei principali fattori del suo successo imprenditoriale e politico, sostenuta, come dimostra il ricchissimo carteggio, da un’eccezionale vena epistolare. In particolare, strinse rapporti e amicizie personali a Verviers, capitale laniera del Belgio, un ambiente per lui fondamentale sotto il profilo dell’aggiornamento tecnologico e intellettuale. Nel 1845 muore il padre Francesco e Alessandro gli succede nella direzione dell’azienda, procedendo al rinnovamento degli impianti con l’acquisto della filatrice meccanica Mull-Jenni, l’introduzione della prima macchina a vapore e dei primi telai meccanici. Il 3 novembre 1846, dopo sei anni di fidanzamento, sposa Maria Maddalena Maraschin, dalla quale ebbe undici figli (Francesco, Giovanni, Teresa, Giuseppe, Gaetano, Luigi, Caterina, Maddalena, Luigia, Antonio e Anna Maria).
Viene arrestato per un breve periodo durante le agitazioni quarantottesche e in seguito sorvegliato dalle autorità austriache, che gli ritirarono il passaporto. Tra il 1852 e il 1857 acquista altri lanifici di Schio, allargando l’area dell’azienda verso la zona collinare. Nel 1859 cominciano i lavori di ampliamento dell’opificio scledense, affidati ad Antonio Caregaro Negrin, celebre architetto vicentino e patriota. Nel contempo Alessandro avvia il progetto di costruzione del giardino Jacquard, che si sviluppava come un teatro all’aperto di fronte alla fabbrica principale ed esprimeva in embrione la concezione insieme ricreativa e allegorica poi applicata nella progettazione del nuovo quartiere operaio. Nel 1865 acquistò a Santorso l’antica villa Bonifacio-Velo, con la chiesa di S. Spirito e gran parte dei terreni circostanti, la ristrutturò nel solco della tradizione secolare che aveva popolato il Veneto di ville padronali e ne fece la dimora di famiglia.Nel 1861 Alessandro Rossi vuole ampliare la Lanerossi ispirandosi ai lanifici che ha visitato all’estero. Si rivolge così all’architetto Auguste Vivroux di Verviers, città laniera belga con cui Rossi ha molti rapporti d’affari e importanti amicizie. Vivroux viene invitato a Schio per dieci giorni, durante i quali ha modo di farsi un’idea precisa, prendendo le misure del nuovo sito. Ritornato poi in patria, l’architetto belga disegna una fabbrica moderna, basata sul modello multipiano europeo e dotata di moderne tecnologie e macchinari. La costruzione dell’edificio viene affidata ad Antonio Caregaro Negrin. Nasce così la Fabbrica Alta, eretta nell’arco di nove mesi nel 1862. Non viene però realizzato (forse per questioni di budget) l’edificio gemello previsto sul lato est. Negli anni a seguire verranno comunque costruiti altri edifici che andranno a formare un quadrilatero con un cortile al centro.
La Fabbrica Alta è imponente: lunga 80 m, larga oltre 13 m, conta cinque piani più seminterrato e sottotetto. Ogni piano ospita una diversa fase della lavorazione della lana ed è composto da un grande salone diviso in tre campate sorrette da colonnine di ghisa. La forza motrice per il funzionamento dei macchinari era prodotta, prima dell’avvento dell’energia elettrica, da una macchina a vapore importata dall’Inghilterra; il materiale usato per la costruzione è principalmente laterizio e pietrame ricavati dal territorio. Nell’autunno del 1866, a seguito della 3a guerra d’indipendenza, il Veneto si congiunge al Regno d’Italia e Alessandro Rossi viene eletto deputato nel collegio di Schio. L’anno successivo la partecipazione del Lanificio all’Esposizione internazionale di Parigi contribuisce a stimolare ulteriori iniziative imprenditoriali.
Tra queste c’è la creazione ex novo di un impianto dotato delle tecniche più avanzate nella produzione di filati pettinati, inaugurato a Rocchette-Piovene nel 1869 insieme alla costruzione di un impianto idraulico, per la produzione della necessaria forza motrice (per il cui finanziamento Rossi si rivolge a capitalisti veneti, lombardi, belgi e svizzeri). Nel 1868 viene costituita una nuova società in accomandita semplice, la Alessandro Rossi e C., con il coinvolgimento dell’ingegnere Ernesto Stumm. L’azienda si allarga nell’Alto Vicentino con la costruzione di altri stabilimenti. Nel 1870 Rossi venne nominato senatore del Regno d’Italia, diventando così un ponte tra ambiente politico e mondo imprenditoriale. Il suo apporto è guidato da un forte spirito pragmatico senza guardare all’appartenenza agli schieramenti. Il principale obiettivo della sua politica è il potenziamento dell’Italia industriale, a partire dalle condizioni economiche reali e dalla valorizzazione delle tradizioni umane e sociali tipiche di un Paese a vocazione manifatturiera. Rossi esalta la nazione e le sue risorse, denunciandone al contempo i profili di arretratezza (nelle infrastrutture, nella scarsa disponibilità di capitali).
Politicamente avversa l’eccessivo rigore di Silvio Spaventa e di Quintino Sella, e sostiene il suffragio universale maschile e i propositi di riforme sociali di Agostino Depretis. Nel 1872, insieme a Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino, fà parte della commissione Jacini per l’inchiesta agraria.mNel 1873 l’azienda viene trasformata in una società per azioni, il Lanificio Rossi s.p.a., quotata alla borsa di Milano. Alessandro Rossi si occupa costantemente della formazione professionale della nuova generazione operaia, sradicata dalle antiche consuetudini e costretta ai tempi e alla disciplina di fabbrica. Però Rossi non si ferma a ciò e si prende a cuore anche l’educazione dei più piccoli. Nel 1867 fonda a Schio un primo asilo per bambini dai 3 ai 7 anni, aperto ai figli di operai anche non dipendenti del Lanificio e fornito di palestre, servizio sanitario, sale da bagno e di giochi, con un parco di tremila metri quadrati. Un’altra importante istituzione che viene creata è la Scuola serale per adulti, con premi di profitto, orari speciali e rendimento scolastico paragonato a quello lavorativo. Dal 1873 il Regolamento del Lanificio impone l’obbligo d’istruzione per essere assunti. Esemplare è il nuovo Asilo Infantile (1872), che arriverà ad ospitare 500 figli di operai, vantando “la maggior luce, la maggior aria, le maggiori comodità possibili”, pasti nutrienti, infermeria e un auditorium per la musica.
A completare il programma educativo sono le scuole elementari del lanificio (1873), dove si impartisce anche un’istruzione pratica su tessitura, igiene ed economia domestica e le scuole comunali (1876). L’Asilo di Maternità (1878), accoglie i bambini fino ai 3 anni, agevolando il lavoro delle operaie, che ad ore prestabilite possono allattarli. Alessandro Rossi rilancia inoltre l’istruzione tecnica, creando la Scuola Industriale di Vicenza(1878), con Officina e Convitto, per la formazione teorico-pratica di tecnici per l’industria. Istituto che ora porta il suo nome: il celebre ITIS A. Rossi, che ha avuto tra i suoi illustri allievi anche Federico Fag- gin, l’inventore del microchip. Persino alla morte, il suo ultimo pensiero va alle generazioni future. Alessandro Rossi lasciò in eredità tutto il complesso della sua villa di Santorso alle Opere Pie di Schio, oggi denominate la C.A.S.A., con la clausola che dovesse essere in futuro abitata da bambini ed adolescenti.
La villa divenne prima orfanotrofio fino al 1950-1960 e poi fu ceduta in comodato all’ANFFAS per ospitarvi le sue prime strutture riabilitative. Dal 1872 comincia la grande opera di ammodernamento della città, secondo un piano che prevede la costruzione di una “Nuova Schio” con scuole, biblioteche, bagni pubblici, teatro, chiesa e ospedale: una «città sociale» come «strumento di salvaguardia e riscrittura al tempo stesso della cultura contadina nell’età della produzione di massa e del lavoro salariato» Il progetto, basato sulle più importanti esperienze europee, si ispira al modello delle città-giardino. La realizzazione viene affidata all’architetto Antonio Caregaro Negrin. Nello stesso periodo Alessandro Rossi promuove la realizzazione di vie di comunicazione stradali e ferroviarie nell’area alto vicentina. Si inizia con una ferrovia economica Vicenza-Schio, inaugurata nel 1876 alla presenza del Principe Umberto. Seguiranno i tratti Schio-Piovene (1884), Schio- Torrebelvicino e Piovene-Arsiero (1885); qui, nel 1873, era nata la Cartiera del figlio Francesco, che sarà collegata a Schio da una linea telefonica di oltre 20 km. Così in una lettera di A. Rossi datata 1 Novembre 1884 Alessandro Rossi descrive i villaggi operai: «A Schio il mio sistema è applicato sovra 16 ettari (…) Son case che costano da £ 2100 l’una da 4/ m, da 6/m, da 8/m e fino a 12/m l’una. Le minori hanno cantina e 4 stanze e 1 soffitta, corticella di dietro e 15 m² di orto tra la casa e la strada, divisa da ringhiera d’un metro. (…) I contratti sono uniformi, non si concede la rivendita se non in casi determinati, né spacci di vino e liquori che già abbondano nella vecchia Schio. E’ la popolazione più sana e più morale questa della città – adulti e bambini fanno sinora 1000 proprietari nuovi. Questo sistema misto esclude l’apparenza casermale e giova a fondere le classi sociali».
Negli anni Settanta dell’Ottocento una crisi economica investe l’industria italiana. Ales- sandro Rossi coglie l’occasione per avviare ristrutturazione finanziaria e organizzativa dell’azienda. Nel 1873 il Lanificio Rossi fa quotare le sue azioni nella borsa a Milano. Questo permette di realizzare una consistente raccolta di capitali che a sua volta permette alle azioni stesse di aumentare il loro valore. Ma è la contemporanea scelta di costituire una società anonima a rendere l’imprenditore protagonista di una svolta storica. Nella visione rossiana questa forma societaria ha il pregio di affrancare l’impresa dalla dipendenza dagli istituti bancari. Il riassetto aziendale è basato sul sistema cosiddette “Gerenze Autonome”, che consiste nella suddivisione dell’azienda in quattro ambiti produttivi guidati ognuno da un diverso manager, completamente indipendenti dal punto di vista organizzativo ma sottoposte al divieto di reciproca concorrenza e al controllo finanziario dell’Amministrazione Generale e del Consiglio di amministrazione. L’anonima, con un capitale di 30 milioni di lire diviso in 120.000 azioni, ha come principale azionista l’industriale cotoniero Eugenio Cantoni, mentre Alessandro Rossi ricopre le cariche di direttore generale tecnico e di presidente. Il titolo VI dello statuto della nuova società è dedicato alle istituzioni operaie: il 10% degli utili netti dell’anonima veniva diviso a metà tra le istituzioni operaie e Alessandro Rossi, che poi rinuncia alla sua spettanza.
Questo riassetto aziendale permette a Rossi di dedicarsi maggiormente all’impegno parlamentare e pubblicistico, continuando a realizzare articoli che mirano a realizzare una nuova politica economica e industriale italiana e a promuovere la nascita di uno schieramento favorevole al protezionismo. ”L’avvenire è dei popoli lavoratori”. Questa è una delle frasi che si può leggere sul basamento dell’Omo, la statua voluta da Alessandro Rossi per celebrare i suoi operai. La puntata del 1° maggio non poteva che essere dedicata a lui: il tessitore che è diventato uno dei simboli di Schio. Il tessitore tiene in mano una navetta, l’innovativo strumento per il telaio da tessitura inventata dall’inglese John Kay nel 1733. Questo strumento contiene una spoletta di filato che serve a comporre la trama e consente di semplificare il lavoro del tessitore, accrescendo così la produzione di panni. Per l’impatto che ha avuto nelle fabbriche, viene considerata un simbolo della Rivoluzione industriale. L’opera viene solennemente inaugurata il 21 settembre 1879. La sua posizione originale è nel crocevia dei viali Pietro Maraschin e Alessandro Rossi, di fronte all’ingresso della Lanerossi. Qui vi resta fino alla seconda metà degli anni Trenta del Novecento, quando viene spostata nei limitrofi giardini pubblici per liberare il viale al transito dei mezzi. Nel 1945 il monumento viene trasferito nella sua ubicazione attuale: Piazza Alessandro Rossi, nel cuore del centro storico.
Dal 1873, cioè dopo la trasformazione del Lanificio in società anonima, Alessandro Rossi inizia a dedicare sempre più tempo alla politica. In contemporanea pianifica l’inserimento della terza generazione imprenditoriale dei Rossi e segue con affetto l’educazione dei figli con frequenti viaggi all’estero di studio e lavoro. L’educazione che ricevono è sia di natura tecnica che umanistica. Per il figlio maggiore Francesco, nel 1878 acquista la cartiera di Arsiero, rilanciandone l’attività. Rossi è molto attivo anche nel rinnovamento del settore industriale nazionale. Nel 1877 a Roma, assieme ad altri imprenditori tra cui Gaetano Marzotto Senior, fonda l’Associazione Laniera Italiana. Questa associazione di categoria rimarrà attiva fino al 1993, quando le industrie tessili italiane si raggruppano sotto un’unica sigla, che ora prende il nome di Settore Moda Italia. Nel 1884 Rossi inaugura la scuola convitto di Pomologia e Orticoltura con l’obiettivo di dare un sostanzioso contributo alla modernizzazione dell’agricoltura italiana, ancora legata a modelli feudali, arretrata e poco efficiente.
L’istituto ha due sedi: una a Santorso per la parte pratica e l’altra nel Quartiere Operaio, dove avviene la formazione teorica e dove gli studenti alloggiano. Il progetto tuttavia non riscuote il successo sperato e viene interrotto sul finire dell’Ottocento. Dal 1889 al 1891 Alessandro Rossi ricopre l’incarico di sindaco di Schio, promuovendo importanti opere pubbliche come: il macello, i bagni, il lavatoi, il lazzaretto, l’orfanotrofio, l’acquedotto, l’Istituto di Nazaret per le figlie abbandonate (ora Istituto Canossiano) e la Chiesa di S. Antonio Abate. Inoltre è fautore dell’ampliamento del Duomo con la costruzione della canonica. Rossi si dimette dalla presidenza del Lanificio nel 1892, ma continua l’attività finanziaria, politica e pubblicistica. Nei suoi ultimi anni di vita, il Lanificio continua a crescere, impiegando alla fine del secolo 5000 operai e aumentando le quotazioni in Borsa. Dopo una breve malattia, Alessandro Rossi muore il 28 febbraio 1898 nella sua tenuta di Santorso. La scomparsa di Alessandro Rossi lascia un grande vuoto, ma anche un’enorme eredità. Infatti sono innumerevoli le infrastrutture e le organizzazioni sociali da lui volute, che resteranno al servizio della cittadinanza. Come la sua villa di Santorso lasciata in eredità alle opere pie. Inoltre con le sua attività ha saputo stimolare la nascita di un tessuto produttivo che continuerà a prosperare anche negli anni a seguire.
Subito dopo la sua morte, in maniera spontanea si costituisce un comitato di cittadini intenzionato a rendergli omaggio. Il comitato, coinvolgendo l’amministrazione comunale, commissiona un’opera celebrativa a Giulio Monteverdi, lo scultore piemontese che aveva realizzato il monumento al tessitore. Il luogo scelto per il posizionamento della statua è l’ampio crocevia posto tra la chiesa di Sant’Antonio Abate, le scuole elementari, il quartiere operaio e la ferrovia, tutte opere realizzate grazie alla volontà e sostegno finanziario del senatore Rossi. Il monumento viene inaugurato il 12 ottobre 1902. La statua bronzea raffigura Alessandro Rossi in età matura con lo sguardo rivolto verso il centro cittadino. Il Senatore è in posizione fiera, in piedi su una ruota dentata, mentre una appoggia una mano su dei libri depositati su un tavolino.
Questi elementi simbolici richiamano i valori cardine che hanno sempre ispirato il suo operato: il lavoro e lo studio. A completare la composizione è un bambino che si solleva sulle ginocchia di una giovane donna per offrire un fiore al senatore; la donna probabilmente rappresenta la Città di Schio che intende proporre alle generazioni future (il bambino) l’ideale di vita rossiano, basato sul binomio cultura- lavoro. Sul basamento è presente inoltre una targa che ricorda l’anniversario di fondazione (1883) dell’Istituto tecnico industriale “Rossi “ di Vicenza, nato per volontà dello stesso industriale. Il problema scolastico educativo appassiona e impegna l’intera vita di Alessandro Rossi, a conferma del suo profondo desiderio di miglioramento del sistema e della politica scolastica del tempo. Alessandro Rossi è il primo industriale italiano ad occuparsi in modo organico degli operai, impegnandosi per la loro crescita umana, morale ed intellettuale e creando istituzioni previdenziali ed assistenziali a compensazione dei bassi salari.
Il suo sistema, legato a convinzioni ideologiche e religiose, incarna quell’armonia tra capitale e lavoro celebrata dal Monumento al Tessitore e solo raramente turbata da scioperi. La costruzione del Giardino Jacquard (1859-1878), per il tempo libero degli operai, e la Società di Mutuo Soccorso (1861), che fornisce assistenza medica in caso di malattia o infortunio, segnano l’inizio di questo percorso. Il problema della casa è affrontato dapprima con la Cassa fitti (1864) e con gli alloggi del Palazzón (1865). Sorgono inoltre dormitori, una cucina economica (1871) che distribuisce minestra a bassi prezzi e una casa-convitto per operaie (1873). Infine viene creato un quartiere dedicato interamente ai dipendenti. Centro di attività culturali è il Teatro Jacquard (1869), coi suoi 600 posti: vi sono rappresentati drammi popolari ed è sede di riunioni, feste, biblioteca, banda, orchestra, corsi di ginnastica, teatro e canto. Altro tema centrale è l’educazione a cui Rossi dedica molte energie. Tra le opere più esemplari c’è l’asilo Infantile pensato per i figli di operai. Nel 1872, con la costruzione della nuova sede, questa istituzione può vantare pasti nutrienti, un’infermeria dedicata e un auditorium per la musica. Nel 1873 quando il Lanificio diventa una Società Anonima, nel nuovo statuto viene indicato che il 5% degli utili deve essere destinato alle istituzioni operaie e apre agli operai la sottoscrizione di azioni. Ulteriori iniziative intraprese da Rossi per i suoi operai sono: i libretti di risparmio (1876), il Magazzino cooperativo (1873) per la vendita di generi alimentari a prezzo di costo, il magazzino merci (1875) per lo smercio di scampoli fallati, il circolo operaio (1877), il fondo pensione (1880), la Cassa-prestiti (1883). Nel 1889, in occasione del Giubileo operaio di Alessandro Rossi, si contano a Schio 21 istituzioni operaie, 13 a Piovene, 8 a Pieve e 7 a Torre.
Da Storie Vicentine n. 1 2020
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Fonte: Alessandro Rossi: l’industriale vicentino filantropo e pioniere dell’industria italiana , L’altra Vicenza