NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – Negli ultimi giorni, l’amministrazione Trump ha scatenato una vera e propria battaglia su più fronti, facendo tremare le istituzioni americane. Dallo scontro senza precedenti con la magistratura alla chiusura di emittenti storiche come Voice of America, passando per attacchi alle università e la risposta alle proteste contro Elon Musk, la Casa Bianca sta ridefinendo i confini del potere. Il tutto mentre il mondo osserva con il fiato sospeso i suoi colloqui con Putin e Zelensky. Il presidente ha lanciato una crociata contro i giudici federali che hanno bloccato le sue politiche, chiedendone l’impeachment in un attacco senza precedenti all’indipendenza della magistratura. Il bersaglio principale? James Boasberg, il giudice che ha bloccato la deportazione di presunti membri di gang venezuelane, decisa dalla Casa Bianca con il controverso Alien Enemies Act del 1798. Trump lo ha definito un “radicale di sinistra” non eletto da nessuno, minacciando di spazzare via quei giudici che ostacolano la sua agenda. Ma qui è arrivata la risposta più potente della settimana: il presidente della Corte Suprema, John Roberts, ha spezzato il silenzio e ha attaccato Trump con parole durissime. “L’impeachment non è una soluzione alle sentenze sgradite,” ha dichiarato Roberts, ribadendo che negli Stati Uniti esiste un processo di appello per queste decisioni, ricordando anche al presidente che i giudici federali sono nominati a vita e non eletti – come quelli della Corte Suprema – proprio per non poterli condizionare politicamente. Uno scontro frontale tra poteri dello Stato che per ora vede Trump agire con prudenza rispetto alla “tirata d’orecchie” ricevuta dal più importante giudice della Corte Suprema, ma che se andasse avanti potrebbe provocare un terremoto istituzionale mai visto prima nella storia degli Stati Uniti. Negli stessi giorni, l’amministrazione Trump si è trovata a gestire una crescente ondata di proteste contro Elon Musk, oggi a capo del DOGE, il Dipartimento per l’Efficienza Governativa. Manifestazioni violente hanno preso di mira la sua Tesla, con attacchi incendiari ai concessionari dell’azienda di automobili in diverse città. L’Attorney General Pam Bondi ha reagito senza mezzi termini: gli atti vandalici contro Tesla saranno trattati come “terrorismo interno”. Ma può davvero il governo equiparare atti di vandalismo alla minaccia terroristica? Se la libertà accademica aveva già subito colpi sotto questa amministrazione, l’ultima settimana ha segnato un’escalation. Badar Khan Suri, un ricercatore della Georgetown University munito di visto e di nazionalità indiana, è stato arrestato dalle autorità federali con l’accusa di diffondere propaganda pro-Hamas. Per il suo avvocato è una persecuzione politica, e il vero motivo del suo arresto è la moglie palestinese. Questo caso ha sollevato un’ondata di indignazione nel mondo accademico, con professori e studenti che parlano di una caccia alle streghe in stile McCarthy. Il rischio? Un clima di paura che potrebbe soffocare il dibattito libero nelle università americane.
In cinque giorni, Trump ha dichiarato guerra alla magistratura, stretto il pugno contro accademici e manifestanti, chiuso storiche emittenti e provato a imporre il peso della sua amministrazione nella politica globale.
Alcuni pensano che sta smantellando il “deep state”, lo “stato profondo”, altri vedono in questi eventi un pericoloso assalto alla democrazia americana.
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