Approvato il disegno di legge sull’autonomia differenziata: progresso della sussidiarietà o azione separatista?

456
Il 23 gennaio 2024, è stato approvato il disegno di legge sull’autonomia differenziata dal Senato
Il 23 gennaio 2024, è stato approvato il disegno di legge sull’autonomia differenziata dal Senato

Il 23 gennaio 2024, è stato approvato il disegno di legge sull’autonomia differenziata dal Senato su presentazione del ministro leghista Roberto Calderoli. “Una pietra miliare” ha subito commentato il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia  tra i primi promotori della legge.

L’autonomia differenziata costituisce un riconoscimento, da parte dello Stato, dell’attribuzione a una regione a statuto ordinario di una maggiore autonomia legislativa. Tale autonomia aggiuntiva si concentrerebbe sulle materie di competenza concorrente con lo Stato e, in soli tre casi, di materie di competenza esclusiva dello Stato. Ma non finisce qui. Insieme alle competenze, le regioni potrebbero anche trattenere il gettito fiscale, che non sarebbe più distribuito su base nazionale.

Siffatta proposta di legge trova fondamento nella stessa Carta Costituzionale. Al comma 3 dell’ art. 126 infatti si legge che “Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia […] possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali”. Tuttavia nonostante la forte matrice costituzionale, il disegno di legge sull’autonomia differenziata è tutt’ora oggetto di aspre critiche soprattutto (ma non solo) da parte delle opposizioni in un avvicendarsi di pro e contro.

I pro

Tanto per cominciare, si tratta di una presa di posizione di carattere economico. Chi è a favore sostiene che conservare una quota consistente del gettito fiscale si traduca automaticamente in una maggiore efficienza nella fornitura di servizi per i propri cittadini. Inoltre, permetterebbe di superare una volta per tutte il criterio della “spesa storica” per passare definitivamente a quella “standard”. Questo vuol dire che se ad oggi lo Stato paga i servizi forniti agli enti locali in base a quanto è stato speso negli anni precedenti, ora ci sarà uno standard nei costi dei servizi che abbia ad esempio la regione più virtuosa.

Altri miglioramenti sarebbero da ritrovare nella supposta maggior efficienza di servizi al 100% regionali come i trasporti, la sanità e l’istruzione. Per quest’ultima vi sarebbe poi l’opportunità di formulare un programma scolastico che sia maggiormente rappresentativo della storia e della vita della regione stessa.

I contro

Bisogna riconoscere, però, che prima di poter superare la spesa storica, è necessario stabilire i cosiddetti LEP, “livelli essenziali di prestazione”, da garantire su tutto il territorio nazionale. Proprio questi, nei venti anni trascorsi dall’approvazione della riforma costituzionale del 2001, non sono ancora stati definiti. Ma l’argomentazione non finisce qua. Infatti, i contrari sostengono anche che l’autonomia differenziata comporti necessariamente una sottrazione di ingenti risorse alla collettività nazionale e la disarticolazione di servizi e infrastrutture logistiche talmente importanti per il funzionamento del  Paese da dover avere una struttura unitaria e a dimensione nazionale.

Per quanto riguarda, invece, servizi quali trasporti, sanità e istruzione, i più critici ne rilevano un esagerato accentramento nelle mani delle regioni che in passato, si prenda ad esempio la catastrofica gestione dell’ epidemia da Covid-19 da parte della regione Lombardia, si sono rivelate incapaci di sostituirsi ai poteri dello Stato. In particolare, per quanto concerne la scuola, il rischio è quello di mettere in campo un vero e proprio progetto separatista in cui si giungerebbe all’avere programmi diversi a livello regionale e sistemi di reclutamento di insegnanti territoriale differenziati.

Insomma, l’autonomia differenziata delle regioni costituirebbe sicuramente la piena applicazione del dettato costituzionale definendo un tertium genus di regione. Tuttavia per essere realmente costituzionalmente orientata, l’autonomia differenziata deve operare nella consapevolezza che da sola costituisce solo il grimaldello per iniziare il percorso di perfezionamento del sistema delle autonomie. Non è dunque il punto di arrivo.

La strada successiva non sarà facile. Si pensi, anzitutto, alla scarsità delle risorse finanziarie disponibili, dato l’elevato debito pubblico, ai vincoli europei e all’impossibilità di aumentare le imposte. L’autonomia differenziata potrebbe essere, secondo una visione positiva, l’esempio pragmatico di un sistema integrato fra autonomie e potere centrale.

È, quindi, auspicabile che il disegno di legge sull’autonomia differenziata approvato il 23 gennaio 2024 si caratterizzi, nella sua attuazione, per la consapevolezza (si spera) che il sistema delle autonomie sia connesso e funzionale al quadro dell’unità della Repubblica e alla valorizzazione delle differenze.