Il boom delle aste immobiliari a fine giugno (+24%), poco sorprendente, inizia a mostrare foto in chiaroscuro del nuovo rapporto tra debitori e creditori, siano banche o nuovi investitori. Con i ritocchi normativi fatti dal governo Renzi in due dei suoi tanti decreti nel 2015 e 2016, è avviata la rincorsa a tempi meno abnormi per escutere i crediti con sottostanti capannoni o abitazioni in garanzia.
Il creditore attende circa un anno in meno per i proventi della vendita forzosa di un immobile pignorato: Astasy parla di 4 anni, secondo l’Abi sono poco più di 3, benché la varianza tra tribunali e geografie italiane sia alta, con il decile peggiore a 5,4 anni. La rincorsa continuerà: anche perché lo chiedono le regole più severe della Bce sui 180 miliardi di crediti deteriorati lordi rimasti alle banche nazionali, malgrado cinque anni di smaltimenti per altrettanti miliardi. Ma la rivoluzione in atto fra tribunali, tecnici e istituti produce ampi effetti economici e sociali.
Il rapporto semestrale di Astasy, società specializzata del gruppo Gabetti, registra 152.708 aste nei sei mesi 2019, 836 al giorno (e un trend ascendente, che il 16 luglio ha segnato un record di 2.370 immobili aggiudicati). Il valore d’incanto semestrale è stato 25,56 miliardi, contro 33,75 miliardi del valore di mercato. I tre quarti degli immobili all’asta sono frutto di pignoramenti (il resto procedure e fallimenti), e il 95% del totale è fatto da proprietà, spesso residenziali, con valore medio contenuto (sui dati 2018 il 74% aveva un valore d’asta di 115 mila euro).
Già nel 2018 di Astasy segnalava gli incanti come il grande evento dell’anno, ma aggiungeva: «In merito alle aste telematiche possiamo con certezza affermare che è stato l’anno del caos», per la confusione tra casi in cui la vendita fisica è sincronizzata con i rilanci via pc e le altri, problemi con firme digitali e Pec, assenza di controlli antiriciclaggio definita «incredibile». Aspetti che rendono l’ad Mirko Frigerio critico sulle novità: «È un circolo vizioso interno burocratico, per cui la Giustizia è chiamata a essere sia Giudice che Boia» dei debitori.
Astasy vede entro 10 anni «un picco di aste e gestione del precontenzioso fino a circa 550 mila immobili, a trasformare le attuali esecuzioni in un vero secondo mercato immobiliare» (già oggi è venduto in asta un immobile su tre). Purtroppo per gli “esecutati”, i prezzi di realizzo sono ben diversi. In asta l’immobile medio passa con sconto del 56% sul valore libero, che tolte le spese per la procedura – circa un terzo, con incidenza superiore sui cespiti economici – lasciano un 33% a chi ha rilevato il credito. Troppo poco per diversi osservatori che rilevano un cambio di approccio brutale, per cui il Paese, abituato ai cattivi pagatori (a partire dallo Stato) lascia sempre più spazio a operazioni speculative di fondi opportunisti e malavita riciclatrice.
Proprio dalle incursioni in asta della Camorra campana nacque, negli anni ‘90, la precedente legge, che vietava la vendita a “valore vile”; mentre le riforme 2015/2016 e il cambio di orientamento dei giudici esecutivi oggi concretizzano la vendita a qualunque prezzo soddisfi i costi di procedura. Bruno Capponi, ex magistrato e ordinario di diritto processuale civile alla Luiss, lo ha definito «un processo riformatore balbuziente che con una pioggia di interventi si è fatto capo della competitività del sistema di realizzazione dei crediti e della ragionevole durata delle procedure, saldando l’elaborazione culturale dei giudici esecutivi con quella degli uffici studi bancari », per cui «il giudice, terzo e imparziale per definizione, è reso un collaboratore culturale stabile del creditore professionale»: anche con corsi formativi pagati da studi e riviste di settore “pro creditori”. Anche la redditività delle vendite in asta per Capponi viene intaccata, «penalizzando tutti gli altri creditori, anche ipotecari, oltre ovviamente, il debitore che già subisce i maggiori costi della procedura».
Giovanni Pastore, imprenditore con esperienza e coinvolgimento in diverse cause con banche e affini, snocciola una casistica di famiglie che si vedono tolta la casa e restano indebitate, poi sottoposte a misure ulteriori come pignoramenti di veicoli, quinto dello stipendio o della pensione. «I dati sulle aste provano che la riforma delle esecuzioni del governo Renzi è fallimentare, e va riequilibrata per evitare disastri sociali già in fieri», dice Pastore, che il 30 settembre con le Acli e altri operatori presenterà in Senato un fondo di cartolarizzazione per comprare, in asta o prima, gli immobili dei debitori meritevoli, cui affittarli dando diritto di riscatto.
Non è facile confrontare gli incassi delle aste col passato: è troppo cambiato il mercato immobiliare, vivace fino al 2008 poi travolto dalla crisi finanziaria che nel decennio ha rubato circa il 40% ai prezzi.
Le banche sono su tutt’altra linea. «La logica e i dati mostrano che l’accorciamento dei tempi di esecuzione innalza il valore delle garanzie immobiliari», dice Gianfranco Torriero, vice dg dell’Abi, che segnala la collaborazione con il Csm per aggiornare le buone pratiche delle esecuzioni, distribuite nel 2017 nei tribunali. «Del resto non è casuale – aggiunge Torriero – che le banche negli ultimi anni siano riuscite a cedere crediti deteriorati a prezzi fino a un terzo più alti rispetto a quelli segnati a fine 2015» con la tremenda liquidazioni delle quattro banche, dove miliardi di Npl furono valutati il 18% del nominale.
di Andrea Greco, da la Repubblica