Arringa processo BPVi, l’avv. di parte civile privata Paolo Ciccotto: “i danni siano fissati al massimo, vittime non hanno tempo né risorse per cause”

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Oltre a Michele Vettore e Renato Bertelle sul podio delle presenze in aula alle udienze del processo BPVi dei legali di parte civile privata (i soci risparmiatori azzerati dal crac della Banca Popolare di Vicenza) è salito alla fine della kermesse processuale l’avv. Paolo Ciccotto di Valdagno pronto ad ascoltare per conto delle parti civili rappresentate accuse, difese e perizie di tutti gli attori del processo mente si sono distinte per la loro assenza gran parte delle associazioni (qui tutti i nostri articoli e qui nella sezione Premium di Bankileaks.com tutti i verbali del processo BPVi, ndr).

Condividendo la misura delle pene chieste dall’accusa (10 anni di reclusione per Gianni Zonin dei 51 complessivi per gli imputati) si è concentrata sulla valutazione dei danni da risarcire alle vittime l’arringa finale di Paolo Ciccotto il 17 dicembre davanti al collegio giudicante (De Stefano, Garbo ed Amedoro), ai pm Salvadori e Pipeschi e ai difensori dell’ex presidente & c. col principale accusato “ovviamente” (è stato fatto notare da molti) assente quando a parlare, sia pure tramite i legali, sono le vittime del crac della banca di cui, dopo 16 anni di presenza nel cda, è stato a capo per 20 anni.

«Chiedo ai giudici di quantificarli al massimo possibile – ha detto in sintesi l’avvocato valdagnese – anche perché vanno evitate lunghe, specifiche cause civili per le quali le vittime del crac non hanno né tempo sufficiente, anziani come sono, né tantomeno risorse…».

Nel video integrale della sua arringa, che vi proponiamo come stiamo facendo per tutti i legali di parte civile intervenuti “oralmente” (clicca qui) a partire da quello dell’avv. Renato Bertelle  e da quello dell’avv. Michele Vettore, di cui ha condiviso anche le accuse a Banca d’Italia, presente al processo BPVi ma non come imputata bensì come improbabile parte offesa, a parlare questa volta per bocca di Ciccotto è il “popolo” più… popolo, quello deriso dai potenti ma deciso a far abbassare il loro sguardo.

Se, però, il loro sguardo non risponderà ai residui stimoli della coscienza, ecco l’auspicio implicito dell’arringa, di cui pubblichiamo la trascrizione integrale agli atti, dovrà essere la corte a far abbattere sulle loro ciglia il peso di una condanna esemplare.

PRESIDENTE DEL COLLEGIO … Avvocato Ciccotto: lei ha le posizioni 125 e 219; è corretto?
PARTE CIVILE, AVV. CICCOTTO – Esattamente, sì, ho depositato.
PRESIDENTE – È stata depositata la nota di conclusioni scritte, la nota spese e il supporto cd-rom. Perfetto, prego.

PARTE CIVILE, AVV. CICCOTTO – Grazie. Che dire, Presidente? È già stato detto tutto. Io faccio mie le argomentazioni e le difese esposte dai miei precedenti Colleghi, e anche ovviamente le argomentazioni spese dal Pubblico Ministero, e visto che è stato detto praticamente tutto, io mi limiterò ad alcune brevi considerazioni su un altro aspetto, forse appunto meno interessante di quello che è stato detto adesso, ma che ritengo utile perché alla fine noi dobbiamo arrivare a risarcire appunto le Parti Civili. Vorrei soffermarmi brevemente sui criteri con i quali determinare il danno patrimoniale subito dalle Parti Civili, in correlazione con la condotta tenuta dagli Imputati, una condotta criminosa, non ci sono dubbi, essendo stati realizzati tutti i reati ascritti agli Imputati. E partiamo da uno scenario: abbiamo dei contraenti e anche un mercato, la Banca che annualmente descrive il proprio titolo con determinate caratteristiche intrinseche, mi riferisco, signor Presidente, la comunicazione al pubblico e anche ai soci attraverso appunto… che l’esperto estimatore ha valutato il titolo a una certa somma, valore, le comunicazioni annualmente venivano trasmesse ai soci sul valore del titolo. Però – e questo dal 2011, sappiamo tutti che abbiamo l’estimatore indipendente cosiddetto, il dottor Bini – però la Banca, diciamo, i suoi uomini sapevano, con una sorta di riserva mentale sul punto, che il titolo in realtà non valeva quella cifra, era fortemente sovrastimato. Ebbene: a causa di questo artifizio, c’è chi ha comprato il titolo al prezzo stabilito dalla Banca, e allora qui c’è un danno corrispondente all’esborso, non ci sono dubbi, chiaramente; ma c’è anche chi, come taluni dei miei assistiti, faccio riferimento alla signora Panato, ai signori Pizzolato, Micheletto eccetera, avendo ereditato un consistente, più o meno consistente pacchetto azionario da chi lo aveva comperato molti anni prima a un prezzo sensibilmente più basso, vedevano che negli anni questo titolo non faceva che guadagnare periodici sensibili apprezzamenti, e quindi decidevano di tenerselo stretto, convinti di avere nel portafoglio un valido investimento, e cioè un sicuro appiglio per la vecchiaia. Avrebbero potuto venderlo magari nel 2008, 2007, 2009, quando, a una valutazione abbastanza alta, allora, nel 2009, per esempio era valutato 60,50 euro ad azione, quando ancora appunto il titolo era scambiato sul mercato con una certa vivacità. Tra i Testi abbiamo sentito anche chi ha detto che nel 2007-2008 c’era la fila davanti agli sportelli della Banca per comprare il titolo. Ma se lo sono tenuti, invece, perché appunto l’apprezzamento che loro praticamente vedevano li aveva convinti che era un risparmio ben affidato. Sino a che all’improvviso la bolla esplode e perdono tutto, il titolo non vale più niente. E allora, in questo caso, che è un caso non raro, ecco, premetto, io rappresento dei soggetti che non hanno fatto baciate: sono soggetti, piccoli risparmiatori, famiglie modeste, come quelle descritte dal collega Bertelle, che hanno espresso fiducia nella Banca e hanno investito tutti i loro risparmi, la pensione, il Tfr, tutto quello che avevano; ebbene, allora in questo caso come si calcola il danno? È l’antica somma che era stata investita oppure qualcos’altro, cioè si deve rapportare a qualcos’altro? A giudizio di questo patrocinio, il calcolo deve rapportarsi al valore prospettato dai top manager alla massima valutazione, proprio perché questa valutazione, coscientemente falsa, falsa e decettiva, ha suscitato affidamento nei soci e nei risparmiatori, condizionandone i comportamenti. E questo in ossequio al principio per cui ogni riserva mentale, durante la trattativa negoziale, per la legge non è rilevante, quello che conta è la volontà che viene manifestata all’esterno: mi proponi, mi proclami che il titolo vale 62,50, sapendo che questo non è vero, e fai tutte le manovre che abbiamo visto per sostenere questa tesi, ebbene, dovrai affrontare ogni conseguenza futura sulla base di questo proclamato valore. Perché la convinzione che questo valore fosse vero ha condizionato e orientato il comportamento dei risparmiatori; questo non possiamo dimenticarcelo, dobbiamo tenerne conto nella valutazione del danno. I risparmiatori, infatti, lo hanno gelosamente conservato come fosse oro colato. Era questo che dicevano i consulenti, quando andavano a bussare alle porte delle famiglie o facevano firmare sui banchi dei torni agli industriali, agli imprenditori, il pacchetto di acquisto di azioni: è oro colato, è la tua musina per il futuro, stai tranquillo!

PRESIDENTE – “Musìna” – traduco dal veneto perché l’ho imparato adesso stando qui – è il salvadanaio, perché io non lo sapevo!

PARTE CIVILE, AVV. CICCOTTO – È il salvadanaio, dove si mettono i risparmi.

PRESIDENTE – Sì, ma l’ho imparato stando qui, è un termine che conosco.

PARTE CIVILE, AVV. CICCOTTO – “Musina”, scusi se ho usato questo gergo dialettale. Però era questo il concetto che veniva spacciato. E che questa soluzione, e che questa debba essere la soluzione nella determinazione del danno da liquidare non ce lo suggerisce soltanto il senso innato di giustizia che alberga in ciascuno di noi, e che chiameremo “equità”, ma persino talune norme di legge. Mi riferisco, signor Presidente, all’articolo 1225 del Codice Civile, per il quale, se l’inadempimento o il ritardo dipende dal dolo del debitore, il risarcimento si estende anche, oltre il danno che poteva prevedersi nel tempo in cui è sorta l’obbligazione, questa norma va calata e in un certo senso adattata al caso specifico. Qui abbiamo gli uomini della Banca che, commettendo il reato di aggiotaggio, millantano valori del titolo che esso assolutamente non ha, e così violano gli obblighi di trasparenza e correttezza verso il mercato secondario e verso soci, già detentori del titolo. Ebbene: dalla violazione di questi obblighi imposti all’istituto da norme imperative, quali quelle del TUF, ma più in generale quelle del Codice Civile, perché occorre comportarsi secondo buona fede, è disceso un inadempimento, e da questo inadempimento è disceso altresì un condizionamento, e cioè la scelta di coloro che hanno deciso di conservare il titolo, vedendosi improvvisamente azzerato poi il suo valore; se invece lo avessero venduto per tempo, cioè se avessero saputo quello che stava bollendo in pentola, avrebbero potuto magari realizzare ragguardevoli somme; o meglio, se lo avessero venduto prima, invece che tenerselo perché la qualità di questo titolo era fasulla e tale sbandierata, non avrebbero sicuramente subito danni. Ecco perché, signor Presidente, il danno va rapportato al valore massimo espresso dall’azione, comunque non inferiore ai 60 euro del 2008. Ora, questa è la tesi principale che io ho cercato di spiegare in una memoria 121, che ho depositato unitamente alle conclusioni, e spero che sia una memoria utile perché in questo processo difficile, e unico probabilmente, bisogna trovare, per così dire, “il bandolo della matassa”, cioè bisogna arrivare a risarcire i poveri risparmiatori; “poveri” nel doppio senso: poveri perché sono stati depredati e, dall’altra parte, perché suscitano un sentimento di pena, a questo punto, con tutto il rispetto parlando. E io ho proposto, ovviamente, anche dei metodi alternativi di calcolo del danno. In particolare, ho cercato di documentare la spesa per l’acquisto, quando questo è risultato possibile. Tenete presente, signori Giudici, che molte persone hanno ereditato titoli o li hanno acquistati molti anni fa, hanno perso i contratti di acquisto; la Banca, dopo il decennio, elimina il cartaceo, cancella tutti gli archivi, ed è difficile, insomma, documentare l’esborso, almeno io l’ho trovato difficoltoso in alcuni casi; ma dov’è stato possibile io ho cercato di documentarlo, in maniera che appunto ci sia un criterio orientativo concreto e oggettivo nella liquidazione del danno. Quindi, quando ci sono le singole negoziazioni che abbiamo cercato di documentare, cioè nel caso, per esempio, di successione ereditaria, ci sono delle comunicazioni della Banca, che comunica il prezzo di carico della transazione mortis causa del pacchetto azionario, e io mi sono basato su quel valore lì, dichiarato dalla Banca. Sempre una dichiarazione decettiva: teniamo sempre presente che si tratta di dichiarazioni decettive, e qui bisogna, e questo è un fatto dirimente per determinare l’ammontare del danno. Questo inganno ha convinto le persone a conservare i titoli, a tenerseli in tasca, pensando che in futuro, per la vecchiaia, se ne avessero avuto bisogno, li avrebbero potuti liquidare e goderseli. E questo non è stato possibile per il dolo – il dolo – degli Imputati. E quindi, per esempio, quando c’era la liquidazione delle obbligazioni, e l’assegnazione di azioni al posto della restituzione del denaro, appunto delle obbligazioni liquidate, anche qui è facile calcolare l’ammontare del danno; così quando, al posto dei dividendi, venivano assegnate delle azioni, anche qui è facile liquidare il danno. Comunque possono essere utilizzati, in caso di bisogno, anche altri criteri. Il collega Bertelle ha citato il prezzo medio di carico, anche quello può essere un criterio suppletivo, che quindi io chiedo venga applicato in subordine. In materia, in merito io ho allegato un documento, che è stato scaricato dal sito della Banca Popolare in liquidazione coatta, che si chiama “Valore storico delle azioni”, e qui appunto questo valore storico viene esaminato dall’80 fino al 2016. Ecco, qui ci sono tutte le date delle delibere del Consiglio di Amministrazione, che appunto stabilisce, che propone il valore, attraverso appunto la consulenza del signor Bini, e poi logicamente i soci approvano perché? Perché come poteva essere altrimenti? I soci erano tutti in buona fede, tutti in buona fede: non sapevano cosa stava succedendo. Quindi c’è un affidamento incolpevole, c’è un’apparenza del diritto, cioè sono tutti principi che devono essere tenuti ben presenti dal Collegio. Perché qui non è un incidente automobilistico, per cui mi paghi il costo del carrozziere e dei pezzi di ricambio, non è la stessa cosa; qui dobbiamo produrre uno sforzo diverso e ulteriore per arrivare a dare giustizia ai risparmiatori, che sono stati appunto schiacciati da questa vicenda. E allora, dicevo, il prezzo medio di carico io l’ho calcolato così, e cioè: sono andato a vedere il prezzo di carico nelle annualità in cui risultano le negoziazioni da parte dei clienti, le ho sommate e poi le ho divise per gli anni corrispondenti; è venuto fuori un prezzo medio di carico, anche questo potrebbe essere un criterio. Sicuramente il risarcimento non potrà essere inferiore – ma questo è proprio un criterio, è l’ultima spiaggia e spero tanto che non l’applicherete – che quello appunto del valore più alto espresso nella perizia dei Consulenti del Pubblico Ministero; i quali, appunto, a pagina 302, se non mi sbaglio, hanno costruito una tabella – la tabella numero… adesso non ricordo se è la tabella 102 perché qui le carte le ho un po’ mosse – sostanzialmente i Periti hanno stabilito un prezzo massimo nel range temporale tra il 2012 e il 2014, e quello è il minimo comune multiplo, non lo so, non so neanch’io come chiamarlo. Una cosa però io spero e chiedo, e lo sperano più di me tutti i risparmiatori che si sono costituiti Parte Civile, e cioè che il Collegio voglia evitare, per quanto possibile, il pellegrinaggio delle Parti Civili davanti al Giudice Civile, perché sono anni che aspettano giustizia, non hanno più la forza, le energie e neanche i denari da spendere davanti a un Giudice; quindi, io chiedo al Collegio uno sforzo particolare per evitare questa che sarebbe secondo me una sciagura. Ecco perché io, sinceramente, mi sono prodigato nella memoria 121 di indicare, nella mia povertà, diciamo, nei miei poveri tentativi di indicarvi appunto un principio a cui appigliarvi per dare, per liquidare già in questa sede il danno, dando anche, emettendo anche una sentenza provvisoriamente esecutiva; perché, a mio avviso, esistono anche i presupposti per dichiarare esecutiva la sentenza, che sono la modestia del patrimonio di questi signori che rappresento, che non sono facoltosi industriali, è gente che vive di pensione che ha perso tutto, e poi anche perché è passato ormai troppo tempo e la gente ha sete di giustizia. Su questo particolare motivo io richiamerei l’attenzione, su questo motivo giustificato, per emettere una sentenza immediatamente esecutiva, io richiamo la sentenza della II Corte d’Assise di Torino, che ha deciso il caso ThyssenKrupp, in cui appunto il Giudice, tra i motivi della immediata esecutività della sentenza, ha indicato quello – io ho indicato anche la pagina nella memoria, adesso non la ricordo perché qui non l’ho segnata, nel testo, ma comunque voi la troverete perché l’ho segnata, anche la pagina – dice appunto che è passato ormai troppo tempo e la gente ha bisogno di giustizia, ha bisogno di realizzare un risultato, e non soltanto di agognarlo ma di realizzarlo. A questo punto, io penso di avere… Ecco, no, scusate, io mi vorrei riallacciare…

PRESIDENTE – Avvocato, le chiedo… È già fuori dal tempo.
PARTE CIVILE, AVV. CICCOTTO – Benissimo, scusatemi. Allora io concludo, richiamandomi agli scritti che ho oggi depositato, dicendo anche che come ultima spiaggia ho chiesto anche la liquidazione di una provvisionale, nel caso in cui il Collegio ritenesse che non c’è la prova del quantum del danno. Quindi, a questo punto, io chiudo e vi auguro buone feste.

PRESIDENTE – Buone feste anche a lei, grazie, Avvocato. Prego…


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