La scorsa settimana otto Paesi hanno perso il loro diritto di voto all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. La misura è scattata per il loro ritardo nel ripagare i debiti con l’organizzazione. Gli Stati colpiti dalla misura sono Iran, Venezuela, Sudan, Antigua e Barbuda, Congo, Guinea, Papua Nuova Guinea, e Vanuatu. La misura è scattata lo scorso 12 gennaio e ha effetto immediato, come confermato dal Segretario generale Onu Antonio Guterres. La sospensione è scattata in base a quanto previsto dall’articolo 19 della Carta delle Nazioni Unite per cui “Un Membro delle Nazioni Unite che sia in arretrato nel pagamento dei suoi contributi finanziari all’Organizzazione non ha voto nell’Assemblea Generale se l’ammontare dei suoi arretrati eguagli o superi l’ammontare dei contributi da lui dovuti per i due anni interi precedenti”. Nello specifico, il debito maggiore è quello accumulato dal Venezuela, che deve all’Onu circa 35 milioni di euro, seguito dall’Iran con 16 milioni e dal Sudan con circa 260mila. Gli altri cinque Paesi sospesi dovranno restituire all’Onu un minimo di 65mila euro a testa per tornare a esercitare il loro diritto di voto all’Assemblea generale. Il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir Abdollahian ha condannato la decisione affermando che il debito del suo Paese è causato dalle “sanzioni illegali e oppressive degli Stati Uniti”. Per il momento non si è ancora espresso il Venezuela, altro bersaglio delle sanzioni statunitensi che di fatto hanno bloccato gran parte delle sue esportazioni di greggio, che garantivano al governo di Caracas il 97% delle sue entrate statali. Per dare una misura, nel 2016 il debito del Venezuela con le Nazioni Unite ammontava a poco meno di 3 milioni di euro.
Fonte The Vision