Da Storie Vicentine la storia di Arpalice Cuman Pertile, poetessa, scrittrice e docente che si è imposta con coraggio.
Ha combattuto con ardore e coraggio contro chi ha tentato di intralciare la poetessa, scrittrice e docente che è stata, raggiungendo i suoi obiettivi. Nelle sue opere si riconosce una fusione tra i principi evangelici e quelli patriottici/risorgimentali, quali fratellanza, solidarietà, libertà, pace e giustizia.
Nei libri di storia e di letteratura troppi sono i nomi al maschile, alla pari degli aggettivi e articoli che li accompagnano. Nell’ombra retrostante c’è però quel “lei”, abbinato a personalità grandiose, che hanno segnato le epoche e il destino del mondo. Basti pensare ad illustri personaggi come Jane Austen, esclusa alla pari di molte donne, dall’ambito culturale del suo tempo e che fu quindi costretta a pubblicare la suo opera “Sense and Sensibility” sotto lo pseudonimo “A Lady”. La stessa sorte toccò a Mary Shelley, la quale dovette firmarsi col nome del marito Percy B. Shelley; o ancora le sorelle Brontë, che siglarono i loro manoscritti con identità fittizie.
Eppure le loro opere hanno trionfato in tutto il mondo e vivono nei cuori di tante persone, da cui queste autrici sono positivamente invidiate. Non solo per il fatto di aver dato vita a romanzi ineguagliabili, ma anche per il loro temperamento impetuoso. Jane Austen, per esempio, attraverso i suoi personaggi, criticò in modo velato ma pungente la sua società, dove una donna era qualcuno solo se sposata (possibilmente con un coniuge ricco e facoltoso). Le donne sono la forza della natura, l’impeto che muove l’universo intero e dentro ognuna di noi, c’è un cassetto nascosto dove possiamo trovare un carisma, che ci è magari sconosciuto e nemmeno sappiamo di avere.
In Italia una donna di nome Arpalice Cuman Pertile, è stata espressione della tenacia che caratterizza il mondo femminile e non si è lasciata scalfire da nulla, nemmeno da ostacoli alla parvenza insormontabili. Ognuno ha un dono e ne deve far tesoro: lo deve proteggere dai fattori esterni che lo vogliono intaccare e distruggere, conservandolo fino all’ultimo respiro. Lei ha combattuto con ardore e coraggio contro chi ha tentato di intralciare la poetessa, scrittrice e docente che è stata, raggiungendo i suoi obiettivi. Nelle sue opere si riconosce una fusione tra i principi evangelici e quelli patriottici/risorgimentali, quali fratellanza, solidarietà, libertà, pace e giustizia.
La famiglia, l’amore, la natura e lo studio sono emersi come ninfee delicate ma con radici ben ancorate, nel lago della sua esistenza. Di questi valori sono intrisi i suoi gesti e la sua vita, in cui la scrittura e l’insegnamento sono stati il fulcro.
Arpalice nasce a Marostica il 12 Maggio 1876 ma si trasferisce con la famiglia per un breve periodo a Torino, per poi far ritorno nella città natale, dove frequenta le scuole elementari. All’età di 10 anni, nonostante fosse solo una bambina, purtroppo subisce un grande lutto, perdendo la nonna e la mamma. Sin dalla tenera età manifesta un grande amore per lo studio infatti, raggiunta l’età adatta, intraprende le magistrali nel convitto di Verona e consegue il diploma.
La passione per la letteratura e la cultura si fanno strada sin da subito in lei e lo stesso si può dire anche per l’interesse verso il mondo del teatro. Tant’è che si iscrive al Magistero Superiore di Firenze e si laurea nel 1898 con la tesi intitolata “La riforma del teatro comico italiano e Carlo Goldoni”. Parallelamente alla carriera letteraria è anche molto attiva nell’ambito sociale, tanto da essere impegnata verso i meno abbienti con corsi di insegnamento per adulti e bambini.
È partecipe della vita sociale cittadina prendendo parte a dibattiti, inaugurazioni e comparendo nei luoghi culturali del territorio. È volontaria presso la “Scuola Libera Popolare” dove si prodiga per le famiglie della classe operaia. Oltre alla formazione dei più piccoli si dedica anche all’insegnamento delle maestre e delle donne in generale, fondando una biblioteca di classe.
Questo suo impegno sociale la porta a scrivere con Cristiano Pertile, che poi diventerà
suo marito, “Le società di Mutuo Soccorso fra operai e professionisti”. Si tratta di società nate per occuparsi dell’autodifesa del mondo del lavoro, sulla base di solidarietà con altri ceti sociali. Dopo la laurea va a Torino per insegnare italiano e successivamente, è docente di lettere a Vicenza dove conosce grandi personalità come Antonio Fogazzaro, Paolo Lioy
e Fedele Lampertico. In questo periodo scrive anche le prime poesie per bambini e i libri per le scuole elementari, che arricchisce con illustrazioni.
Alla scoppio della prima guerra mondiale si schiera contro la soluzione bellica e difende
invece la pace, firmando però così la sua condanna. Entra infatti nel mirino degli
interventisti e poi, richiamata dal ministero della pubblica istruzione, viene ripresa per
il suo atteggiamento e le intimano di attenersi ai programmi scolastici vigenti.
Nel frattempo sposa Cristiano Pertile, docente di lettere al liceo Pigafetta. Entrambi sono accusati di antipatriottismo e vengono perciò costretti ad andarsene. Devono infatti trasferirsi a Firenze con obbligo di firma quotidiano.
Qui Arpalice comunque né si perde d’animo, né reprime la scrittrice che vive in lei
e da quindi vita alla sua opera “Il trionfo dei piccoli”. Il peregrinare dei coniugi Pertile però non è ancora concluso, perché devono spostarsi nuovamente ed andare a Novara, dove l’autrice scrive “Le preghiere dei bambini” e poi ancora a Genova, luogo in cui realizza un corso di letture “Per le vie del mondo”.
Al termine della guerra, dopo aver saputo rendere fruttuosi anche questi anni tormentati, tornano finalmente a Vicenza e si possono dedicare nuovamente all’insegnamento e Arpalice diventa presidente del consiglio direttivo nella Scuola Libera Popolare.
Il periodo di quiete però non è destinato a durare a lungo, perché col fascismo viene purtroppo esonerata dall’insegnamento, non avendo manifestato adesione al regime. Lei però, da donna combattiva e determinata qual’è, continua la sua attività privatamente e si dedica alla formazione degli insegnanti. Un altro momento buio si fa strada su di lei e i suoi libri vengono sfortunatamente eliminati dalle scuole.
Con lo scoppio della seconda guerra mondiale si reca a Marostica dedicandosi al sociale e ai più bisognosi, in linea con quello che è stato il suo operato sin dal principio: si prodiga infatti all’insegnamento dei figli delle famiglie povere e sfollate. Alla fine della guerra si attiva per la riapertura delle scuole e i suoi libri vengono finalmente riammessi come testi scolastici.
Negli ultimi anni di vita scrive “Le memorie dei due cuori”, pubblicato nel 1954 dove ripercorre i suoi ricordi, che avranno poi fine il 30 marzo 1958 nella sua città natale, dove tutto ha avuto inizio. Al termine di questo excursus attraverso la vita di Arpalice
Cuman Pertile è doverosa una riflessione finale in relazione al titolo dell’articolo.
La forza che ha dimostrato questa donna, vissuta a cavallo tra due guerre ma senza appoggiarne nessuna, dimostra come lei abbia combattuto invece una sola grande
battaglia. Conscia del dono letterario che ha sempre abitato la sua anima, ha cercato di
infonderlo ovunque, come gocce di pioggia vitale su un terreno arido.
Attorno a lei c’erano il deserto, la distruzione e un forte vento contrario, ma è affascinante immaginarla metaforicamente, attraversare tutto questo con coraggio: ad occhi socchiusi e con il braccio davanti al volto per proteggersi, lei ha proseguito imperterrita il suo percorso, conscia che, se avesse resistito, avrebbe raggiunto i più bisognosi e sarebbe stata per loro appunto una pioggia rigenerante.
Nel frattempo è caduta e chissà quanti hanno pensato di averla sconfitta. Lei però, esattamente come la fenice, è rinata dalle sue ceneri, più forte di prima e ha spiegato le sue ali verso la meta finale del suo cammino a testa alta e fiera di poter essere l’aiuto di cui tanti necessitavano.
Di Giulia Bisognin da Storie Vicentine n.15-2023.