(Articolo di Massimo D’Angelo (Usb Lavoro Privato Vicenza), pubblicato su VicenzaPiù Viva n. 6, sul web per gli abbonati tutti i numeri, ndr).
Carceri fatiscenti, sovraffollamento e condizioni degradate di vita per detenuti e personale. Questa la fotografia che lascia il 2023 sul sistema penitenziario italiano. Oggi i detenuti sono 60.000, oltre 10.000 in più dei posti realmente disponibili. Anche a Vicenza il carcere scoppia e la polizia penitenziaria è sottorganico.
Nel 2023, si è registrato un tasso di affollamento del 130%, con presenti 365 persone private della libertà personale, tra i quali 86 sottoposte a regime di “Alta sicurezza 3», il più elevato. Una gran maggioranza di detenuti assume psicofarmaci. Decisamente deficitario il supporto psicologico. Pochi sono i detenuti che vengono utilizzati in lavori all’interno del carcere e pochissimi all’esterno.
Altrettanto grave la situazione del personale della casa circondariale. Personale costretto a fare infinite ore di straordinario. Oltre al danno si aggiunge la beffa. Al personale, avendo superato il tetto massimo di straordinario stabilito, non viene retribuito il restante in eccesso. Il personale operativo all’interno del carcere che dovrebbe raggiungere un organico di circa 240 unità è ridotto a meno della metà con tutte le conseguenze alle quali sono sottoposti gli agenti di custodia. Molti sono i casi in cui gli agenti devono intervenire, mettendo in pericolo ogni volta la propria incolumità fisica: eventi violenti, aggressioni,
proteste, danneggiamenti. Le politiche governative dell’ultimo anno non hanno di certo aiutato ad evitare il sovraffollamento penitenziario, una delle cause che porta ad un peggioramento delle condizioni di vita delle persone detenute, ma anche del personale, su cui viene scaricata la fatica quotidiana di gestire situazioni complesse a fronte di scarse gratificazioni economiche e di mancata sicurezza sul posto di lavoro.
Ci auguriamo che nel 2024 si possa riaprire una grande discussione nel paese sul carcere e sulle finalità della pena, che si capisca che abbiamo bisogno di più misure alternative, di prendere in carico i detenuti, soprattutto quelli con dipendenza o disagio psichico, all’esterno, evitando che il carcere diventi un luogo di raccolta di marginalità e emarginazione.
Bisogna pensare il carcere come un luogo di riabilitazione dove chi deve scontare la pena possa avere l’opportunità di ricominciare una nuova vita, dove possa essere inserito in attività lavorative, culturali, sociali. Questo risolverebbe tantissimi problemi. Eviteremmo anche i tanti suicidi che avvengono dentro le celle e creeremmo sicuramente una migliore convivenza tra detenuti e personale penitenziario per una vita migliore per tutti.