Aqua Virgo: l’unico acquedotto romano ancora in funzione

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Aqua Virgo: l'unico acquedotto romano ancora in funzione
Aqua Virgo: la Chiocciola del Pincio.

La storia dell’antica Roma, la caduta dell’impero, il Medioevo, il Rinascimento, l’Illuminismo, due guerre mondiali, il passaggio all’era digitale: l’Aqua Virgo è stato testimone di duemila anni di evoluzioni ed è sempre rimasto in funzione!

Si tratta del sesto degli undici antichi acquedotti romani, inaugurato il 19 a.C., sotto Augusto, dall’amico e genero – nonché architetto – Marco Vispasiano Agrippa. L’unico ancora in attività anche se soltanto grazie ad ammodernamenti recenti: buona parte delle antiche strutture, in effetti, è stata sostituita da tubazioni in cemento e il suo ruolo è oramai soltanto irrigativo. L’urbanizzazione imperante e selvaggia ha, purtroppo, avuto un impatto molto serio sul suo rendimento, inquinandone gravemente falde e canale originario. Tuttavia, questo monumentale pezzo della Roma che fu può vantarsi di alimentare i monumenti più famosi della capitale moderna – e del mondo -, come le fontane di Trevi, della Barcaccia (Piazza di Spagna), dei Quattro Fiumi (Piazza Navona) e del Nicchione (Via dei Fori Imperiali).

Le ipotesi sull’origine del nome – Il peculiare nome che identifica questo acquedotto, per i più, deriverebbe delle acque pure e leggere che, prive di calcare, avrebbero avuto un ruolo primario nella sua ottimale conservazione; per altri, invece, le motivazioni sarebbero da ricercare altrove: lo scrittore Sesto Giulio Frontino, ad esempio, parla di un’edicola che riportava una rappresentazione della ninfa delle sorgenti – una vergine, appunto – nei pressi della diga; e c’è una leggenda che narra di una fanciulla che avrebbe condotto i soldati di Agrippa nel luogo dove sgorgavano le sorgenti.

Una storia lunga duemila anni – L’Aqua Virgo è nato per rifornire le Terme di Agrippa in Campo Marzio, il primo edificio termale pubblico della città, ma il suo scopo era anche quello di servire il suburbio nord, fino ad allora privo di approvvigionamento idrico. L’acqua che incanala non arriva da una sorgente vera e propria ma da un vasto e articolato sistema di vene acquifere e polle (che sgorgano, quindi, dal suolo) che, attraverso una serie di cunicoli sotterranei, vengono convogliate – nei pressi del corso dell’Aniene, all’VIII miglio della Via Collatina – nel condotto principale, o in un bacino artificiale, che è esistito fino al XIX secolo e si appoggiava ad una diga. Non mancavano anche contributi che arricchivano la portata con acque provenienti da bacini secondari.

Il tutto per un percorso che univa l’est con l’ovest superando, in totale, le 14 miglia romane (milia passus, cioè “mille passi”) e, perciò, i 20 chilometri, apparendo in superficie soltanto per un piccolo tratto.

Aqua Virgo, Roma.
Aqua Virgo. Credits: amicidiroma.

L’Aqua Virgo toccava Portonaccio, Pietralata, la Via Nomentana e la Salaria e attraversava le aree dell’attuale Villa Ada (Parioli), Villa Borghese, Pincio (dove si trovava la piscina limaria, il bacino di decantazione) e Villa Medici: proprio qui, una scala – esistente ancora oggi ed in perfetto stato di conservazione -, la “Chiocciola del Pincio“, conduceva al condotto sotterraneo. Larga circa un metro e mezzo, anche questa parte dell’acquedotto è ancora parzialmente navigabile: si tratta di un condotto in muratura con alcuni tratti – quelli che attraversavano i terreni più compatti – scavati direttamente nella roccia di tufo. Il segmento urbano partiva proprio dopo il Pincio: in Via Nazareno possiamo ancora ritrovare alcune di quelle arcate e persino un’iscrizione relativa al restauro dell’imperatore Claudio. L’arcata che scavalcava Via del Corso, invece, venne in seguito trasformata in un arco di trionfo dedicato ai successi militari dell’imperatore Claudio in Britannia. L’imponente opera si concludeva nei pressi del Pantheon, alle Terme di Agrippa, ma un suo ramo secondario riusciva a raggiungere anche la zona di Trastevere.

La portata era misurata in quinarie, unità di misura apposita che corrispondeva a circa 41,5 metri cubi giornalieri, cioè quasi mezzo litro al secondo: le 2.504 quinarie dell’Aqua Virgo, quindi, erano pari a quasi 104mila metri cubi d’acqua – oltre 1200 litri al secondo -, garantendo una distribuzione abbastanza capillare tra suburbio, opere pubbliche, casa imperiale e concessioni private grazie ad una rete di 18 castella (centri di distribuzione).

Come anticipato, l’acquedotto che vediamo oggi in funzione è frutto anche di una serie di interventi di manutenzione e ammodernamento che si sono succeduti negli anni, e non solo recentemente: si annoverano, tra gli altri, i provvedimenti messi in atto per mano di Tiberio (37 d.C.), Claudio (tra il 45 e il 46 d.C.), Costantino I e Teodorico. Un restauro più imponente si rese necessario nell’VIII secolo dopo i danni arrecati dai Goti nel 537 e il Comune intervenne ancora una volta nel XII secolo. A metà dell’anno 1000 venne incrementata la portata con l’aggregazione di nuove sorgenti: Papa Niccolò V affidò l’incarico all’architetto, matematico e archeologo Leon Battista Alberti e altri papi, dopo di lui, ebbero cura di quest’opera, fino all’importante ampliamento del 1840 e al prolungamento (fino al Pincio) del 1936.

Oggi – Proprio un terminale di quest’ultima e recente sezione è ancora visibile sotto al Pincio, mentre alcune arcate dell’Aqua Virgo – ribattezzato Acqua Vergine durante un restauro dell’epoca rinascimentale – sono sbucate fuori nel 2017, durante i lavori per l’edificazione del nuovo complesso della Rinascente tra Via Due Macelli e Via del Tritone; la catena di magazzini si è sobbarcata al 100% il recupero di questi beni archeologici, integrandoli nella propria struttura dove, a tutt’oggi, sono esposti e visitabili.

Resti dell'Aqua Virgo esposti alla Rinascente di Roma.
Resti dell’Aqua Virgo esposti alla Rinascente di Roma. Fonte: Wikipedia.