L’assoluzione di Berlusconi e la memoria corta degli Italiani

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Silvio Berlusconi e Ruby
Silvio Berlusconi e Ruby

Niccolò Ghedini, da lassù, starà sorridendo sornione. Silvione ce l’ha fatta un’altra volta! E con un capolavoro procedurale da perderci la testa. La partita, in realtà, era già stata chiusa con l’ordinanza di novembre 2021, quando la settima sezione penale del Tribunale di Milano aveva dichiarato inutilizzabili tutti i verbali in cui le Olgettine erano state sentite come testimoni nei vari processi sul tema delle cene di Berlusconi.

Non potevano rivestire quel ruolo, dovevano essere sentite come coimputate, o testimoni assistite, e quindi con le garanzie che la legge riserva a tali soggetti: dall’assistenza di un avvocato, alla facoltà di non rispondere.

La sentenza del 15 febbraio non fa che trarne le conseguenze: se le ragazze non potevano essere testimoni, non potevano nemmeno essere corrotte, indipendentemente da quanti soldi, immobili, regali, o contratti televisivi avessero ricevuto per affermare in aula che che i bunga bunga erano in realtà soltanto delle cene eleganti. Insomma, un po’ come pagare una mazzetta ad un assessore che ormai non fa più parte della giunta: il reato non si può configurare, liberi tutti!
Ovviamente siamo in Italia, Paese dalla memoria inversamente proporzionale alla sfacciataggine, quindi l’assoluzione degli imputati ha dato il via al pianto greco di amici, sodali ed alleati del Berlusca: è stata una persecuzione giudiziaria, un teorema, un’intromissione nella vita privata di un innocente.
Riciccia fuori addirittura Ruby Rubacuori, ormai matura e milionaria, che non accetta più quel nome: “è stata un’invenzione“- dice- “io mi sono sempre chiamata solo Karima“.
Sembra siano in pochi a ricordare che la povera, innocente, minorenne Karima era stata pizzicata per avere svaligiato casa ad un’amica che la ospitava. E aveva chiesto quindi aiuto al Papi, per il tramite della consigliera regionale Nicole Minetti, condannata poi a cinque anni di reclusione per favoreggiamento della prostituzione, nel processo Ruby bis, insieme a Emilio Fede e Lele Mora.
Silvione era intervenuto presso i dirigenti della Questura di Milano con tutto il peso della sua carica di Presidente del consiglio: “Liberate Ruby, è la nipote di Mubarak!“… rischiando peraltro un incidente internazionale con l’Egitto.
Così, tenendomi stretta la mia, di memoria, mi permetto di ribaltare il concetto: non è stata un intromissione delle Forze dell’ordine nella vita privata di Silvio Berlusconi, ma un’intromissione della vita privata di Silvio Berlusconi nell’operato delle Forze dell’ordine, il punto era questo. Tirare fuori dai guai un’amichetta spregiudicata per evitare che diventasse pregiudicata… e magari parlasse di cose che dovevano invece rimanere fra le stanze di Arcore.
La patonza deve girare, diceva Silvione all’amico Tarantini. Ma se gira troppo rischia di fare grossi danni, indipendentemente, poi, da come finiscono i processi.