Astensionismo elettorale: non è neppure una protesta dei cittadini, ma è una loro disperata ricerca di dialogo e di aiuto!

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Astensionismo. È democratico votare, credits, sociologicamente
Astensionismo. È democratico votare, credits, sociologicamente

Nelle democrazie occidentali è sempre più crescente e diffuso il fenomeno dell’astensionismo elettorale. A giudicare dai sondaggi, sarà questo il principale pericolo nelle imminenti elezioni del 25 settembre in cui i cittadini saranno chiamati ad eleggere il nuovo parlamento, il primo dopo la riforma costituzionale che ha deciso la riduzione del numero dei deputati e dei senatori.

In effetti, in Italia (ma anche in altri grandi Paesi, come Francia e Gran Bretagna), il livello di partecipazione al voto è stato costantemente in calo e, a  pochi giorni dalla data della consultazione elettorale, moltissimi sono i cittadini che non hanno ancora deciso per chi votare, manifestando, addirittura, incertezza sulla loro stessa partecipazione attiva alla consultazione, dichiarandosi tentati di non votare (qui ViPiu.it ha già proposto delle valutazioni sulla discutibile “democrazia” del voto, e qui sulle ragioni per andare a votare, ndr).

Ma quel che più deve preoccupare è il fatto che la principale ragione di questa tendenza all’astensionismo è riconducibile al disinteresse dei cittadini o alla loro sfiducia nei confronti della politica e delle istituzioni. In questo senso ha concluso anche la commissione di studio promossa dal dipartimento per le riforme istituzionali della presidenza del Consiglio dei ministri, che ha formato un libro bianco, nel quale sono stati delineati i principali aspetti del crescente problema.

È, quindi, necessario uno sforzo per capire come sia possibile recuperare l’interesse al voto dei cittadini e ristabilire con essi il rapporto fiduciario prefigurato dalla nostra Costituzione, che tutela il diritto al voto dei cittadini, indicato come primario valore e come strumento di irrinunciabile democrazia.

Credo che qualsiasi riflessione sulle ragioni del problema (perché tale deve considerarsi) dell’astensionismo elettorale debba partire da un’indiscutibile constatazione: i cittadini non si sentono coinvolti nella cosa pubblica (la res publica)e men che meno integrati nelle istituzioni, che vedono lontane dai loro reali problemi e dalla loro vita quotidiana. Soprattutto, i partiti politici si sono dimostrati carenti, essendo venuto a mancare un adeguato dialogo con la popolazione.

I partiti hanno perduto ideologia, si sono scoloriti ed annacquati, si sono burocratizzati e mirano principalmente all’acquisizione del consenso e del voto, senza tanto preoccuparsi di affinare seri programmi e di formare un ricambio della classe dirigente. Le campagne elettorali sono ampiamente degradate, ricolme di slogan e di frasi fatte, di atteggiamenti denigratori degli avversari e di irrealizzabili promesse, create solo per strappare effimeri applausi nelle piazze. Quella del politico è diventata – ormai da tempo – una vera e propria professione che induce i parlamentari a passare, con significative frequenza e disinvoltura, da un gruppo ad un altro (formandone continuamente di nuovi, con sigle accattivanti, quasi sempre mutuate dai cori negli stadi).

Nei partiti manca, in buona sostanza, la costruzione di un rapporto dal basso, che possa, poi, tradursi in consenso e rappresentanza; non a caso, i cittadini pensano frequentemente che il loro problema politico principale, sia soprattutto quello di liberarsi delle vecchie facce che, da anni, continuano a riproporsi in tutte le elezioni, ancorché con diverse bandiere.

I partiti tendono a richiudersi in se stessi, diventando gruppi elitari e distaccati dal dialogo con i cittadini (dialogo che deve essere continuo e reale, non limitato al periodo preelettorale: un elettorato non può essere chiamato a raccolta nelle occasioni del voto, ma deve essere conquistato con un lavoro quotidiano e convinto (ma non con slogan e luoghi comuni formati dai soliti tecnici della comunicazione).

È, dunque, la politica (a tutti i livelli) che deve sforzarsi, ma quotidianamente, a ritrovare credibilità e affidabilità.

L’astensionismo elettorale, a ben vedere, non è neppure una protesta dei cittadini, ma è una loro disperata ricerca di dialogo e di aiuto!

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Giovanni Schiavon (già magistrato e pres. tribunale)
Nato a Treviso nel 1940 è stato magistrato dal 1967, svolgendo funzioni di giudice presso il Tribunale di Venezia , di consigliere presso la Corte di Appello di Venezia, di presidente di sezione del Tribunale di Treviso, di presidente del Tribunale di Belluno, di Capo dell’Ispettorato del Ministero della Giustizia, di Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, di presidente del Tribunale di Treviso. A partire dall’anno accademico 1989-1990, ha assunto l’incarico di docente presso la Cattedra di Diritto Fallimentare della Facoltà di Scienze Economiche e Bancarie dell’Università di Udine. E’ stato nominato componente della commissione ministeriale per l’elaborazione dei principi di riforma del diritto concorsuale e in seguito, membro della ristrettissima Commissione per la redazione della stessa legge di riforma. E’ stato componente della commissione Disciplinare della Federazione Ciclistica Italiana, componente della Commissione Nazionale Antidoping del CONI, presidente di una società professionistica ciclistica.