Archiviato il primo governo sovranista

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Mentre chiudiamo il giornale il presidente del Consiglio Giuseppe Conte è salito al Quirinale per rassegnare le dimissioni nelle mani del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e aprire così formalmente la crisi del governo giallo- verde. Di fronte a quella che da più parti è stata definita come la crisi più pazza del mondo, con un alternarsi di scenari assolutamente imprevisti, il presidente Mattarella e le forze politiche dovranno cercare la soluzione per dare al Paese un nuovo Governo. Per approfondire l’attuale situazione politica e gli scenari possibili abbiamo raggiunto al telefono lo storico Guido Formigoni, professore ordinario di Storia contemporanea all’Università Iulm di Milano, già presidente dell’Associazione Città dell’Uomo.

Professore che idea si è fatto di questa crisi?

«Un esito del genere per un governo nato male e proseguito peggio era in qualche modo scritto. La scelta di stare insieme di Lega e 5Stelle è stata abborracciata – anche se forzata dalla situazione che si era creata anche per responsabilità altrui – ed è ovvio che alla lunga siano venute fuori le incompatibilità ».

Il governo gialloverde è al capolinea. Che bilancio possiamo fare del primo esecutivo sovranista – populista?

«Il bilancio è sicuramente poco positivo. Il problema vero è stata la crescita dell’influenza di Salvini, la sua capacità di attribuirsi i risultati dell’esecutivo mettendo nell’angolo l’alleato incerto e inesperto, che si è fatto soffiare la maggioranza che aveva un anno e mezzo fa. Certamente ha fatto una politica reazionaria sulla sicurezza e le migrazioni, con un continuo appello da parte di Salvini agli umori peggiori della pancia del Paese. Altrettanto certamente ci ha isolati, dimostrando che il sovranismo dei deboli non porta lontano. Dal punto di vista complessivo non mi pare, però, che il Governo abbia fatto i disastri che qualcuno paventava (forse per i limiti stessi della politica attuale nel cambiare la realtà?)».

Quali sono gli scenari possibili?

«Difficile dirlo visto che l’incertezza regna sovrana. Lo scenario elettorale ravvicinato indubbiamente sarebbe favorevole a Salvini, che intende incassare l’onda di consensi che sembra avere. Peraltro, tra i sondaggi e la realtà non sempre c’è coincidenza: le percentuali delle europee sono calcolate su un elettorato molto più ristretto di quello che normalmente va a votare alle politiche e non è detto, dunque, che La Lega sia veramente al 36-37 per cento come tanti la rappresentano.

Va anche osservato che il leader leghista a capo di un governo da solo, senza più l’alibi di qualcuno che gli impedisce di governare, non credo avrebbe la stoffa per durare molto. Salvini è un grande animale da campagna elettorale permanente, ma non certo un uomo di governo.

Comunque, nel deprecabile caso di un governo leghista, non credo che questo faccia la scelta radicale di portarci fuori dall’Europa. Questo è uno spauracchio da campagna elettorale: nemmeno Orbàn pensa di portare l’Ungheria fuori dall’Unione.

Stare in Europa è troppo conveniente sotto tutti i profili e, infatti, nelle ultime campagne elettorali nessuno ha più teorizzato l’uscita dall’Europa».

C’è poi l’ipotesi di un governo politico Pd-5Stelle… «Questa va valutata attentamente. La proposta Prodi – un governo di lunga durata chiaramente europeista – potrebbe essere ottima: servono però passaggi politici e cambiamenti importanti negli interlocutori. Per i 5Stelle non più la coppia Di Maio – Conte, ma qualcuno che rappresenti una svolta rispetto a questo anno del governo del cosiddetto “cambiamento”. Nei democratici, occorre si crei un consenso per un accordo europeista non di mera facciata, ma legato a un’idea di forte cambiamento in Europa: utilizzare cioè una solidarietà europea più forte, cercando gli interlocutori giusti, per una politica coraggiosa di tipo espansivo, che superi l’austerità tradizionale, che investa su alcune questioni decisive quali l’ecologia e la creazione di lavoro».

La proposta di Prodi comprende anche la presenza di Forza Italia … «Forza Italia è allo sbando e la sua presenza è una ipotesi tutta da verifi care, tanto più che i suoi voti non sarebbero decisivi. C’è, infine, un’ultima ipotesi che sarebbe la peggiore e cioè che si formi un governo di tipo tecnico e amministrativo, solo per rinviare le elezioni sulla base di una sorta di nuova urgenza di salvare i conti pubblici. Questo è un argomento ovviamente da non sottovalutare, ma non può, da solo, essere il perno per costruire un governo. Sarebbe ulteriore benzina sul fuoco della campagna elettorale permanente di Salvini. Se c’è un’alternativa alla destra radicale deve essere un’alternativa pienamente politica, non tecnica. Altrimenti si vada al voto, nella speranza sia una spinta forte per chiarire lo scenario».

Qual è la posizione della Chiesa in questo passaggio?

«Oggi c’è il rischio di una irrilevanza sostanziale dei cattolici nel nostro Paese, non nel senso della mancanza di una qualche identità nominalistica, ma nel senso che manca la capacità critica di prendere coscienza dei problemi e di elaborare una lettura della realtà e un conseguente progetto. Il cardinal Bassetti al Meeting di Rimini ha detto che quella in corso non è una crisi politica ma una crisi di sistema: è una affermazione molto interessante e importante, ma è solo la premessa. Bisogna svilupparla e ragionare a fondo sui 30-40 anni che abbiamo alle spalle, su cosa è successo nel mondo e su cosa i cattolici hanno fatto in questi anni: solo sulla base di questo ripensamento si potrà intraprendere una nuova stagione culturale che possa portare anche a ipotetici effetti politici».

Ora la palla è nelle mani del presidente Mattarella. Secondo lei che cosa farà?

«Mattarella è figura che ha la sua credibilità e saggezza, sarebbe però sbagliato tirarlo per la giacchetta, nel senso di forzarlo a fabbricare la soluzione politica se non ci sono le premesse. Lui certamente è in grado di resistere a pressioni esterne per esempio per accelerare le elezioni, ma deve poi poter contare su una fisiologica capacità del sistema politico di esprimere una soluzione che, ripeto, non può essere lui a inventare».