Arringa processo BPVi: l’avv. Bertelle scoppia in lacrime. ViPiù ringrazia i giudici per il divieto di registrare quelle di Zonin. Da coccodrillo?

512

Oggi in occasione dell'arringa dell'avv. Renato Bertelle dobbiamo ringraziare Deborah De Stefano, presidente del collegio giudicante del processo BPVi a Gianni Zonin e, troppo pochi, altri, che, in occasione delle prime restrizioni ferree (ovviamente all'italiana) per la pandemia Covid arrivate in coincidenza con le deposizioni degli imputati, interpretò le disposizioni in maniera restrittiva e impedì, se non a pochissimi, tra cui non c'erano quei chiacchieroni dei giornalisti, l'ingresso in aula.

La dottoressa De Stefano fu così intransigente che vietò l'ingresso in aula anche della sola nostra telecamera che avevamo chiesto di posizionare per riprendere in automatico e senza operatore le deposizioni chiave del processo, come da ordinanza di autorizzazione generale del precedente presidente dr. Miazzi confermata dalla presidente che gli dovette succedere: "sapete, non si sa mai - deve aver pensato -, con l'intelligenza artificiale e i robot di gran moda, chi può escludere che una zoommata verso le labbra degli imputati sputanti dropplet di virus non ne catturi una quantità industriale che, poi, si possa diffondere urbi et orbi via web una volta pubblicati i video sul nostro canale YouTube. Direte - avrà concluso con se stessa e con le colleghe del collegio Garbo e Amedoro con cui condivide le decisioni - che la cattura e la diffusione virtuale di dropplet non ne implica allo stato dell'arte delle conoscenze umane la materializzazione ma noi che ne sappiamo se i possibili untori del Covid, cinesi o extraterrestri che siano, non abbiano strumenti tecnologici da renderla possibile? Quindi niet riprese!".

Ci rimanemmo male all'epoca e gridammo all'attentato alla libertà di stampa ma ora ce ne scusiamo con gli amministratori della giustizia (se con la g maiuscola o minuscola ognuno lo decida per conto suo e caso per caso) e ringraziamo il collegio per quella decisione che ci impedì di video registrare e video pubblicare le lacrime di Gianni Zonin (ne scrissero i solerti media locali, magari commuovendosi per il povero vecchio vignaiolo) mentre leggeva la sua memoria difensiva da vittima inconsapevole, poareto lù, del sistema.

Quel niet magari ci evitò un'ennesima sua querela, avallata dai solerti pm vicentini, perché quelle lacrime forse le avremmo commentate con un'ironia e un sarcasmo mal e mai tollerati nei nostri confronti dai giudici di Borgo Berga.

Ora ringraziamo ancora di più il collegio per quella "censura" tecnologica perché oggi non dobbiamo confrontare quelle lacrime con quelle dell'avvocato Renato Bertelle che vi mostriamo qui pubblicando il video integrale della sua arringa (di seguito anche la trascrizione agli atti, ndr) al processo BPVi pronunciata (con gli altri 9 colleghi delle parti civili private intervenuti e di cui pure pubblicheremo i video) il 17 dicembre contro Banca d'Italia, che il legale maladense, anche lui come molti altri, non accetta come "collega" di parte civile offesa ma vorrebbe come imputata in un procedimento prossimo venturo, e contro Gianni Zonin, "presidente onnipresente e che tutto sapeva e decideva non certo da comprimario degli altri imputati".

Ringraziamo De Stefano, Garbo ed Amedoro di non averci fatto registrare le lacrime di Zonin perché, per deontologia professionale, avremmo dovuto confrontarle con quelle di Bertelle, sgorgate dagli occhi dell'anche lui, meno, vecchio avvocato, ma soprattutto vecchio accusatore inascoltato in molte assemblee trionfali dell'ex presidente della fu banca di via Btg. Framarin.

Quelle lacrime di Renato Bertelle trattenute a stento, mentre parlava (minuto 20 circa del video, ndr) del dramma di un suicidio per la perdita subita e di una delle famiglie con figli disabili ed economicamente distrutta dal crac della BPVi, ci farebbero scrivere di sentirle credibili, per quanto ad effetto, mentre false ci sarebbero sembrate, se le avessimo viste e sentite, quelle di chi per venti anni, anche se null'altro avesse fatto, ha avuto la grande colpa di nulla vedere e nulla sapere.

Lacrime da coccodrillo se non anche false e ipocrite avremmo supposto all'epoca delle riprese proibite e oggi ci troveremmo di sicuro a doverci difendere da un nuovo processo, se fortunati, dopo un rinvio a giudizio degli inflessibili (con noi?) pm vicentini o, peggio, da un decreto penale che avrebbero già emesso giudici costantemente ammaliati dalle argomentazioni del legale di Zonin.

Grazie, collegio vicentino del processo BPVi, ci viene quasi da piangere... per la gioia di averci evitato l'ennesima causa dopo le tante altre in corso contro chi scrive da giornalista libero.

(Qui tutti i nostri articoli e qui nella sezione Premium di Bankileaks.com tutti i verbali del processo BPVi, qui le arringhe delle parti civili private, ndr),

PRESIDENTE DEL COLLEGIO... Avvocato Bertelle: sono le posizioni 233, 353-bis e 526.

PARTE CIVILE, AVV. BERTELLE – Presidente, scusi, ma non riesco a leggere con la mascherina. Non so, mi metto là, mi sposto?

PRESIDENTE – Si metta in una postazione schermata, sì.

PARTE CIVILE, AVV. BERTELLE – Grazie, non per cattiveria.

Arringa della Parte Civile, Avv. Bertelle

PARTE CIVILE, AVV. BERTELLE – Buongiorno. Io parto subito richiamando quanto già affermato dai Colleghi, quanto già affermato e richiesto dai Pubblici Ministeri. Comincio a parlare di testimonianze. Parlo di Ravazzolo Giancarlo, il quale, leggo fra virgolette: “In occasione di conviviali con Zonin, in qualche occasione, l’abbiamo preso da una parte perché lui stesso ci confermasse che le operazioni sopra descritte, vale a dire quelle ormai note come ‘baciate’, Zonin in queste occasioni ci tranquillizzava dicendoci che finché c’era lui in Banca non avremmo dovuto preoccuparci di niente. Questo tipo di rassicurazione ce l’ha data in più di un’occasione, anche prima dell’Assemblea degli Azionisti. Evidenzio che, come ho già precisato, noi non avevamo finanziamenti, ragioni di esposizioni”. Quest’ultima affermazione è molto importante perché assieme a lui, assieme a Ravazzolo Giancarlo, oltre a Silvano (che non cito perché ripeterei), c’erano altri Testi, parlo di Loison, per esempio, che hanno tutti partecipato alle cene, che chiedevano a Zonin come andava, però non facevano riferimento, e hanno detto che non si riferivano alle baciate. Soltanto che quei signori, milionari, con azioni da 10 milioni fino a 50 milioni, non avevano, come i Ravazzolo, alcun finanziamento, leggevano sicuramente quello che Zonin scriveva, in tutto ciò che abbiamo visto, che abbiamo letto, per cui c’è l’aggiotaggio, secondo noi. E nessuno aveva motivo di chiedere a Zonin: come va, come vanno i miei finanziamenti. Ricordo – c’è agli atti, anche se non è stato detto – la trascrizione di Tranquillo Loison, il quale a Rizzi dice: ma come? Mia moglie ha fatto 2 milioni di finanziamento e di acquisto di azioni?! Neanche sapeva, addirittura, tanto per dire, le disponibilità economiche di Loison. Ed è evidente che lui parlava a Zonin, come tutti gli altri, delle baciate. Ma è importante anche la testimonianza di Sergio Romano, il quale afferma che, sempre fra virgolette, il 27/11/2012, udienza 17/09/2020: “Fu contestualmente deliberato nel medesimo giorno un acquisto di 80.000 azioni per 5 milioni – questo è importante – finalizzato a cogliere opportunità di investimenti mobiliari e immobiliari, e questo c’è scritto anche nella documentazione che ho esibito. In effetti, il 27/11 del 2012 è stata dal CdA accolta, e lo stesso giorno nel prospetto che riassume le operazioni che sono state fatte, il 27/11, ripete, questo vuol dire che nello stesso giorno nel Consiglio sono passate sia la delibera dell’affidamento che la delibera di acquisto delle azioni”. Non sono più virgolette, adesso dico io. Il “finalizzato a cogliere opportunità di investimenti mobiliari e immobiliari” era un principio, un ordine, un modo di scrivere la causale preordinato, preordinato a nascondere, a far finta di non essere informati circa l’acquisto delle azioni. Questo, a contrariis, diciamo, conferma e confessa che chi operava, soprattutto chi deliberava – e parlo del CdA, Zonin in testa – sapeva che facevano le baciate e voleva fare in modo che ciò non fosse evidente. A tal proposito è importante la teste Cristina Girardin, vi dico la data perché non cito le parole, comunque, l’11 luglio 2019, la quale ha affermato che le era stato vietato di usare la causale “finanziamento per acquisto azioni”, e lei tentava, tentò più volte di metterla, riuscendoci soltanto poche volte perché bloccavano le richieste. Importante è Cattelan Piergiorgio. Cattelan Piergiorgio – potrei leggere virgolettato ma riassumo per fare presto – acquistò 20 milioni di azioni con la ditta Cattelan, operativa nel 2019, chiesero di fare un ulteriore investimento nel 2012, lui disse di no, e poi come condizione propose di portare i finanziamenti su una società non operativa, la Elan, una S.r.l. nata ad hoc, salto, con 10, forse 20.000 euro di capitale sociale. “Così mettevo a riparo – dice lui – anche i precedenti 20 milioni”. E qui faccio una chiosa. Si parlava, qualcuno ha detto della Banca d’Italia, di cui parlerò dopo, che loro erano... guardavano soltanto il merito creditizio; ma allora quei 30 nominativi, di cui pure parlerò dopo brevemente, che avevano da 10 milioni in su, guardavano il credito, il merito creditizio o che cosa? E allora non hanno visto che questa società, appena costituita, appositamente costituita, di 10.000 euro di capitale sociale faceva un finanziamento di 20 milioni per acquistare le azioni, e incorporava a se stessa il debito della Cattelan per altri 20 milioni? Questo è il merito creditizio che guardavano quelli della Banca d’Italia? Spostando un po’ il discorso, vorrei parlare di Zigliotto. Zigliotto, che non sapeva, poverino, ha fatto un “favore” alla Banca, ha fatto 5 milioni di acquisto di azioni finanziato, la Dossena lo ha fatto per 1 milione, Monorchio per 1 milione personalmente, 5 milioni per la Micoperi. E l’articolo 136 del TUB, che impone che chi svolge funzione di amministrazione, direzione e controllo non contragga obbligazioni di qualsiasi natura (prestiti) o compia atti di compravendita (azioni) direttamente, se non con l’approvazione della delibera previa dell’organo amministrativo, cosa ci dice? Che tutti i finanziamenti di questi signori sono passati dal Consiglio di Amministrazione. Se ne avessimo bisogno, questa è la prova che il Consiglio di Amministrazione tutto sapeva dei finanziamenti. Turco Costante, persona importante all’interno della Banca, il 3 luglio disse, leggo virgolettato per non sbagliare: “Diciamo che nella fase di verifica BCE, io sono andato a farmi delle estrazioni con le date di acquisto, la data eccetera, di delibera, avevo verificato che c’erano numerose, più di un’operazione, cioè operazioni di richiesta, quindi che era stata approvata dal Comitato Soci nella stessa giornata in cui era stata fatta la delibera di fido. Il Consiglio di Amministrazione è quello che ha deliberato i fidi, il Consiglio di Amministrazione è quello che ha ratificato l’ammissione a socio o la richiesta di nuove azioni nello stesso giorno”. Malinverni, questo è semplice. Alla cena da lui offerta, a fianco di Zonin, si vede avvicinare da Miranda, consigliere storico, il quale dice a Zonin: “Gianni, dobbiamo ringraziare il Conte perché col nostro finanziamento ha acquistato 1 milione e mezzo di azioni. Zonin sentiva, ovviamente. Ma c’era anche Sorato, che fa: ‘Non dire stupidate! Non dire cazzate! Ha comprato 1 milione e mezzo di euro di azione’ – quindi non 1 milione e mezzo di azioni –. Il Presidente rientrò dal suo stupore del milione e mezzo di azioni, e disse: ‘Ah, okay, grazie’”. Gli altri, i Testi sentiti in merito a questo, a questo fatto, negano. Ma tutti negano, soprattutto molti, moltissimi Testimoni. Adesso vorrei indicare – anche se quasi certamente ne è già a conoscenza il Tribunale – la sentenza 46669/2011, che è riferita a presidenti di varie banche, non per una cosa del genere ma simile. Cosa afferma? Sempre testualmente: “Il mancato controllo e vigilanza su specifiche questioni concernenti l’erogazione del credito, rientrando tra le funzioni specifiche delle banche, sono ricomprese nell’alveo di competenza degli organi di vertice, indipendentemente dal decentramento – salto un paio di righe – in caso di omissione di controllo, in quest’ultimo caso, sussiste quantomeno la corresponsabilità sotto il profilo penale di tali organi verticistici, ricadendo tale omissione nella sfera di azione dell’articolo 40 Codice Penale, comma 2, secondo cui non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo”. L’ha citato questo articolo 40 il Pubblico Ministero. Indico questa sentenza che descrive esattamente questa situazione. Continua la sentenza: “È attribuibile ai presidenti degli istituti bancari e dei relativi consigli di amministrazione una cosiddetta ‘posizione di garanzia’, per cui scatta l’obbligo – e salto – anche nel caso di istituzione di direzione generale, a cui vengono affidati specifici compiti” e via dicendo. C’è un problema che affronta sempre questa sentenza, per la quale poi vanno assolti gli Imputati. Perché? Brevemente, si trattava dell’applicazione del massimo scoperto nel calcolo degli interessi... Non del massimo scoperto, scusate, delle commissioni di massimo scoperto. Ora, siccome la giurisprudenza è ondivaga, come chi segue le banche sa, non era certo, come diceva la Banca d’Italia, che le commissioni di massimo scoperto dovessero essere applicate nel calcolo; e allora la 46669/2011 dice: va bene, siccome incerti, giustamente non devono essere puniti. Ma non è questo il caso. È inutile che... Cercheranno, com’è già stato capito da alcune domande, di dire: eh, noi non sapevamo, forse non andava applicato l’articolo 2358 nel caso di specie. No, no, signori, no, no. Al di là della giurisprudenza costante, almeno dall’inizio del 2010, e cominciando da Milano, l’articolo 2519 del Codice Civile è chiaro: alle società cooperative, per quanto non previsto dal presente titolo, si applicano in quanto compatibili le disposizioni sulle società per azioni. Quindi, niente 2358. Ma in questo caso, come già ho accennato prima, nel caso che qui ci occupa, dei consiglieri di amministrazione e di tutti gli altri: sapevano, sapevano che andava applicato il 2358, perché? Perché hanno fatto di tutto per dimostrare che non facevano le baciate, hanno sconvolto la normale operatività, cioè mettere ‘per acquisto baciate’, e hanno fatto riferimento, hanno imposto di fare riferimento – ho già accennato e non mi ripeto – a una causale diversa, generica, in modo che qualcuno potesse dire, chi è qua e chi non è qua e dovrebbe essere qua: ma noi non sapevamo perché mettevano una causale sbagliata. Voi avete voluto la causale sbagliata. Chi? Chi comandava, chi faceva quello che voleva nella Banca. Scusate ho perso un foglio, ma devo ricordarmi di parlare di Gatti. Banca d’Italia. Banca d’Italia sapeva, non poteva non sapere Banca d’Italia.

Allora, c’è agli atti, ve la ricordo, una lista di 30 grandi soci. Si è parlato più volte di questa lista. Operazioni a 504.178.125 euro. Questa lista scriveva Valente Rosa Maria con e-mail del 23, no, del 4 agosto 2015, a Bozeglav una e-mail in cui si legge: “Le inoltro memoria interna della Divisione Crediti di tutta la documentazione fornita al team Bankit in occasione dell’ispezione 2012”. 2012: Banca d’Italia sapeva che 30 persone avevano, ho detto prima il numero, 504 milioni di azioni. Leggiamo a questo punto quello che dice Cauduro, il 6 febbraio 2020: “Nella prima parte del 2012 è stato avviato un accertamento ispettivo da parte di Banca d’Italia sulla BPVi (...) gli ispettori avevano le stesse identiche abilitazioni, diciamo, della parte alta della banca. In questi tabulati (...) c’era: il nominativo del cliente, il rapporto di conto corrente (...). Per cui, se io ho Adriano Cauduro che è affidato per 5 milioni, utilizza 5 milioni, ma non ha garanzie a fronte – ricordo l’Elan che aveva 10.000 euro di capitale e 40 milioni di debito – io, se sono l’ispettore di Banca d’Italia, lo guardo, gli dico: ma come mai avete dato 5 milioni a uno senza garanzie a collaterale? (...) Erano operazioni che per una figura chiamata a eseguire in maniera professionale la propria attività con diligenza non poteva non vederle – non poteva non vederle –. Come le ho viste io, che non capivo un tubo di credito, non possono non averle viste gli ispettori”. Vorrei parlare di Ambrosini. Ambrosini dice la verità, la pura e santa, sacrosanta verità. Intanto, lui dice che già nel 2007 aveva detto al dottor Gelati e al dottor Carmelo Lattuca del team ispettivo che c’erano, che la Capogruppo e la Costamar, dell’Estel, a fronte di 12.400.000 euro di utilizzi aveva 14 milioni di euro finanziate. Tutto quello che ha detto Ambrosini, tutto quello che lui riferisce di aver riferito a Sansone è vero. Sansone ha negato, Sansone non sa niente, non ha mai saputo niente, ma Sansone sapeva. Circa quello che è stato riferito in tanti minuti, circa le deposizioni di Ambrosini, che non sarebbe credibile, io vi dico che lui non è un cuor di leone, come coloro che se ne sono andati, che si son fatti fare causa dalla Banca perché non volevano fare le baciate (ho citato prima la Girardin), lui ha avuto il coraggio a un dato momento di dire a questo ispettore: ma guardi che – lo trovate nella sua testimonianza – ma guardate, se voi guardate tutti i grandi soci della Banca, sono stati tutti finanziati. Cosa succede il giorno dopo? Sorato lo chiama: vieni qua, cosa hai detto agli ispettori? Lui dice: ho riferito. Ma cosa? Eh, ho riferito. Sei una spia! Dopo ha detto anche altre cose che aveva riferito a Sansone. Ma chi lo aveva detto a Sorato? Sansone! Che dice che non sapeva, invece sapeva, perché tutti sapevano. La Banca d’Italia compresa, già dal 2012. E avrebbero comunque potuto saperlo. Ma io dico: lo sapevano. Io penso di aver detto abbastanza per far ritenere che gli odierni Imputati sapevano tutti di quello che si verificava, che essi facevano, e che essi vollero fare. Sulle loro responsabilità, quindi, non mi attardo, hanno già parlato altri Colleghi.

Chiedo, pertanto, che siano condannati. Circa le pene: le pene, per quanto alte, non saranno mai troppe. Qui siamo in un processo regolare, fatto con tutti i crismi, senza nessun intervento di terzi. Vediamo quante Parti Civili ci sono qua. Io, come l’Avvocato Ravagnan, faccio riferimento ai cento... quasi 180 mila soci che hanno perso tutto. Ma voglio citare solo un esempio, anzi, due esempi, perché li conosco direttamente che sono miei, che non ho portato qua perché avrei dovuto portarne almeno 150 dei miei clienti. Cito solo due persone: una che ha ereditato dal fratello, che si è sparato perché aveva perso tutto; e una famiglia composta da padre, madre e due figli, disabili al 100% aggravato, di 31 anni e di 22 anni, questo signore, quest’uomo, l’unico che lavorava, era riuscito a risparmiare duecentoses... Mi viene... Uff! (Si emoziona) 260.000 euro. Tutti persi, tutti! Hanno paura di morire e di lasciare i figli da soli, senza i soldi per curarsi. Questi aspettano giustizia. A questi sarà, sono sicuro, data giustizia. Ha accennato prima Ravagnan al Presidente e alle sue zone, alle sue cantine, che guarda caso sono dove lui ha le banche! Dove ha comprato banche. E io confido in questo Tribunale. Chiedo, pertanto, mi richiamo alle conclusioni che ho già depositato, e richiamo però e chiedo che questo Collegio non ritenga, non dico che la escluda perché..., ma che non ritenga la Banca d’Italia risarcibile: la Banca d’Italia, come in tutte le mie denunce, dovrebbe essere di là, dall’altra parte, non richiedere un risarcimento! Ha concorso di fatto, ma non per l’articolo 40, per cui: pene severe. Vorrei parlare anche del danno ai risarciti. Non soltanto quella famiglia che ho citato e l’erede del suicida, ma tutti quanti: se non hanno comprato le azioni nel 2013 e nel 2014, comunque ciò che potrebbe essere la dimostrazione del danno subito per aver comprato le azioni, l’hanno subita anche loro perché con quei falsi in prospetto, con tutte quelle cose che dicevano nella Banca, che dicevano solo per trarre in inganno, per truffare tutti, con l’aggiotaggio, ma hanno anche truffato, non hanno venduto le azioni che avevano, non le hanno vendute, anche perché c’era il falso in prospetto. Tutti sono rimasti lì, perché oltre alle lettere c’erano anche i falsi in prospetto 2013 e 2014. E allora non si può dire: loro non possono avere il risarcimento a seguito, perché non hanno comprato nel 2014 o nel 2013. Per me devono essere risarciti tutti. Se il Tribunale dovesse ritenere che dovranno essere risarciti al prezzo medio di carico, va bene, questo lo dico, non l’ho messo nelle conclusioni, ma questo è. Chiedo che sia Banca d’Italia che Consob, che dovevano e potevano rendersi conto e impedire che negli anni dal 2007, perché abbiamo visto nel 2007 hanno cominciato, e lo sapeva la Banca d’Italia perché c’era un suo ispettore, Dalla Stella a Thiene, dal 2007 in poi, devono essere risarciti. Scusate, ho perso il filo. Sulle pene penserà il Tribunale, penserà il Tribunale alla gravità di quello che ha fatto a tanti italiani, a tanti veneti e soprattutto a tanti, in rapporto, vicentini, distrutto famiglie che solo perché siamo veneti non abbiamo avuto problemi. Chiedo comunque che non sia stabilito il risarcimento a favore di Banca d’Italia e di Consob. Chiedo anche che siano inviati gli atti alla Procura, ove questo Tribunale ritenga la responsabilità di altra gente, che dovrebbe essere qua, che è stata denunciata ma che non è stata ritenuta responsabile, e in realtà lo è. E mi richiamo per il resto. Grazie, scusate. Buongiorno e tanti auguri.

PRESIDENTE – Grazie. Auguri anche a lei. Le conclusioni scritte sono state già depositate, con l’allegata nota spese...

Sei arrivato fin qui?

Se sei qui è chiaro che apprezzi il nostro giornalismo, che, però, richiede tempo e denaro. Se vuoi continuare a leggere questo articolo e per un anno tutti i contenuti PREMIUM e le Newsletter online puoi farlo al prezzo di un caffè, una birra o una pizza al mese.

Grazie, Giovanni Coviello

Sei già registrato? Clicca qui per accedere