Arte e Scienza sono conciliabili? L’essere umano oltre le dicotomie

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Jean Delville, La scuola di Platone tra arte e scienza
Jean Delville, La scuola di Platone tra arte e scienza

Il binomio “arte-scienza”, a metà strada tra soggettivo e oggettivo, cuore e mente, è l’essenza dell’essere umano, la verità di cui è custode nella propria interiorità”.

Sin dai tempi più antichi l’uomo ha avuto l’esigenza di osservare il mondo intorno a sé e di cogliere, con attenzione, tutti gli aspetti che costituiscono la realtà in cui vive. L’esistenza rappresenta la più grande fonte d’ispirazione per l’uomo, che, mediante le sue capacità, riesce a traslare la propria visione del mondo in un’opera d’arte. Ma come si può definire la reale validità di un’opera, in riferimento a qualsiasi ambito artistico?

Vari pensatori del passato hanno risposto a tale quesito mediante la figura del genio, un individuo che si distingue dalle masse per la sua innata capacità di cogliere aspetti del mondo in cui vive, che altri non prendono in considerazione o che non sono in grado di percepire. Il genio artistico, grazie ai suoi “finissimi sensi” riesce a creare qualcosa d’inedito e originale, sorprendendo coloro che non sono in grado di cogliere quegli aspetti oltre la realtà apparente.

Bisogna, comunque, specificare che ogni rappresentazione che abbia un qualsiasi valore artistico deriva da una osservazione, da un’analisi del mondo esterno che viene elaborata nella nostra interiorità e infine partorita dalla nostra mente, secondo una nostra visione estremamente personale. Alle volte si è portati a credere che, proprio per questa sua valenza soggettiva, l’arte non possa essere considerata secondo quello che è il proprio valore conoscitivo.

In effetti, la scienza, al contrario dell’arte, si basa su delle teorie fisse e dimostrate, risultando inattaccabile. Contrariamente le discipline artistiche, nell’immaginario comune, non possiedono questo valore assoluto, in quanto si basano su percezioni sensibili della realtà, che risultano essere diametralmente opposte alle verità scientifiche, che si basano su un metodo ben preciso (ideato da Galileo Galilei), che ancora oggi costituisce le fondamenta di questo ambito.

Tuttavia, è necessario sottolineare che lo stesso inventore del metodo scientifico era anche un letterato. Quindi è giusto considerare questi due ambiti come qualcosa di inconciliabile?

La risposta ci viene data dal celebre chimico e scrittore Primo Levi, dimostrazione concreta di questo concetto. In effetti, egli affermava che è un grave errore considerare la conoscenza in base alla propria valenza oggettiva e, quindi, non bisogna attuare alcuna scissione tra l’ambito scientifico e quello artistico, anzi concepire uno come la continuazione dell’altro.

La scienza, dunque, e l’arte sono due strumenti differenti, che permettono all’essere umano di raggiungere i propri obiettivi conoscitivi. Il filosofo Hans Georg Gadamer definisce, nella sua opera principale Verità e Metodo’, l’arte come una “conoscenza sui generis, diversa da ogni tipo di conoscenza intellettuale. Effettivamente il valore conoscitivo dell’arte comporta, non solo un’assimilazione di “saperi” fini a sé stessi, ma anche una concreta maturazione dell’individuo che viene a contatto con essa. Da ciò si può comprendere l’importanza ineluttabile dell’arte nella vita dell’uomo, costituendo una vera e propria forza propulsiva, che determina una crescita personale e permette di osservare la realtà con occhi diversi.

Il valore artistico, di conseguenza, non deve essere considerato solo per un mero fine conoscitivo, ma anche pedagogico e terapeutico. Ad esempio, dopo la lettura di un capolavoro letterario o dopo aver ascoltato un brano musicale di spessore, ci si sente “arricchiti” e realizzati secondo quelli che sono i nostri gusti estremamente soggettivi. Non a caso, il nostro organismo produce dopamina ogni qualvolta veniamo a contatto con un’opera d’arte, rendendoci più felici e quindi migliorando la nostra visione del mondo in quel preciso momento.

Tuttavia, bisogna specificare che non tutti sono in grado di cogliere il “bello artistico”. Ci sono individui capaci di apprezzare profondamente il valore dell’arte, basando la loro intera esistenza su di essa. Si fa riferimento all’immagine dell’esteta, figura ripresa più e più volte in filosofia. Aristotele concepisce l’arte come mimesi, ossia imitazione diretta della realtà e costituisce uno strumento di narrazione per l’essere umano, assumendo un valore assoluto, nel quale ciascun individuo si può riconoscere e sentirsi parte di qualcosa. In effetti, l’aspetto più profondo che caratterizza il valore artistico di un’opera è proprio quello di creare nell’uomo un senso di appartenenza. L’arte diventa fonte di verità tanto quanto quelle derivanti dalla conoscenza scientifica.

Secondo Hegel ogni esperienza d’arte che compie l’uomo determina delle verità. Al contrario Kant afferma che l’arte è priva di verità e non permette di scoprire nulla di veritiero, bensì produce solo un “surplus” nella vita dell’uomo, contrariamente alla scienza, che è indispensabile per la crescita del genere umano.

Come si può comprendere, in filosofia ci sono state posizioni contrastanti, tuttavia, come già espresso precedentemente, queste presentano aspetti differenti, ma concorrono a raggiungere i medesimi obiettivi, in particolar modo un miglioramento della condizione umana da tutti i punti di vista. Da qui si può notare come alla base di questo discorso ci sia l’uomo, visto come protagonista di questo Umanismo artistico. Con il termine “umanismo” si vuole intendere la centralità dell’uomo, mentre con “artistico” si sottolinea lo stesso rapporto che l’individuo ha con l’arte e tutti quegli effetti che crea nella propria interiorità.

Ovviamente, si vuole alludere ad un significato più profondo, in cui la vita stessa diventa sinonimo di arte (arte=vita). In tal proposito si pensi alla celebre citazione «fare della propria vita un’opera d’arte», con la quale Gabriele D’Annunzio fa riferimento ad una vita vissuta pienamente, ma anche al fatto che il dono dell’esistenza costituisce la più grande opera d’arte di fronte alla quale l’uomo si pone in veste d’artista e si approccia alla vita come un pittore dinnanzi ad una ipotetica tela bianca. Egli potrà decidere quali colori scegliere per creare un capolavoro oppure un’opera scadente. Tutto è nelle mani dell’uomo, il quale può decidere attraverso il suo pennello ciò che vuole fare della propria esistenza. Attraverso questa grande metafora si vuole sottolineare la dicotomia tra condizione esistenziale e rappresentazione, secondo cui l’arte diventa lo specchio dell’uomo (Kunst als der Speigel des Mensch), per fare riferimento alle filosofie romantiche, che esaltavano l’estrema importanza di questo rapporto che caratterizza l’uomo dalla sua comparsa nel mondo.

Per concludere si deve sottolineare che l’essere umano potrà raggiungere la massima forma di conoscenza solo se prenderà in considerazione il binomio “arte-scienza”, a metà strada tra soggettivo e oggettivo, cuore e mente e si renderà conto che queste verità non deriveranno dall’esterno, ma egli stesso ne è custode, nella propria interiorità, e dovrà solo partorirle “maieuticamente” secondo una visione socratica.

di Carlo Alberto Ronco di 5BL, partecipante al XXXI Campionato di Filosofia (ex Olimpiadi).


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