Giornate intense quelle a Vicenza per lo scrittore Roberto Matatia, che martedì sera ha incontrato nell’aula magna dell’Istituto Montagna gli studenti del serale e stamane i ragazzi dell’Istituto tecnico per geometri e dell’Istituto professionale (circa 500 studenti in tutto), e oggi pomeriggio oltre 300 iscritti ai sindacati dei pensionati di Cgil Cisl e Uil di Vicenza e provincia al palazzo delle opere sociali.
Un passato da imprenditore a Faenza per Matatia (di origine ebraica), che dopo aver ricevuto da un anziano le lettere frutto di un rapporto di amicizia con una sua seconda cugina 16enne mai tornata dal campo di concentramento, ha deciso di scrivere “I vicini scomodi, storia di un ebreo di provincia di sua moglie e dei suoi tre figli negli anni del fascismo”. Un libro che offre uno spaccato più che realistico della vita da “paria” che dovettero passare le famiglie di religione e origine ebraica anche in Italia a causa delle leggi razziali fasciste. Esistenze molto spesso vissute nel terrore e spezzate nei campi di concentramento in Germania.
SCHEDA – IL CONTENUTO DI “VICINI SCOMODI”
È l’estate del 1938. Nissim è un ebreo greco, da pochi anni trasferitosi in Italia. Le sue capacità gli hanno permesso di raggiungere la tranquillità economica. L’apice del suo successo è una casa di mattoni rossi che sorge nella via più elegante di Riccione, di fronte alla spiaggia e, soprattutto, a pochi metri dalla villa dell’uomo più potente dell’epoca: il Duce. Una posizione ambita e invidiata da uomini di potere, fossero gerarchi o industriali. Mentre l’estate prosegue fra feste, ricevimenti, vita di spiaggia, l’atmosfera, per gli ebrei, comincia a farsi pesante. Una vicinanza così evidente di una famiglia di ebrei alla residenza di Mussolini è decisamente inopportuna. Così, sempre più insistenti iniziano le pressioni degli sgherri del regime sul povero Nissim affinché venda la villa. Nissim resiste disperatamente, finché le leggi razziali non cadono come una mannaia anche su di lui. Le minacce di violente ritorsioni costringono la famiglia a cedere per pochi soldi la famosa villa e a cercare di sopravvivere nella condizione di paria in cui la legislazione razziale li ha ridotti. La figlia Camelia ci ha lasciato una preziosa testimonianza di quegli anni: alcune lettere giunte fino a noi in modo fortunoso. L’innocenza dell’adolescenza è più forte della crudeltà del mondo adulto e, pur vivendo in un mondo sconvolto dall’odio e dalle violenze verso la sua “razza”, Camelia ci racconta i suoi sogni e i suoi progetti, ma anche il suo tormento per la famiglia …