Molto prima di Greta il presidente di un piccolo stato dell’America latina

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Ambiente, un tema nei discorsi di Fidel Castro
Ambiente, un tema nei discorsi di Fidel Castro

Nel 1992, ventisette anni fa, qualcuno aveva portato a conoscenza dei paesi del mondo il pericolo mortale della devastazione dell’ambiente. Era il presidente di un piccolo stato dell’America latina. Il leader di un popolo che si era opposto allo strapotere degli Stati Uniti, la prima potenza del mondo,

Era da poco finita la guerra fredda. Per qualcuno dei vincitori era “la fine della storia” e si prometteva vissuto un periodo di benessere e felicità. Aveva vinto il capitalismo. E, invece, quel presidente rivoluzionario che aveva l’ardire di essere comunista resisteva e aveva ragione. Da allora si sono succedute come non mai guerre di oppressione verso intere popolazioni per consentire all’impero vincitore il dominio su tutto il globo. Da allora lo sfruttamento delle risorse naturali, la mancanza di solidarietà, la cecità dovuta alla prevalenza del mercato e alla bramosia di fare profitto immediato, l’assoluta mancanza di qualsiasi etica che non fosse “il dio denaro”, la corsa a far soldi “tanti, maledetti e subito” hanno trionfato.

In poche parole, l’ideologia capitalista, supportate da imperialismo e colonialismo, ha conquistato le coscienze di una popolazione sempre più sfrutatta. Il comunismo era stato dichiarato sconfitto e da allora si sono avuti milioni di morti in guerre e invasioni per “portare la democrazia”, interi continenti alla mercè dei soliti padroni del mondo, l’individuazione di sempre nuovi nemici da sottomettere e territori da distruggere. Il consolidarsi dell’ideologia capitalista ha consentito un sempre maggiore sfruttamento delle risorse naturali, la corsa a un riarmo organico a garantire quella supremazia e quel dominio necessari alla voglia di accumulare ricchezze immense nelle tasche (e nelle banche) di poche decine di persone, la progressiva cancellazione di diritti conquistati da chi vive del proprio lavoro in decenni di lotte, le privatizzazioni selvagge, la sostituzione delle sovranità nazionali sostituite dalle multinazionali e degli organismi finanziari privati che dirigono, pianificano e comandano i destini di miliardi di persone, hanno portato alla situazione attuale.

Non è tutto. Si guardi a quelle che sono ormai dichiarate da (quasi) tutti emergenze come il riscaldamento globale o l’impazzimento del clima. Quello a cui assistiamo non è qualcosa di ciclico, qualcosa che può succedere perché è nella logica delle cose, e non è neppure una maledizione divina.

È sostanzialmente il risultato del trionfo di un sistema, il capitalismo, che non guarda in faccia niente e nessuno. Un modello per il quale, pur di accumulare profitti e privilegi di pochi non esita a devastare l’ambiente e l’esistenza di tutti gli altri.

Fidel Castro aveva tentato di mettere in guardia il mondo sul pericolo del suo collasso, indicando anche le responsabilità e qualche maniera per poter fermare questa prospettiva. Ma Castro aveva un “difetto”. Era un anticapitalista vero (non un parolaio qualsiasi, organico, di fatto, al sistema trionfante) ed era soprattutto un lottatore, un rivoluzionario sincero che nessuno aveva potuto corrompere e che, proprio per questo, era diventato un grande pericolo per chi aveva vinto la guerra fredda. Era un “pericoloso comunista” che si doveva combattere con qualsiasi arma. Anche quelle della più miserabile propaganda. Così fu definito “canaglia” e “dittatore sanguinario” e quant’altro anche da una sedicente “sinistra” attenta solo a ritagliarsi degli spazi più o meno angusti nel sistema che aveva vinto. Non importava che a Cuba fosse stata battuta la fame e l’analfabetismo, non importava che il sistema sanitario cubano fosse uno dei migliori al mondo (sicuramente un esempio per tutto il continente americano) e che tutto questo fosse potuto accadere, si con grandi sacrifici ma nonostante l’embargo decennale decretato dagli USA ormai considerati padroni del mondo. Non importava. Fidel Castro non si era sottomesso all’impero e, per questo, era “brutto, sporco e cattivo”.

Si legga cosa disse Fidel Castro nel 1992 e nel 1995, molto prima dell’apparizione di Greta Thunberg, e cosa scrisse più recentemente.

Si prenda atto che fu un precursore della lotta per un pianeta migliore e accogliente per tutti gli esseri viventi. Si tenti di capire l’incompatibilità esistente tra capitale e ambiente, capitale e salute, capitale e lavoro.

Si mediti sulle responsabilità delle grandi multinazionali e di quei monopoli che, di fatto, comandano il mondo, sui crimini dell’imperialismo che affama i popoli, su quelli degli sfruttatori (persone e stati) che devastano l’ambiente. E si decida da che parte stare.

Anche se adesso, forse, è già tardi bisogna comunque lottare e agire.

Fidel Castro – Giugno 1992 – Discorso alla Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo Sviluppo – Rio de Janeiro (Brasile)

“Una importante specie biologica corre il rischio di sparire a causa della rapida e progressiva eliminazione delle sue condizioni naturali di vita: l’uomo.

Prendiamo coscienza di questo problema adesso, quando è quasi tardi per impedirlo. 

È necessario far rilevare che le fondamentali responsabili dell’atroce distruzione dell’ambiente sono le società di consumo. Esse, nate dalle antiche metropoli coloniali e dalle politiche imperiali, a loro volta hanno generato l’arretratezza e la povertà che oggi flagellano l’immensa maggioranza dell’umanità. Con il solo 20 % della popolazione mondiale, esse consumano i due terzi dei metalli e i tre quarti dell’energia che si producono nel mondo. Hanno avvelenato i mari e i fiumi, hanno contaminato l’aria, hanno indebolito e forato la cappa di ozono, hanno saturato l’atmosfera di gas che alterano le condizioni climatiche con effetti catastrofici che incominciamo già a patire.

I boschi spariscono, i deserti si estendono, migliaia di milioni di tonnellate di terra fertile vanno a finire ogni anno in mare. Numerose specie si estinguono.

La pressione demografica e la povertà portano a sforzi disperati per sopravvivere anche a spese della natura. Non è possibile incolpare di questo i paesi del Terzo Mondo, colonie ieri, nazioni sfruttate e saccheggiate oggi da un ordine economico mondiale ingiusto.

La soluzione non può essere quella di impedire lo sviluppo a quelli che più ne hanno bisogno. La realtà è che tutto ciò che contribuisce oggi al sottosviluppo e alla povertà costituisce una violazione flagrante dell’ecologia. Decine di milioni di uomini, donne e bambini muoiono ogni anno nel Terzo Mondo in conseguenza di ciò, più che in ognuna delle guerre mondiali. L’interscambio disuguale, il protezionismo e il debito estero aggrediscono l’ecologia e favoriscono la distruzione dell’ambiente.

Se si vuole salvare l’umanità da questa autodistruzione, bisogna distribuire meglio le ricchezze e le tecnologie disponibili nel pianeta. Meno lusso e meno sperpero in quei pochi paesi perché si abbia meno povertà e meno fame in gran parte della Terra. Non più trasferimenti al Terzo Mondo di stili di vita e abitudini di consumo che rovinano l’ambiente. Si renda più razionale la vita umana. Si applichi un ordine economico internazionale giusto. Si utilizzi tutta la scienza necessaria per uno sviluppo sostenuto senza contaminazioni. Si paghi il debito ecologico e non il debito estero. Sparisca la fame e non l’uomo.

Poiché le presunte minacce del comunismo sono sparite, e non restano pretesti per guerre fredde, corse agli armamenti e spese militari, che cosa impedisce di destinare immediatamente queste risorse a promuovere lo sviluppo del Terzo Mondo e a combattere la minaccia di distruzione ecologica del pianeta?

Cessino gli egoismi, cessino le egemonie, cessino l’insensibilità, cessino l’irresponsabilità e l’inganno. Domani sarà troppo tardi per fare quello che avremmo dovuto fare da molto tempo.”

Fidel Castro – ottobre 1995 – Commemorazione del 50° Anniversario delle Nazioni Unite –  New York

“…Le nuove scoperte nell’ambito della scienza e della tecnologia aumentano ogni giorno, ma i loro benefici non raggiungono la maggior parte dell’umanità e continuano a essere al servizio del consumismo sconsiderato che sta sprecando le risorse limitate e che sta seriamente minacciando la vita sulla terra.

Quanto dovremo aspettare prima che razionalità, uguaglianza e giustizia prevalgano nel mondo?

Le foreste stanno scomparendo, l’aria sta diventando sempre più inquinata e i fiumi contaminati.

Innumerevoli specie di animali e piante stanno perendo. Il terreno si sta impoverendo. Epidemie nuove e vecchie si espandono mentre la popolazione cresce e la legione degli spodestati continua a moltiplicarsi.


Riusciranno le generazioni future a raggiungere la terra promessa mezzo secolo fa?


Quante centinaia di milioni di persone sono morte senza vederla?


Quante sono state vittime di oppressione, povertà, fame e malattie?


Quanti moriranno ancora?


Noi richiediamo un mondo senza egemonie, senza armi nucleari, senza interventismo, senza razzismo, senza odio nazionale o religioso, senza atti oltraggiosi contro la sovranità dei popoli, senza modelli universali che stravolgano completamente le tradizioni e la cultura di tutti gli elementi dell’umanità. Richiediamo un mondo senza barriere che causano la morte di uomini, donne e bambini, giovani e vecchi come silenziose bombe atomiche.

Richiediamo un mondo di pace, giustizia e dignità dove ognuno, senza eccezione, abbia diritto al benessere e alla vita.

Fidel Castro – 14 marzo 2011 La Habana (Cuba)

“Lo spreco e le società di consumo capitalista nella sua fase neoliberale e imperialista, stanno portando il mondo in un vicolo cieco dove il cambio climatico ed il costo crescente degli alimenti conducono migliaia di milioni di persone verso i peggiori indici di povertà”.

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Giorgio Langella
Giorgio Langella è nato il 12 dicembre 1954 a Vicenza. Figlio e nipote di partigiani, ha vissuto l'infanzia tra Cosenza, Catanzaro e Trieste. Nel 1968 il padre Antonio, funzionario di banca, fu trasferito a Lima e lì trascorse l'adolescenza con la famiglia. Nell'ottobre del 1968 un colpo di stato instaurò un governo militare, rivoluzionario e progressista presieduto dal generale Juan Velasco Alvarado. La nazionalizzazione dei pozzi petroliferi (che erano sfruttati da aziende nordamericane), la legge di riforma agraria, la legge di riforma dell'industria, così come il devastante terremoto del maggio 1970, furono tappe fondamentali nella sua formazione umana, ideale e politica. Tornato in Italia, a Padova negli anni della contestazione si iscrisse alla sezione Portello del PCI seguendo una logica evoluzione delle proprie convinzioni ideali. È stato eletto nel consiglio provinciale di Vicenza nel 2002 con la lista del PdCI. È laureato in ingegneria elettronica e lavora nel settore informatico. Sposato e padre di due figlie oggi vive a Creazzo (Vicenza). Ha scritto per Vicenza Papers, la collana di VicenzaPiù, "Marlane Marzotto. Un silenzio soffocante" e ha curato "Quirino Traforti. Il partigiano dei lavoratori". Ha mantenuto i suoi ideali e la passione politica ed è ancora "ostinatamente e coerentemente un militante del PCI" di cui è segretario regionale del Veneto oltre che una cultore della musica e del bello.