Digitalizzazione e open access. Due parole forse tecniche che però sono fondamentali per il presente e il futuro prossimo della ricerca, sia in ambito scientifico che in ambito umanistico. Se nel mondo della medicina, fisica, etc. infatti non è una novità che biblioteche ed emeroteche siano sempre più virtuali, connettendo migliaia di ricercatori nel mondo, nella storia dell’arte questo è meno scontato, ma è la direzione verso cui molti istituti si stanno dirigendo. Ne abbiamo parlato con Elisa Bastianello, vicentina, digital pubblication manager della Bibliotheca Hertziana – Istituto Max Planck per la storia dell’arte di Roma.
«La nostra è allo stesso tempo una biblioteca specializzata in storia dell’arte, una fototeca, sulla storia dell’arte e dell’architettura, e anche un istituto di ricerca, che non fa corsi universitari ma ospita ricercatori, post dottorati e persone che stanno finendo il dottorato con borse di studio, oltre al pubblico che normalmente può accedere alla biblioteca, adesso purtroppo non più per l’emergenza Covid-19».
«Il futuro sarà quello di rendere disponibili a tutti gli articoli e i contenuti di alcune pubblicazioni per poter raggiungere più facilmente tutti i lettori – spiega ancora la dottoressa Bastianello -. Stiamo parlando di accesso libero gratuito, quello che in ambito scientifico chiamiamo open access. Dal nostro sito già adesso si può accedere al catalogo della fototeca digitalizzata e il progetto è quello di rendere disponibile tutto. Tra le riviste già disponibili c’è il Das Römische Jahrbuch, un annuario con contenuti in qualsiasi lingua, pubblicato dal 1937. Il nostro è uno dei pochi istituti di storia dell’arte ad avere un’intera redazione che si occupa di seguire non solo la pubblicazione della rivista ma anche di quella di libri. Ora affianchiamo all’offerta stampata la possibilità di pubblicare in formato open access digitale, permettendo la libera consultazione ma anche una più capillare diffusione. In questi mesi è successo che il materiale che era soltanto in formato cartaceo è stato inaccessibile per i ricercatori perché non potevano fisicamente accedere alle biblioteche. Il primo passo è poter accedere a tutti i contenuti, ma non è l’unica cosa, non si tratta solo di pubblicare dei PDF».
«Un contenuto più avanzato rispetto al normale formato stampato sono i cosiddetti link ad open data, raccolte di informazioni accessibili liberamente messe in correlazione tra loro. Poi anche la possibilità di inserire gallerie virtuali, oggetti tridimensionali, informazioni che nessun libro stampato può fornire, quindi un contenuto più avanzato e interattivo».
«L’idea è quella di rendere le cose ricercabili, disponibili, e contenuti in forme che non siamo completamente in grado di definire perché posso immaginarmi lo spezzone video, lo spazio virtuale 3D, tutto materiale che ovviamente non si può incorporare in una pubblicazione a stampa per cui il digitale offre soluzioni che aiutano, senza contare che con una collezione fotografica scansionata ma anche con la digitalizzazione dei libri antichi è più facile collegare i contenuti citati con gli oggetti digitali a cui fanno riferimento».
«Il progetto era molto chiaro anche prima del Coronavirus, il quale ha semplicemente dimostrato che questa era una strada utile e necessaria, ma l’idea c’è da molti anni. Si tratta di un collegamento tra piattaforme digitali. Potrebbe essere che un articolo faccia riferimento alla galleria virtuale di un museo, o a una raccolta di manoscritti digitalizzata. La pubblicazione digitale è un testo e il collegamento verso il digitale va per i contenuti del testo. Il museo virtuale è un’espressione digitale dei contenuti fisici di un museo, o una raccolta virtuale. Nel caso delle pubblicazioni digitali della biblioteca Hertziana si tratta di una strada che tutto l’ambito scientifico sta cercando di raggiungere. L’ambito umanistico è rimasto un po’ indietro rispetto alle scienze pure, ma si tratta di realizzare qualcosa di utile per i ricercatori, che non sia solo la copia dello stampato».
«Mi auguro che anche chi si occupa di letteratura e altre discipline umanistiche percorra questa strada – afferma la dottoressa Bastianello -. Per questo le digital humanities cercano di unire discipline umanistiche e sviluppi informatici. Noi per esempio non stiamo lavorando da soli ma lavoriamo insieme con molti altri istituti, si cerca di restare legati a molti altri progetti europei. Non si può più pensare di lavorare solo sul proprio orticello perché il digitale non ha confini, non ha nemmeno il problema logistico di distribuzione dei libri. Nel momento in cui qualcuno pubblica un libro su una piattaforma digitale può essere letto, commentato, citato da chiunque al mondo, è più facile avere una traduzione. La ricerca è semplificata».
«Ci sono già numerose riviste in formato digitale in open access. La biblioteca Hertziana fa parte del gruppo di istituti che cura la pubblicazione del Riha Journal, che è una rivista disponibile online da moltissimi anni ad accesso libero. Le ricerche pubblicate online sono anche più lette, più viste, quindi in futuro sarà inevitabilmente una scelta sempre più frequente e diffusa. Attualmente molte ricerche non sono più descrivibili con un semplice testo. È più accattivante per il lettore poter cercare il manoscritto e ci sono fonti che sono difficili anche da maneggiare».
©Bibliotheca Hertziana/ Andreas Muhs, ©Bibliotheca Hertziana/Enrico Fontolan
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L’articolo «Arte, storia, letteratura: il futuro della ricerca è digitale». La vicentina Elisa Bastianello alla Bibliotheca Hertziana Max-Planck-Institut für Kunstgeschichte proviene da L’altra Vicenza.