Arman e don Torta difendono il Fir e il “30% erogato” (?) ma confermano le divisioni letali tra le associazioni. Apprezzamento verso Zanettin ma segnalato un suo errore

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Andrea Arman, presidente del Coordinamento associazioni banche don Enrico Torta
Andrea Arman, presidente del Coordinamento associazioni banche don Enrico Torta

L’avvocato Andrea Arman, presidente del Coordinamento Associazioni Banche Popolari Venete “don Enrico Torta”, che si occupa dei risparmiatori danneggiati dal crac delle ex popolari venete, interviene in un lungo comunicato, che finisce con una frase quasi ironica, “per evitare la solita critica che si scrive troppo, qui finisce questa comunicazione”, sulla questione del Fondo Indennizzi Risparmiatori, nato con il governo gialloverde, i cui artefici Di Maio e Salvini si presero applausi e bagno di folla a Vicenza nel 2019, in contrapposizione alla legge Baretta del PD, che però sempre nel 2019 è tornato al governo, ritrovandosi ‘a letto’ gli ‘odiati ‘grillini’. Il deputato di Forza Italia Pierantonio Zanettin ha di recente presentato degli emendamenti per modificare appunto i Fir, e anche su questo interviene l’associazione don Torta.

Nella schizofrenia dilagante si è assistito al balletto di chi subito si è auto incensato di inesistenti meriti per il FIR ed ora, gli stessi, sputano sul FIR e accusano altri, noi per esempio, delle peggiori empietà per aver voluto il FIR – scrive Arman -. Pensiamo sia quindi utile cercare di fare il punto sulla situazione, in maniera schematica, restando a disposizione per approfondimenti. Di seguito gli argomenti maggiormente trattati: 1- Era meglio la legge 205 (Puppato – Baretta – Santini ) perchè ha erogato 25 milioni; 2- Il 30% pagato dal FIR è una miseria ignobile e la colpa è di chi ha voluto il FIR; 3- La legge FIR è fatta male e la Commissione che esamina le domande non funziona; 4- Vi sono incompatibilità nella Commissione che esamina le domande e questo la paralizza; 5- Tempi biblici per la liquidazione“.

Punto 1 – La legge Puppato – Baretta – Santini (205) prevedeva che fosse pagato il 100% di quanto accertato in sede di sentenza o di arbitrato che avesse accertato il misselling o altro tipo di imbroglio consumato dalla banca, con la previsione di erogare 100 milioni in tre anni. Come già detto a suo tempo, e mai da nessuno smentito, la prova del misselling è difficile e sicuramente impossibile per tutti i vecchi soci delle banche. E’ vero che in forza di quella legge sono stati erogati, a seguito della cosiddetta legge Bitonci del settembre 2019 circa 25 milioni a chi avesse avuto sentenze o lodi arbitrali favorevoli, è però da dire e da capire che quelle sentenze e quei lodi che sono stati liquidati sono relativi ad un lungo periodo di contenziosi conclusosi con la messa in liquidazione coatta amministrativa delle banche, e conseguente perdita delle licenze bancarie, del giugno 2017. Dopo di allora non è più stato possibile far causa o arbitrati contro Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza. Quindi quelli pagati sono i contenziosi maturati in anni di cause precedenti il 2017. Per chi avesse avuto sino ad ora la fortuna di non aver avuto bisogno di Tribunali o Arbitri bancari, ricordo che normalmente un contenzioso in Tribunale dura oltre 3 anni e che quelli all’Arbitro Bancario Finanzia ABF è di 238 giorni (vedi relazione anno 2019 ABF) e questa struttura già valuta circa 40/45 mila posizioni anno per cui immaginate cosa accadrebbe se si trovasse a dover valutare parte delle 150.000 domande di accesso al FIR. Poi c’è l’arbitro CONSOB, l’ACF, che nel 2019 ha valutato 1678 procedimenti con un tempo medio di evasione della pratica di 390 giorni (vedi relazione ACF 2019). Immaginate i tempi se avessero 150.000 posizioni da esaminare. La risposta a chi sostiene la bontà della legge Puppato – Baretta – Santini è in questi dati“.

Punto 2  – prosegue ancora Arman – è pacifico che il 30% di quanto speso per acquistare le quote delle banche popolari è poca cosa e non è assolutamente conforme a quanto promesso dai futuri governanti in campagna elettorale. Di più non è stato possibile ottenere, ed abbiamo lottato con le unghie per vedere almeno accettato un diverso e più favorevole conteggio partendo dal valore delle quote (azioni) al 2015. E’ stato impossibile per l’opposizione di quasi tutti i politici, della burocrazia e del corrispondente mondo della finanza. E’ da dire che quei politici locali che ora si pavoneggiano con il FIR, al tempo erano fermamente contrari sia a riconoscere il valore di riferimento per il calcolo del 30% sul valore della quota nel 2015 ma anche nel riconoscere la rivalutazione monetaria al prezzo di acquisto. Per inciso, per onestà intellettuale e per chiarezza, preme precisare che la legge sul FIR è stata ottenuta solo per la volontà dell’On. Luigi di Maio che si è imposto ai tanti suoi che ne erano contrari per ragioni ideologiche o per collegamenti amicali con chi sosteneva la vecchia legge Puppato – Baretta – Santini. Unico interlocutore all’interno del Movimento 5 Stelle favorevole al FIR è stato il sen. Gianluigi Paragone”.

Punto 3 – La legge FIR è malfatta; certo, ha subito numerose modifiche ed integrazioni quasi tutte scoordinate rispetto all’impianto iniziale. Il danno è cominciato con l’emendamento dell’onorevole Pesco ed altri del Movimento 5 Stelle. Poi ci sono state le pensate populiste – sindacali degli acconti ed i decreti attuativi simili a rebus. Comunque sia è una legge che in qualche maniera prevede di portare nelle tasche dei risparmiatori 1,5 miliardi di euro (non i cento milioni della legge Puppato – Baretta – Santini). E’ una legge nuova, mai fatta una di analoga in Italia, che deve trovare la sua operatività anche sperimentando cammin facendo. Si sa che la burocrazia italiana non è particolarmente veloce per cui è inutile, e altrimenti in mala fede, pretendere che nel nostro caso si stravolga la prassi secolare della burocrazia fra le più lente del mondo. Che la Commissione d’esame domande non funzioni è una falsità ed una cattiveria gratuita. La Commissione lavora regolarmente e processa circa mille posizioni a settimana. Il numero esiguo di pratiche settimanalmente esaminato è causato dalla necessità di verbalizzare singolarmente ogni domanda. Sono in corso iniziative, anche legislative, per consentire alla Commissione di procedere con verbalizzazioni cumulative per pratiche analoghe, questo renderebbe ben più sbrigativa veloce l’evasione delle domande. Viene anche sostenuto che la Commissione è fiscale e chiede molte integrazioni documentali. Anche questo non è vero“.

La procedura di esame delle domande è, di massima, la seguente: Consap, che ha raccolto le domande, fa un primo controllo e rileva la mancanza di documentazione per cui invia le richieste di integrazione; le pratiche complete, invece, le trasmette alla Commissione che le esamina e valuta, dopo di che le ritrasmette a Consap che ne dispone il pagamento attraverso la Ragioneria dello Stato. Attualmente Consap ha rilevato mancanza di documentazione per circa 50.000 posizioni, ma non di tutte ha inviato la richiesta di integrazione per non mettere in difficoltà i risparmiatori nel dover provvedere al recupero di documenti bancari in periodo di vacanze natalizie e con la crisi Covid”.

Punto 4 – Qualche buontempone continua a scrivere che ci sono incompatibilità fra i membri della Commissione e che questo rallenta i lavori. Probabilmente i buontemponi non conoscono bene la realtà, non tutti perché ci sono anche quelli che la tesi la sostengono ben conoscendo e volendo le possibili conseguenze, e non si rendono conto che se così fosse, ma non è, si bloccherebbe la procedura di liquidazione per mesi e probabilmente verrebbe invalidato il lavoro svolto“.

“Punto 5 – Tempi lunghi per la liquidazione? Risposta: purtroppo si, non anni ma quelli già indicati nella precedente nostra comunicazione. Un anno poco più. Speriamo meno ma non facciamoci illusioni. D’altra parte, quanto ci hanno messo a liquidare la cassa integrazione ed altri benefici? Vi dico questo con tanta amarezza, con Voi risparmiatori si è combattuto per anni e sarebbe giusto che questa cosa finisse in fretta ma per ottenere in fretta ciò che ci spetta bisognerebbe cambiare l’Italia…”.

Dopo aver smontato, dal suo punto di vista, quelle che sono le critiche più diffuse sul Fir, Arman commenta le proposte di modifica di Zanettin. “Siamo davvero sicuri che quell’emendamento sia a noi favorevole? Recita il testo dell’emendamento: “ …si fa riferimento all’ultimo valore riportato nel rendiconto titoli antecedente alla liquidazione coatta amministrativa della Banca per i cui titoli viene richiesto l’indennizzo…”. Probabilmente è una svista o forse l’on. Zanettin è stato mal informato e/o consigliato da quelle associazioni che lo hanno coadiuvato nella stesura dell’emendamento perché, il valore delle azioni prima della liquidazione coatta amministrativa era di 0,10 (zero, dieci) euro, ovvero dieci centesimi di euro. Quello è il valore, moltiplicato, riportato nell’ultimo rendiconto titoli delle nostre banche. Confidiamo che si sia trattato di un errore del parlamentare che, per altro, negli ultimi tempi si è spesso battuto a favore dei nostri diritti di risparmiatori (analoga idea era venuta nel 2018 all’onorevole Brunetta) ma se questo emendamento venisse accettato e diventasse legge, la nostra aspettativa di indennizzo sarebbe drasticamente ridimensionata. Inoltre – conclude Arman – c’è da dire, che le banche del centro Italia, anch’esse inserite nella procedura FIR, non hanno subito la liquidazione coatta amministrativa“.


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