Superbonus 110%, Meritocrazia Italia: ecco perché puntare sul settore edile

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Lo scorso 14 dicembre, la Commissione europea ha espresso parere complessivamente positivo sulla manovra finanziaria proposta dal nuovo Governo, definendo il d.d.l. Bilancio per il 2023 in linea con le raccomandazioni del Consiglio UE del luglio scorso, invitando a «tenere d’occhio la spesa corrente e mantenere il ritmo delle riforme e degli investimenti», oltre a insistere sul sostegno alle famiglie vulnerabili e alle imprese esposte.

Intanto l’esecutivo continua a lavorare per meglio definire anche i contorni della disciplina del Superbonus 110%, soprattutto con riferimento allo sblocco dei crediti d’imposta rimasti incagliati nelle procedure della detta misura.
Si sa che il PNRR e gli incentivi fiscali rappresentano l’opportunità per meglio strutturare la crescita del settore costruzioni in Italia, e che invece l’inflazione, le difficoltà di approvvigionamento e il conflitto in Ucraina siano un serio fattore rischio per la ripresa. Stando ai dati del 2020, non si può non tenere ben presente che il comparto dell’edilizia e il suo indotto rappresenta oltre il 6% dell’occupazione e il 4,5% del PIL.

La misura del Superbonus ha una rilevanza direttamente proporzionale a un dato oggettivo, tutt’altro che trascurabile: la maggior parte della ricchezza degli italiani sta nelle case che possiedono, per un totale di quasi 5.400 miliardi di euro (circa il doppio del debito nazionale).
Il patrimonio edilizio pubblico e privato nel tempo si è però deteriorato e risulta urgente intervenire per rimetterlo in buone condizioni; infatti, dato aggiornato al 2020, i due terzi dei 35 milioni di case italiane risultano edificati più di 50 anni fa, e solo il 9% nel secolo corrente. Secondo alcuni scenari immobiliari, risultano almeno 73.000 edifici e oltre mezzo milione di appartamenti che si possono considerare in uno stato di forte degrado.

La strategia della Commissione Europea ‘A Renovation Wave for Europe’ punta proprio alla riqualificazione del patrimonio immobiliare europeo, e, se ben implementata, dovrebbe migliorare la qualità della vita delle persone, diminuire le emissioni di gas serra e intensificare il riutilizzo e il riciclaggio dei materiali.
Questa strategia l’Italia ha voluto recepire con il Superbonus 110%, oltre che intensificando le agevolazioni preesistenti, riguardanti gli interventi di recupero del patrimonio edilizio e la riqualificazione energetica degli edifici.

Oggi, a quanto pare, tutti i bonus edilizi rimarranno in essere fino al 2023 e si intrecceranno dunque con gli investimenti pubblici derivanti dal “Next Generation EU”.
Naturalmente, restano ancora molti nodi da sciogliere e gira anche intorno allo strumento del Superbonus il lavoro del Governo e del Parlamento per definire, appunto, le proposte di modifica alla legge di conversione del decreto Aiuti quater.

Tra novità di maggior rilievo:
– è prorogato al 31 dicembre il termine, inizialmente fissato al 25 novembre, per la presentazione della Cilas (Comunicazione Inizio Lavori Asseverata Superbonus), per potere usufruire dello strumento del 110% anche per il 2023;
– i crediti incagliati ancora in pancia alle imprese, per averli incamerati tramite sconti in fattura, potranno essere trasformati in prestiti agevolati sul modello Sace (servizi assicurativi e finanziari per le imprese);
– valutata è anche l’ipotesi di più cessioni tra Istituti di Credito.
La questione dei sequestri preventivi per crediti d’imposta inesistenti o con elevati elementi di rischio ed eventuali capitali in fuga all’estero pare resti il punto di maggiore criticità a cui il nuovo Governo si trova a dover dare una risposta, saltato il meccanismo della circolazione indipendente dei crediti dal destino della detrazione fiscale.

Diverse sono le ipotesi allo studio per lo sblocco della cessione del credito.
Con la conversione del decreto Aiuti quater, v’è la proposta di prestiti agevolati per le imprese con garanzia pubblica fino al 20%. Allo studio, dunque, la possibilità di concedere dei prestiti agevolati alle imprese, con garanzia statale del 20% per 5 anni (i crediti potranno quindi essere restituiti in 5 anni tramite un finanziamento con garanzia statale). Questo consentirebbe di fornire liquidità alle imprese, che potrebbero continuare a pagare le imposte, compensandole con i crediti, e far fronte altresì ai propri debiti, anno per anno, utilizzando proprio gli importi che avrebbero dovuto destinare al pagamento delle imposte.
Parallelamente non si esclude un intervento anche per aumentare la capienza di banche e intermediari finanziari, in modo tale da dare ai soggetti la possibilità di procedere con un ulteriore passaggio rispetto a quelli già previsti per legge. La misura potrebbe agevolare soprattutto gli scambi incrociati di crediti tra gli Istituti.

Meritocrazia Italia da tempo sottolinea la necessità di impegnarsi soprattutto nella ricerca di soluzioni per lo sblocco del meccanismo della cessione dei crediti del Superbonus, e sostiene l’impegno del Governo a che il lavoro per lo stesso, e per gli altri bonus edilizi, non conosca battute di arresto. Per quanto si sia ancora lontani da una soluzione ottimale, che permetta concreti passi in avanti e lo sblocco definitivo del meccanismo in questione, ritiene che aver riconosciuto la fondamentale importanza, per le imprese edili, e il settore tutto, di questo aspetto della misura, significa sia stato un passo importante.

È comunque prioritario dare attuazione all’art. 119, d.l. n. 34 del 2020, che riguarda non solo gli interventi finalizzati al risparmio energetico, ma anche i lavori che sono volti a ridurre il rischio sismico dell’edificio, atteso che la detrazione già prevista dal Sismabonus è stata elevata al 110% per le spese sostenute dall’1 luglio 2020, e prorogabile fino al 31 dicembre 2023, per gli interventi antisismici da effettuare su edifici ubicati nelle zone sismiche 1, 2 e 3 di cui all’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20 marzo 2003, anche se ubicati in centri storici.
Esiste inoltre, la possibilità di programmare progetti ibridi, che possano riguardare interventi sul patrimonio immobiliare pubblico e privato; sarebbe una grande opportunità per intervenire anche sulle periferie e sulle aree semi centrali, che sono quelle che presentano un maggiore gap strutturale ed energetico. I Comuni, in tale ottica, potrebbero pianificare progetti pilota di rigenerazione urbana e sostenibilità, all’interno di quei contesti a maggiore criticità (incentivando lo sviluppo imitativo ed il partenariato pubblico-privato), per poi pensare a riproporre per gli anni successivi, il meccanismo del bonus a scalare per favorire la vivibilità dei quartieri di frontiera.

Nel delicato momento di conversione del quarto decreto aiuti dell’anno, è doveroso ricordare che attualmente le somme bloccate ammontano a circa 40 miliardi di euro e un intervento per sbloccare i meccanismi di fruizione indiretta delle agevolazioni edilizie si fa sempre più urgente.

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