Studiare una nuova lingua non è uguale dappertutto. Lo rivela l’indagineEuropean Language Index di Preply pubblicata il 31 marzo 2021 e realizzata su tutti i paesi che compongono l’Unione Europea ad eccezione del Regno Unito, definitivamente fuori per effetto della Brexit. La classifica finale dei 17 stati ha preso in considerazione 18 fattori di analisi, valutati con un punteggio variabile da zero a 100 e raggruppati successivamente in sette macrocategorie. Lo scenario delinea il quadro europeo e mostra i paesi più virtuosi per quanto riguarda i livelli di apprendimento di una seconda o di una terza lingua.
Al primo posto dello studio e della speciale classifica si piazza l’outsider Lussemburgo, cuore geografico e finanziario d’Europa in cui si parlano addirittura tre lingue ufficiali: lussemburghese, tedesco e francese. Il multilinguismo che già caratterizza il paese è il fattore propulsivo che spinge i suoi abitanti a studiare e perfezionare una nuova lingua con ottimi livelli di apprendimento. Già a partire dalla scuola primaria, infatti, il 100% dei bambini inizia a studiarne una raggiungendo traguardi invidiabili. In definitiva, il Lussemburgo è il paese europeo più dinamico con il miglior ambiente pubblico-privato dove apprendere un nuovo idioma: il posto in cui istituzioni e aziende stimolano il pluringuismo. Il Lussemburgo, tuttavia, resta il centro apolide d’Europa, uno stato con fattori identitari pressocchè nulli che giustificano la forte propensione alla miscellanea etnica e linguistica.
L’Italia si piazza al 26°posto, penultima in classifica, seguita solo dalla Bulgaria. La spinta a studiare e perfezionare una nuova lingua è più debole rispetto a quasi tutti gli altri paesi, nonostante i bambini inizino ad apprenderne una già durante la scuola primaria: in questo caso la percentuale è del 95,3%. Una delle evidenze più singolari riguarda il sito web del Governo Italiano che può essere consultato in una sola lingua: la nostra. L’Italia resta un paese con forti localismi e regionalismi, dialetti e ben 47 lingue parlate su tutto il territorio nazionale. Numerose sono le minoranze linguistiche che costellano il territorio da nord a sud ma il radicamento locale e i fattori identitari probabilmente privilegiano la conservazione dell’italiano piuttosto che il multiliguismo. Tutto sommato, un aspetto identitario di cui andarne anche fieri.
Le prime dieci posizioni della classifica realizzata da Preplyx è così strutturata: Lussemburgo, Svezia, Danimarca, Cipro, Paesi Bassi, Malta, Slovenia, Belgio ed Estonia. I 18 fattori utilizzati per l’indagine statistica sono invece: il grado di padronanza della lingua straniera più conosciuta; i sottotitoli e i voiceover impiegati in TV e cinema; la diversità linguistica; l’accesso all’apprendimento digitale di uno o più idiomi; il grado di plurilinguismo; l’apprendimento linguistico a scuola e il numero di lingue ufficiali di ogni paese oggetto di indagine.
L’Italia può e deve migliorare, soprattutto per stimolare l’inserimento lavorativo e sociale delle nuove generazioni in un mondo ormai iper globalizzato e favorire il rilancio del sistema paese.